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Medico convenzionato con il SSN ottiene il rimborso dell’IRAP. Non era tenuto a pagare l’imposta. Confermata la condanna dell’Agenzia delle entrate ad operare il rimborso.

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Estratto: “non ricorre il presupposto della autonoma organizzazione per il medico convenzionato che nell'espletamento della propria attività professionale si avvalga di una dipendente con funzioni di segretaria (Cass., 19 aprile 2018, n. 9786) o di un c.d. assistente di sedia, ossia di un infermiere generico assunto part time, che si limita a svolgere mansioni di carattere esecutivo (Cass. 17/05/2018, n. 12084). Nella fattispecie in esame, è pacifico in causa che il contribuente (medico convenzionato) abbia assunto part time una segretaria, sicché non ricorre il presupposto di imposta, individuato nella autonoma organizzazione”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 4214 del 13 febbraio 2019

RITENUTO IN FATTO

1.L., medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, proponeva ricorso avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso dell'Irap versata negli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007, con la quale aveva eccepito la carenza del presupposto dell'attività autonomamente organizzata.

2. Nella resistenza dell'Agenzia delle entrate, la Commissione tributaria provinciale di Lucca rigettava il ricorso.

3. La Commissione tributaria regionale accoglieva l'appello del contribuente, in quanto i dati della dichiarazione dei redditi evidenziavano valori modesti per beni strumentali e personale, rientranti nel concetto "minimo" di organizzazione.

4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate.

5. L'intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione l'Agenzia delle entrate denunzia "violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del d.lgs. 446/1997 e dell'art. 48 legge 833/1978, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.". Deduce come nella specie sia incontestato che il contribuente nell'esercizio della propria attività professionale si avvale in modo continuativo e non occasionale di collaboratori terzi, anche se part time, dichiarati alle proprie dipendenze, e richiama pronunce di questa Corte che in presenza di tali circostanze hanno ritenuto sussistere l'autonoma organizzazione per un medico di base. Rileva, poi, che dalla dichiarazione dei redditi risultano compensi a terzi per attività professionali.

1.1. Il motivo è infondato. Invero, questa Corte, a sezioni unite, ha affermato che il requisito dell'autonoma organizzazione, richiesto dall'art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, sussiste quando il professionista o il lavoratore autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive. Di converso, il presupposto dell'"autonoma organizzazione" rilevante ai fini Irap non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il "minimo indispensabile" all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Cass., sez. un., 9451/2016). Nel solco tracciato dalle sezioni unite, la Corte ha affermato che non ricorre il presupposto della autonoma organizzazione per il medico convenzionato che nell'espletamento della propria attività professionale si avvalga di una dipendente con funzioni di segretaria (Cass., 19 aprile 2018, n. 9786) o di un c.d. assistente di sedia, ossia di un infermiere generico assunto part time, che si limita a svolgere mansioni di carattere esecutivo (Cass. 17/05/2018, n. 12084). Nella fattispecie in esame, è pacifico in causa che il contribuente (medico convenzionato) abbia assunto part time una segretaria, sicché non ricorre il presupposto di imposta, individuato nella autonoma organizzazione.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce "insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 comma in. 5 c.p.c.)", in quanto la Commissione regionale, nell'escludere la sussistenza della autonoma organizzazione, non ha tenuto conto dell'utilizzo di beni strumentali e delle spese sostenute da parte del contribuente.

2.1. Tale motivo è inammissibile. Invero, la sentenza della Commissione regionale è stata depositata il 9-1-2014, quindi dopo l'entrata in vigore il d.l. 83/2012 (11 settembre 2012), che ha modificato l'art. 360 n. 5 c.p.c.. Come è ormai noto, la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Siffatta anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass., Sez. Un., 2014/8053; Cass., 25 settembre 2018, n. 22598; Cass.,12 ottobre 2017, n. 23940). Nella specie, invece, la ricorrente ha, all'evidenza, calibrato la censura avverso la sentenza della Commissione regionale su un testo ormai definitivamente espunto dall'ordinamento positivo.

3. Con il terzo, "subordinato" motivo di impugnazione la ricorrente lamenta "l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 350 n. 5 c.p.c.", in quanto "sulla questione dell'esistenza di spese per collaboratori terzi, la Commissione Tributaria Regionale omette del tutto di spiegare per quale motivo, nonostante i cospicui importi annui riportati, ciò potesse escludere l'esistenza di un'autonoma organizzazione".

3.1. Anche questo motivo è inammissibile. Invero, la censura non chiarisce quali siano le "spese per collaboratori terzi" né i "cospicui importi annui riportati". In altri termini, la ricorrente si limita a dedurre l'omesso esame delle "(cospicue)spese per la collaborazione di terzi", senza però specificare se si tratti delle spese sostenute per la dipendente segretaria o per le prestazioni affidate a terzi. Ora per questa Corte, ove venga dedotto vizio in termini di omesso esame di fatto controverso e decisivo giusta il nuovo testo dell'art. 360, n.5, c.p.c., il ricorrente è tenuto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., ad indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività" (Cass., 10 agosto 2017, n. 19987). Al contrario, la ricorrente non ha assolto l'onere di specifica indicazione della collocazione processuale del fatto e delle modalità di controversia sul punto. A parte ciò, si rileva che la Commissione regionale ha in realtà affrontato il "fatto decisivo" relativo alle spese per collaboratori, affermando che "in ogni caso, l'esame del quadro RE della denuncia dei redditi del contribuente evidenzia valori modesti per beni strumentali e personale, pienamente rientranti nel concetto minimo di organizzazione al di sotto della quale l'attività professionale non potrebbe essere svolta". Del resto, è incontestato in punto di fatto che l'unica dipendente, assunta part time, è una segretaria. E' evidente, quindi, che la censura si riduce a una valutazione del fatto storico asseritamente omesso contrapposta a quella operatane dal giudice del merito, in quanto basata su diversi o comunque diversamente ponderati elementi istruttori. Censura che, inammissibilmente, è sussunta dalla ricorrente nell'alveo di applicabilità del nuovo testo legislativo dell'art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c. Come questa Corte ha invero avuto modo di precisare, l'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in I. n. 134 del 2012, introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415). Per completezza, può ricordarsi, a confutazione "nel merito" del motivo, come questa Corte abbia anche affermato che, avuto riguardo all'entità dei beni strumentali, la disponibilità da parte di un medico di beni strumentali anche di un certo rilievo economico non è idonea a configurare il presupposto dell'autonoma organizzazione, quando detti beni, anche di una certa consistenza, rientrino nelle attrezzature usuali per tale categoria di professionisti (Cass., nn. 20610/2016, 547/2016, 4929/2012). Inoltre, non è sufficiente ad integrare il presupposto impositivo il versamento da parte del contribuente di compensi a terzi non inseriti nella struttura organizzativa del professionista, e le cui prestazioni non abbiano carattere continuativo, posto che proprio chi non dispone di un'organizzazione articolata è costretto a ricorrere a consulenze esterne o a prestazioni svolte da terzi (Cass., n. 20610/2016, cit.). Peraltro, in questo quadro (normativo e) interpretativo di riferimento, la ricorrente avrebbe quanto meno dovuto precisare se il costo delle attrezzature si riferiva a beni necessari all'esercizio dell'attività professionale del contribuente, e se, con riferimento alle somme erogate a terzi, si trattava o meno di compensi per consulenze specifiche "strutturali" e non occasionali o saltuarie.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. In assenza di attività difensiva da parte del contribuente, non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 18 gennaio 2019

 

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