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OPERAZIONI TRA IMPRESE CONTROLLATE E CONTROLLANTI NON RESIDENTI NEL TERRITORIO DELLO STATO. LA RILEVANZA DEL PRINCIPIO DI LIBERA CONCORRENZA. UN CASO.

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Estratto: “la mancata produzione di componenti reddituali, stante la gratuità del mutuo tra società transfrontaliere appartenenti allo stesso gruppo, fa venire meno lo stesso elemento costitutivo della fattispecie abusiva dell'indebito risparmio fiscale riconducibile alla norma(...)”.

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Sentenza del 17/02/2020 n. 440 - Comm. Trib. Reg. Emilia Romagna Sezione/Collegio 11

Testo:

Ricorso in appello dell'Agenzia delle entrate per la riforma totale sentenza della CTP di Bologna n. 157/9/2016 del 18/02/2016 che ha accolto il ricorso di G. spa (attualmente srl in liquidazione)" esercente "attività delle holding impegnate nelle attività gestionali", contro l'accertamento n. TGB03D700XXX/2XXX di maggior imposta IRAP di euro 63.924,00 per l'anno 2008, afferente al rilievo connesso alla disciplina dei c.d. "prezzi di trasferimento" di cui all'art. 110, comma 7 TUIR.

Fatto e Diritto

Con il recupero ai fini IRAP, la Agenzia contestava alla società la mancata contabilizzazione dei proventi finanziari relativi ad interessi attivi sul finanziamento alla società controllata estera A. S.a. ammontanti ad euro 1.639.086 calcolati secondo il "valore normale ", quale fatto contestato in precedente avviso di accertamento nel 2011 per lo stesso anno ai fini II.DD. ed IVA, ed oggetto, tra gli altri, di diversi rilievi ai fini della determinazione del reddito di impresa e che era stato impugnato dalla società e poi respinto in Commissione tributaria provinciale.

Con l'accertamento sotteso al presente contenzioso, notificato nel 2013, l'Agenzia ha infatti recuperato, in base al medesimo PVC redatto il 29/7/2011 di cui al precedente accertamento n. TGB03D500YYY/11 ai fini lres, lrap ed Iva, l'omessa contabilizzazione di interessi attivi intercompany, calcolati in applicazione del combinato disposto degli art. 9, co. 3 e 110 comma 7 TUIR), oggetto esclusivamente del rilievo ai fini lRES nel precedente avviso di accertamento, (risultando altri i rilievi per IRAP), a tal fine estendendo, al comparto IRAP l'applicabilità della disciplina del transfer pricing per l'anno 2008 pur senza irrogare sanzioni, ex art. 6 comma 2 D.lgs 472/97in considerazione dell'obiettiva incertezza venutasi a creare (presumibilmente) a seguito dell'abrogazione dell'art. 11-bis del D.lgs 4461\17 con decorrenza 1 gennaio 2008.

I giudici della CTP senza pronunciarsi sull'eccezione preliminare del ricorso di violazione dell'art. 41-bis e 43 per la reiterazione, di un nuovo avviso di accertamento IRAP, senza riferimento a fatti diversi, gravato del rilievo su fatti oggetto della precedente rettifica ai soli fini IRES, avevano nel merito accolto il ricorso della società, ritenendo sostanzialmente erroneo il recupero a tassazione dei proventi figurativi relativi ad un finanziamento infragruppo, da G. spa alla controllata A. di diritto lussemburghese dichiarato a titolo non oneroso, con un tasso secondo i giudici tra l'altro non ancorato a sicuri parametri e senza che l'Ufficio avesse motivato il perché tali prestiti non fossero stati considerati versamenti in conto capitale- come dichiarato dalla società e rilevato dai documenti prodotti in atti.

L'ufficio, nel ripercorrere la vicenda processuale sull'accertamento ai fini II.DD. ed IVA che aveva visto soccombente la società non solo in CTP ma anche in anche in CTR, (sent. n. XXXX/4/17 del 30/06/14 pendente tuttora in Cassazione), sulla accertata natura di flusso finanziario ancorché infruttifero del rilievo in questione, ma di fatto rientrante nella fattispecie dell'art. 110 comma 7 TUIR a prescindere dalle pattuizioni (cfr. pag. 8/9 Sent citata), con il presente appello deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente e violazione e falsa applicazione dell'art. 110, co. 7 TUIR nonché insufficiente motivazione, per omesso esame delle contestazioni dell'Ufficio su circostanze decisive ai fini del giudizio.

In pubblica udienza di trattazione richiesta dall'Agenzia, la società non risultava costituita e l'Ufficio ne comunicava la dichiarazione di fallimento intervenuto dopo la proposizione dell'appello.

Ripresa successivamente la trattazione su istanza dell'Amministrazione, l'ufficio si riporta alle conclusioni dell'appello con rigetto nel merito della sentenza e condanna alle spese, producendo giurisprudenza recente in materia di applicabilità IRAP ai rilievi di transfer pricing ed applicabilità del transfer pricing ai finanziamenti infruttiferi.

La Commissione, esaminato il fascicolo e i documenti allegati, a scioglimento della riserva, ritiene l'appello infondato.

Va doverosamente esaminato la violazione dell'art. 41-bis e 43 dedotta nel ricorso originario della società per reiterazione di avviso di accertamento IRAP, ignorata dai giudici di primo grado e parimenti trascurata dall'Agenzia con appello della sentenza nel merito del recupero dell'lrap.

L'eccezione risulta fondata considerata, ai sensi dell'art. 43 comma 3 DPR 600/73 l'illegittimità dell'avviso di accertamento per "... assoluta carenza del necessario presupposto, costituito dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, atti e fatti che, come detta la norma debbono essere specificatamente indicati nell'avviso, a pena di nullità".

Per quanto infatti l'ufficio possa notificare formalmente al contribuente la pretesa tributaria a seguito di un'attività di controllo sostanziale, nei termini prescritti dall'articolo 43 del Dpr 600/1973, con possibilità di integrare o modificare in aumento l'avviso di accertamento emesso in precedenza, sempre entro la scadenza dei termini di decadenza, con un accertamento integrativo, la possibilità è ancorata al presupposto costituito dalla sopravvenuta conoscenza da parte dell'Agenzia delle entrate di nuovi elementi per il medesimo anno d'imposta, acquisiti in un momento successivo rispetto all'emissione del primo avviso di accertamento.

Nel caso in esame non sembra ad avviso di questo Collegio che si sia verificato un ampliamento della conoscenza sulla situazione di fatto del contribuente, attraverso elementi che, se già conosciuti, avrebbero portato a una diversa e maggiore valutazione dell'originario imponibile anche ai fini lrap, poiché la situazione di fatto era già conosciuta, pur non essendo stata contestata allora a fini IRAP e la possibilità di "integrare" è sì prevista, ma si deve fondare solo su fatti diversi da quelli accertati in precedenza.

L'integrazione dell'accertamento originario, presupposto a quello successivo a base dell'odierno contenzioso sarebbe stato possibile solo nell'ipotesi di acquisizione di nuove segnalazioni o dalla G.d.F. o dal centro informativo II DD o da dati in possesso dell'Anagrafe tributaria, la cui sopravvenuta conoscenza o conoscibilità avrebbe realizzato le condizioni preliminari indicate per la legittimità dell'accertamento notificato in seguito.

Considerato che l'azione accertatrice è tendenzialmente unitaria, salvo la integrazione dell'atto in caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi posti a fondamento dell'accertamento e specificamente indicati pena di nullità, o di accertamento parziale, senza che sia necessario che vengano indicati gli elementi sopraggiunti (Cass. 23685/2018), l'Ufficio non poteva far seguito ad un nuovo avviso ai fini IRAP basato su elementi acquisiti sin dall'origine, ma non contestati, solo sulla base di una semplice riconsiderazione di quanto era già noto al momento dell'emanazione del primo avviso, come invece si deduce abbia proceduto in previsione della norma contenuta nella legge finanziaria 2014, che ha esteso all'IRAP la disciplina in materia di prezzi di trasferimento praticati nell'ambito delle operazioni di cui all'articolo 110, comma 7, anche per i periodi d'imposta successivi a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007.

Detto intervento non costituisce quel fatto od elemento nuovo, menzionati nell'art. 43 che legittimi nel 2013 l'emissione di un'integrazione dell'accertamento IRAP, in aggiunta al precedente, sulla identica fattispecie ipotizzata e rilevata in precedenza solo ai fini IRES, (-non essendo più vigente, con effetto dal 2008, l'art. 11-bis DPR n. 446/97 sulle variazioni fiscali del V.P.N-), senza che nella motivazione si dia conto del riesame della fattispecie per i fatti ed i profili del contenuto dell'accertamento identici a quelli dell'accertamento n. TGB03D500YYY/11, incidendo cosi sulle garanzie difensive del contribuente.

Ne conseguiva sotto questo aspetto, procedura contraria allo Statuto del contribuente, in violazione dei più elementari principi della certezza e tutela dell'affidamento e buona fede, nei rapporti tra fisco e contribuente, con derivata illegittimità del secondo avviso n. TGB03D700XXX/201.

Anche nel merito del recupero, richiamati i motivi di appello sulla ricostruzione e finalità del rapporti di natura finanziarla intercorsi tra i soggetti dell'operazione ed appartenenti al medesimo gruppo societario, non si condividono le statuizioni dell'Ufficio sull'insufficienza e nullità della sentenza; di fatto i giudici dopo aver censurato il recupero a tassazione dei proventi figurativi sulla riqualificazione operata delle operazioni de quibus come finanziamenti, tra l'altro infruttiferi, rapportandosi all'orientamento della Cassazione, non hanno ravvisato effettuazione di operazioni elusive nelle transazioni infragruppo per condizioni c.d. di prezzo di favore riferite a finanziamenti non onerosi.

Sul punto, confinata per quel che in questa sede rileva, la disamina del carattere interpretativo con applicabilità retroattiva, o innovativo, con efficacia retroattiva, dell'art. 281 della L. finanziaria n. 147/2013 per il 2014, che ha ricondotto all'Irap la disciplina del transfer pricing, non si aderisce alla tesi che la qualificazione di infruttuosità del finanziamento, qualificata tale dall'ufficio e dalla CTR come operata dalle parti, sia ininfluente ai fini della decisione, in quanto inidonea ad escludere, di per sé, l'applicazione del criterio di valutazione in base al valore normale.

Nell'ottica della disciplina antielusiva della normativa di riferimento la Commissione ritiene (come parte della giurisprudenza della Cassazione) che gli asseriti finanziamenti infruttiferi restino sottratti alla disciplina del transfer pricing. A parte l'originaria obiezione della società che i versamenti infruttiferi erano "versamenti in conto capitale", (-dal contenuto dei documenti prodotti in sede di ricorso), - avvalorata dal mancato addebito di interessi, sintomatico della volontà di capitalizzare la società partecipata, la disposizione dell'art. 110, comma 7 TUIR, ***sottende per la sua applicazione, la sussistenza di "operazioni" capaci di generare "componenti del reddito" cioè nei soli casi nei quali, emerga , a seguito dell'operazione, una componente avente rilevanza ai fini reddituali ; nel caso di specie, pacificamente ammesse le operazioni esaminate dall' Amministrazione finanziaria come infruttifere, non si è generata alcuna componente avente rilevanza reddituale. Tra l'altro sia che venisse inquadrato come versamento in contro capitale (dalla controllante alla controllata) sia come finanziamento infruttifero, sul piano reddituale non c'è alcuna differenza tra le operazioni, le quali rappresentano fattispecie neutrali, non nascendo dal versamento in conto capitale e dal finanziamento infruttifero costi o proventi in capo al soggetto che eroga le somme e in capo al soggetto che tali somme riceva. Insomma, rappresentando le somme erogate ad A. S.A. dei finanziamenti, essi non acquisiscono rilevanza reddituale, non incidendo sulla situazione reddituale del finanziatore e neppure del finanziato: ergo nessuna componente del reddito derivante dal rapporto di "finanziamento infruttifero". Non essendoci peraltro alcun corrispettivo, non si presenta neppure il problema o la finalità di normalizzazione perseguita dal fenomeno di transfer pricing.

Trascende quindi la ratio normativa il recupero a tassazione di interessi attivi non riscossi, ma presunti a valore normale, a fronte del finanziamento concesso da società nazionale e a società consociata non residente per l'acquisto della partecipazione in altra società, sulla base della circostanza che ne è stata prevista la gratuità.

In relazione a fattispecie concernente la stipulazione di un finanziamento gratuito, la Corte di cassazione (27087/14- 2015- sent. n. 15005/15) ha infatti chiarito che: "la stipula di un finanziamento non oneroso erogato dalla società controllante a favore delle controllate riconducibile allo schema del mutuo a titolo gratuito, non subisce limitazioni per il fatto che fa controllante, residente nello Stato, e le società residenti in altri Paesi appartengano al medesimo gruppo societario, realizzando quindi un'operazione infra gruppo transfrontaliera, non contrastando fa gratuità della operazione, che esclude fa pattuizione di interessi corrispettivi dovuti dalla mutuataria, con la previsione dell'art art. 110, settimo comma, del TUIR, secondo cui il bene o servizio, rispettivamente ceduto o prestato, deve essere valutato secondo il criterio del «Valore normale» stabilito dall'art.9, terzo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986... Ciò in quanto secondo fa Corte, "l'applicazione della norma tributaria è subordinata dalla legge alla duplice condizione che dalla operazione negoziale infra gruppo derivino per fa società contribuente componenti (positivi o negativi) reddituali e che dalla applicazione del criterio del valore normale derivi un aumento del reddito imponibile" e tali condizioni "non risultano integrate nella concessione del mutuo non oneroso, essendo estranea a tale schema negoziale la stessa prestazione - avente ad oggetto la corresponsione di interessi corrispettivi - che costituisce il necessario termine di comparazione rispetto al valore normale".

In sostanza, la mancata produzione di componenti reddituali, stante la gratuità del mutuo tra società transfrontaliere appartenenti allo stesso gruppo, fa venire meno lo stesso elemento costitutivo della fattispecie abusiva dell'indebito risparmio fiscale riconducibile alla norma citata.

Questa Commissione non ignora un diverso orientamento della Corte che ha evidenziato come la normativa in esame non integri una disciplina anti elusiva in senso proprio (cfr. Cass. 13387/16. - sent. 27018/17 Cass. 1102/19), ma è finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing in sé considerato, rinvenendo la ratio della normativa nel principio di libera concorrenza, "sicché la valutazione in base al valore normale investe la sostanza economica dell'operazione, che va confrontata con analoghe operazioni realizzate in circostanze comparabili in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti e prescinde dalla capacità originaria di produrre reddito e da qualsiasi obbligo negoziale" .

Tale recente impostazione si connota, a seguito della novella legislativa di cui all'art. 59 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, ***che ha modificato, tra l'altro, il citato comma 7 dell'art. 110 del T.U.I.R, eliminando il riferimento al "valore normale dei beni ceduti" ed introducendo invece, il riferimento al principio di libera concorrenza, così come enunciato nell'art. 9 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni e come illustrato nelle Linee Guida dell'OCSE sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le Amministrazioni fiscali.

Questa Commissione non ritiene tuttavia di aderire correlativamente a questa seconda impostazione in un'ottica di interpretazione estensiva della norma, all'epoca dei fatti di causa non ancora vigente, prescindendo dalla natura dell'operazione, per cogliere nel principio della libera concorrenza l'individuazione dell'effettiva ratio dell'istituto, cosi da restarvi inclusi anche finanziamenti infruttiferi internazionali tra imprese controllate/controllanti al fine di oggettivare il valore delle operazioni ai soli fini fiscali.

Per tutto quanto sopra esposto l'appello va respinto.

Le spese processuali del grado di giudizio vanno integralmente compensate tra le parti, in considerazione della peculiarità della questione interpretativa implicata e l'obiettiva incertezza sull'ambito di applicazione della normativa in materia.

                                                      P.Q.M

La Commissione rigetta l'appello dell'Ufficio. Spese compensate.

***art. 110, co 7 TUIR: testo vigente ratione temporis. "I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2 se ne deriva aumento del reddito.";

*** Il nuovo comma prevede ora che: "i componenti del reddito derivanti da operazioni con società

non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito."

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