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Annullato l’avviso che considera abitazione di lusso un immobile sulla base di “note dell’Agenzia del Territorio” non allegate all’atto. Se si fa riferimento ad altro atto questo deve essere allegato a pena di nullità dell’avviso.

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Estratto: “la mancata allegazione della nota dell'Agenzia del Territorio sul calcolo delle superfici dell'immobile di cui si discute non rende possibile il compiuto esercizio del diritto di difesa, non potendosi desumere "a posteriori" la adeguatezza della motivazione del provvedimento impositivo impugnato sulla scorta della condotta successiva delle parti in causa (Cass. n. 22370/2010; n. 6928/20111; n. 27008/2013). Ne discende l'accoglimento dei primi due motivi d'impugnazione, afferenti il difetto di motivazione dell'avviso di accertamento, la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con l'accoglimento dell'originario ricorso della contribuente”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 6828 dell’8 marzo 2019

FATTI DI CAUSA

L'Agenzia delle Entrate, con avviso di liquidazione d'imposta, accertava che la contribuente C.B. aveva indebitamente usufruito delle agevolazioni edilizie previste per l'acquisto della prima casa, di cui alla nota II bis apposta all'art. l della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in quanto l'immobile ad uso abitativo da lei acquistato unitamente a W.B., quest'ultimo in ragione dell'usufrutto di un decimo, doveva essere considerato di lusso, in quanto avente superficie utile superiore a mq. 240, ed un'area scoperta di pertinenza superiore di oltre sei volte la superficie coperta, e pertanto l'Ufficio disponeva il recupero del dovuto, applicando interessi e sanzioni. Avverso l'avviso in questione la contribuente proponeva ricorso, avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Forlì, che lo accoglieva, con sentenza riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, la quale accoglieva l'appello erariale ed osservava che erroneamente il primo giudice aveva "valutato ( ... ) la superficie abitabile e non la superficie utile complessiva", nella specie, "di mq. 264,67". Avverso la sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resistite con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 4, la nullità della sentenza per omessa pronuncia circa il motivo, proposto in via incidentale dalla contribuente, riguardante la motivazione dell'avviso di liquidazione, basato su due note dell'Agenzia del Territorio, che avevano quantificato la superficie utile dell'immobile, non allegate e delle quali neppure è fatta menzione nell'atto impositivo, che richiama soltanto gli artt. 5 e 6, d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969 n. 1072. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 7, L. n. 212 del 2000, 52, D.P.R. n. 131 del 1986, giacché la CTR non ha considerato che l'atto impositivo deve contenere le ragioni di fatto e di diritto sottese alla pretesa tributaria, e che se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, quest'ultimo deve essere allegato e ne deve essere riprodotto il contenuto essenziale, onde porre il contribuente in grado di indirizzare compiutamente le proprie difese, nella specie, essendo rimaste oscure le metodologie seguite dall'Agenzia del Territorio per il calcolo della superficie utile complessiva.

Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione dell'art. 6, D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969 n. 1072, giacché secondo la CTR la nozione di superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine), non coincide con quella di superficie abitabile, laddove invece l'indagine sulla abitabilità o meno degli spazi.

Giova, preliminarmente, osservare che, contrariamente a quanto eccepito dalla intimata Agenzia delle Entrate, il ricorso per cassazione, notificato in data 15/11/2011, a mezzo del servizio postale, non è inammissibile, in quanto proposto tempestivamente, essendo stata pubblicata in data 29/9/2010 la sentenza di secondo grado, non notificata, per cui il termine c.d. lungo per impugnare - nel caso di specie quello annuale cui devono aggiungersi quarantasei giorni - non include il dies a quo ed in ossequio al principio fissato dall'art. 155 c.p.c., comma l (Cass. n. 13973/2011) è esattamente iniziato il 30/9/2010; allorché l'atto venne consegnato all'UNEP presso la Corte di Appello di Bologna per la notifica non era interamente decorso, andando esso a scadere proprio il giorno 15/11/2011. I primi due motivi d'impugnazione meritano di essere accolti, con assorbimento del terzo, per le ragioni di seguito esposte. Non v'è dubbio che la C.T.R. ha omesso di pronunciarsi in ordine al motivo d'appello, proposto in via incidentale, relativo alla mancanza di motivazione dell'avviso di liquidazione, con ciò incorrendo nel dedotto vizio di nullità della sentenza. Tuttavia, "alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell'art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l'inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto." (Cass. n. 16171/2017). Orbene, la contribuente ha chiesto di avvalersi del "giudicato" favorevole, ritualmente documentato in atti (Cass. n. 1534/2018), recato dalla sentenza n. 1839, depositata il 5/6/2017, con cui la CTR della Emilia Romagna, quale di giudice di rinvio (cfr. Cass. n. 13320/2016), ha definito il giudizio concernente l'avviso di liquidazione n. 20041 T002609000 del quale si discute, separatamente impugnato, per analoghe ragioni, da V.B., annullandolo per difetto di motivazione, stante l'insufficienza del mero "riferimento alle norme asseritamente violate". Ed invero, le argomentazioni contenute nella suindicata sentenza, anche se prive della capacità espansiva propria del giudicato essendosi risolto il relativo giudizio, svoltosi peraltro nei confronti di diversa parte privata, nell'annullamento dell'atto impositivo unicamente per vizi formali, senza alcuna pronuncia sul rapporto tributario (Cass. S.U. n. 13916/2006), possono trovare applicazione anche nel caso in esame, in quanto nel'invoca pronuncia di rinvio si evidenzia che "non solo non sono state esplicitate le motivazioni (in punto di fatto e di diritto) in base alle quali è stata revocata l'agevolazione fiscale "prima casa", ma non è stata neppure indicata la metratura attribuita all'immobile al fine della applicazione della menzionata disciplina per gli immobili di lusso. D'altro canto, è principio generale, nel pensiero della Suprema Corte che la motivazione per relationem degli atti tributari, pur essendo pienamente legittima, è consentita, e non infida la validità dell'atto impositivo, sempre che l'atto richiamato sia in esso trasfuso, o sia stato portato comunque a conoscenza del contribuente (Cass. 13930, 24/06/2011). Cosa che, nella fattispecie concreta, non è avvenuto". Del resto, se lo scopo della motivazione è quello di consentire al contribuente di ricostruire l'iter logico attraverso il quale l'Amministrazione esercita la sua potestà impositiva e di verificarne la correttezza, la mancata allegazione della nota dell'Agenzia del Territorio sul calcolo delle superfici dell'immobile di cui si discute non rende possibile il compiuto esercizio del diritto di difesa, non potendosi desumere "a posteriori" la adeguatezza della motivazione del provvedimento impositivo impugnato sulla scorta della condotta successiva delle parti in causa (Cass. n. 22370/2010; n. 6928/20111; n. 27008/2013). Ne discende l'accoglimento dei primi due motivi d'impugnazione, afferenti il difetto di motivazione dell'avviso di accertamento, la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con l'accoglimento dell'originario ricorso della contribuente. L'evoluzione della vicenda processuale, ed il sopravvenire del "giudicato" favorevole, giustificano la compensazione delle spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso della contribuente. Compensa le spese dell'intero giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 febbraio 2019.

 

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