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L’Agenzia delle Entrate non può riqualificare la vendita di edificio da demolire come cessione di terreno edificabile. Come già le sentenze n. 1329 e n. 1333 della CTR Lombardia, altra CT applica il recente orientamento della Cassazione Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “la S.C. - con la sua sezione quinta, stabilmente deputata a trattare le controversie tributarie (la stessa che in passato si è pronunciata in alcuni casi per la sussistenza della plusvalenza derivante da un trasferimento di terreno edificabile e non di fabbricato) - ha emesso una decisione articolata e rilevante che probabilmente comporterà il consolidarsi di un'interpretazione di nomofilachia definitiva ed omogenea di cui da tempo si avverte l'esigenza. In tale pronuncia, la numero 5088 del 21/2/2019, la Corte, dato atto dei contrasti registratisi anche in sede di legittimità, ha optato per l'orientamento secondo il quale "non è possibile porre a carico del venditore di un edificio sorto su un terreno (già) edificabile una (affermata) plusvalenza anche solo commisurata all'ulteriore capacità edificatoria non (ancora) sviluppata”.

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Comm. Trib. Reg. per la Toscana Sezione/Collegio 7

Sentenza del 21/03/2019 n. 494 –

Svolgimento del processo

Nel 2010, la signora G. G. cedeva alla società S. M. C. s.r.l. la proprietà di un fabbricato e del circostante terreno ubicati in territorio del comune di XXX per un corrispettivo concordato in complessivi euro 890.000, di cui euro 590.000 imputati al fabbricato e euro 300.000 attribuiti al terreno.
L'Agenzia delle Entrate di XXX, ritenendo che il contratto fosse da interpretare come cessione di terreno edificabile riqualificava in tal senso l'atto e ai sensi dell'articolo 67 comma l, lett. b) del TUIR tassava ai fini Irpef la plusvalenza data dalla differenza tra il valore iniziale e quello finale dell'area ceduta pari ad euro 590.000.

L'atto impositivo veniva impugnato dalla contribuente innanzi alla competente CTP invocandone l'annullamento e deducendo che oggetto preminente della vendita era stato il fabbricato su cui non poteva gravare imposta risalendo la sua costruzione ad oltre cinque anni, a prescindere dalla destinazione dallo stesso successivamente subita (la demolizione).

La commissione adita rigettava il ricorso in quanto, richiamando una giurisprudenza della S.C. per la quale ai fini della tassazione per determinare il reale oggetto del contratto occorre guardare alla causa concreta del negozio e alla effettiva composizione degli interessi contrapposti in ragione degli effetti giuridici che l'atto è destinato a produrre, riteneva che effettivo oggetto del contratto di vendita era stato il terreno e non il fabbricato (vetusto e risalente agli anni 50) destinato alla demolizione, come già previsto nel permesso a costruire in precedenza richiesto ed ottenuto dalla stessa alienante. I giudici di prime cure traevano elemento di riscontro alla loro tesi anche da una perizia di parte esibita dalla contribuente all'ufficio in sede di contraddittorio in cui si attestava che il fabbricato era stato già demolito circa un anno prima.

Tale decisione veniva appellata dal contribuente assumendo, tra l'altro, che la perizia di parte di cui sopra non era mai stata prodotta in ambito contenzioso e che successivamente il perito aveva rettificato quanto riportato nella nota prodotta in sede di contraddittorio chiarendo che l'affermazione in ordine alla demolizione del fabbricato già nel 2009 era frutto di equivoco e di errore.

Nel merito ribadiva la non debenza dell'imposta essendosi trattato della cessione del fabbricato essendo il terreno ceduto in via accessoria già edificato e quindi fuori dal parametro legale dell'articolo 67 sopra richiamato.
Replicava l'Ufficio che la suddetta perizia, essendo stata depositata assieme all'atto di costituzione in giudizio, era da ritenere validamente acquisibile ai fini della prova ai sensi dell'articolo 58 co. 2 del d.lgs. 546/92, che la successiva ritrattazione del consulente non poteva aver valore atteso il divieto della prova testimoniale in ambito tributario e che la sentenza impugnata non si basava soltanto su questo elemento documentale ma anche su una gamma di presunzioni, gravi, precise e concordanti.

Rigettata l'istanza di sospensione cautelare della decisione impugnata avanzata congiuntamente all'atto d'appello, si perveniva all'udienza pubblica all'esito della quale le parti, svolta la discussione, rassegnavano le conclusioni riportate a verbale e la commissione di seguito assumeva la decisione che appresso si motiva.

Motivazione

Sono pacifiche e non controverse le circostanze di fatto (anche perché in atti documentate) su cui ha inciso l'atto impositivo e cioè che:

- nel febbraio 20010 veniva stipulato e registrato il contratto di cessione da parte dell'odierna appellante alla Società XXX. S.r.l. di un fabbricato (di 5 vani e iscritto al catasto in categoria 3) e del circostante terreno di circa 520 mq ricadente in zona di espansione semiestensiva C/3;

- in precedenza nel febbraio del 2009 la stessa appellante aveva chiesto e ottenuto un permesso per costruire sull'intera superficie, previa demolizione del fabbricato preesistente, un complesso residenziale composto da 11 abitazioni;
- nel corpo dell'atto pubblico di compravendita era già prevista la volturazione in capo alla parte acquirente di tutti i provvedimenti autorizzativi inerenti all'immobile;
- contestualmente al rogito veniva stipulato tra la società di costruzione e la signora G. un preliminare di acquisto di un singolo appartamento facente parte del detto complesso residenziale;

- in data 24/9/2012 veniva sottoscritto il contratto definitivo nel quale si dava atto che "previa demolizione di quanto esistente è stato realizzato un complesso immobiliare composto di 12 alloggi, cantine e posti auto, denominato "XXX".

Ne consegue che il thema decidendum anche del presente giudizio d'appello sta nella individuazione dell'oggetto del contratto: id est se si sia trattato di cessione di fabbricato posseduto da oltre cinque anni esente da imposta o di cessione di un'area edificabile soggetta a tassazione.

Sul tema si sono registrate molteplici oscillazioni sia nella giurisprudenza di legittimità che di merito. Possono sinteticamente ricordarsi, all'interno della vasta gamma di pronunce, tra le altre:

A favore della sussistenza della cessione del fabbricato

Corte di Cassazione con seguenti sentenze: Sez. V n. 15629 del 9/7/2014n. 4150 del 2014; n. 15631 del 2014n. 7853 del 20/04/2016Sez. VI n. 4361 del 20/2/2017; e le ordinanze n. 14683 del 8/7/2016n.15920 del 26/6/2017, Sez .VI n. 4361 del 22 2017 e Sez .VI n. 1674 del 23/01/2018 in cui è stato affermato che non sussisteva plusvalenza tassabile "anche qualora l'alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell'immobile e, successivamente alla compravendita, l'acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell'istanza, in quanto la "ratio" ispiratrice del citato art. 81 (ora 67 del TUIR; ndr) tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un'attività produttiva del proprietario o possessore ma dall'avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica";

Commissioni di merito con le seguenti decisioni: CTR di Milano, n. 26114/11 del 23/11/2011C.T.R di Bari, n. 2161/22/14 del 3/11/2014CTR di Napoli, n. 10713 del 1/12/2015CTR di Bologna n. 189 del 26/1/2015CTR Lombardia n. 4697 del 12/9/2016CTR Lombardia, 4/7/2017 n. 2942.

A favore della configurabilità di una cessione di terreno

Corte di Cassazione con le sentenze: Sez. V n. 15319/2013Sez. V n. 16345/2013 e n. 7613/2014Sez. V n. 24799 del 21/11/2014 (in materia di imposta di registro); n. 12294 del 12/6/2015; Sez V n. 16983 del 19/8/2015; Sez. V n. 12362/15 (in tema di imposte di registro) n. 10113 del 21/4/2017 (in materia di imposte di registro ma con ampie puntualizzazioni in tema di imposte dirette), n. 13240 del 20/4/2017 in materia di Irpef, nonché le ordinanze n. 313 del 9/1/2018 ; Sez. V n. 1714 del 24/01/2018n. 27604 del 30/10/2018 (quest'ultima anch'essa in tema di imposta di registro) e Sez. V n. 31295 del 04/12/2018;

Giudici di merito: CTR della Lombardia, sent. n. 10/14/08 del 17/3/2008CTR di Roma, sent. n. 37 del 17/2/2012CTR di Milano sent. n. 161 del 15/112014Commissione Tributaria di II grado di Bolzano, sent. n. 98 del 18/8/2015CTR del Veneto sent. n. 829 del 23/6/2016.

Una divergenza di orientamenti si è manifestata anche nelle decisioni della Corte di Giustizia Europea, quantunque limitatamente all'ambito delle imposte indirette. Infatti in qualche caso la Corte ha ritenuto che si trattasse di cessione di area da edificare e non di fabbricato (Sentenza C - 461/08 del 19 novembre 2009Sentenza C-543/11 del 17 gennaio 2013) e in altre ha deciso in senso opposto (v. Sentenza C-326/11 del 12 luglio 2012).

La lettura delle singole motivazioni induce peraltro a ritenere che a volte i contrasti giurisprudenziali siano dipesi anche dalle differente tipologia dei casi concreti esaminati.

L'amministrazione finanziaria si è espressa per la riqualificazione ai fini delle imposte dirette della cessione dell'immobile da demolire in cessione di terreno edificabile con la Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008, dando così corso ad una prassi che gli uffici periferici hanno poi adottato.

Al contrario, ai fini IVA, la stessa amministrazione con la Circolare n.28/E del 21 giugno 2011, § 1.2 ha confermato che la cessione di un immobile, seppur da abbattere, non debba essere riqualificata in cessione di area edificabile in quanto per l'IVA il regime di tassazione è «strettamente correlato alla natura oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di fatto e di diritto dello stesso all'atto della cessione, prescindendo quindi dalla destinazione del bene da parte dell'acquirente» .
La vexata quaestio è stata sottoposta (in modo decisamente inusuale) anche ad alcune interrogazioni parlamentari che però non hanno generato risposte dirimenti e appaganti da parte dell'esecutivo, il quale si è limitato ad enunciare che ai fini delle imposte indirette il trattamento fiscale doveva essere quello specifico previsto per il bene immobile trasferito mentre per quelle dirette andava confermata l'impostazione ravvisante una cessione di area. Nella risposta all' interrogazione n. 5-03220 del 15 luglio 2014 veniva sottolineato che la riqualificazione dell'atto negoziate è correttamente attuata quando è basata su elementi certi e non presuntivi, come ad esempio il prezzo di cessione, la richiesta di concessioni edilizie per la demolizione e la ricostruzione dell'edificio o anche l'attività imprenditoriale svolta dall'acquirente.

In particolare la sentenza n.16983 del 2015 (ma anche quella n. 10113/2017) delineava l'impostazione secondo cui per stabilire se si trattasse o meno di una plusvalenza tassabile il discrimine andava individuato nella causa in concreto nel negozio, intesa come sintesi dei contrapposti interessi effettivi che le parti si siano proposte di realizzare con la specifica negoziazione, e in ragione degli effetti giuridici che il contratto produce, indipendentemente dall'astratto modello utilizzato, con la conseguenza che non potesse escludersi l'esistenza di una vendita di un terreno edificabile per la sola presenza di una preesistente fabbricato da demolire.

E' la tesi seguita dai giudici della sentenza impugnata con l'appello in esame.
Non può negarsi che tale orientamento possa avere il pregio di ricondurre a sostanziale unitarietà la disciplina della materia tra le imposte dirette e indirette, e in particolare quella di registro (dove sovente le pronunce della S.C. sono state favorevoli all'amministrazione finanziaria) in cui l'articolo 20 del d.p.r. 131/1986 prevede che "(...) l 'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente ( ...)".

Senonché proprio a ridosso della camera di consiglio in cui si è deliberata la presente sentenza, la S.C. - con la sua sezione quinta, stabilmente deputata a trattare le controversie tributarie (la stessa che in passato si è pronunciata in alcuni casi per la sussistenza della plusvalenza derivante da un trasferimento di terreno edificabile e non di fabbricato) - ha emesso una decisione articolata e rilevante che probabilmente comporterà il consolidarsi di un'interpretazione di nomofilachia definitiva ed omogenea di cui da tempo si avverte l'esigenza.

In tale pronuncia, la numero 5088 del 21/2/2019, la Corte, dato atto dei contrasti registratisi anche in sede di legittimità, ha optato per l'orientamento secondo il quale " non è possibile porre a carico del venditore di un edificio sorto su un terreno (già) edificabile una (affermata) plusvalenza anche solo commisurata all'ulteriore capacità edificatoria non (ancora) sviluppata perché si tratterebbe di porre su un soggetto diverso (il venditore) una tassazione che il legislatore ha fissato già in capo al compratore. Né si deve pensare che in tal modo il venditore si sottragga ai propri obblighi fiscali: infatti nel prezzo di cessione dell'edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la capacità edificatoria inespressa. Detta in altri termini, la norma in oggetto non intende colpire la capacità edificatoria residua (c.d. volumetria, cubatura o superficie coperta rimanente), bensì solo la plusvalenza nella cessione di un terreno a seguito della primigenia edificabilità prevista in sede di pianificazione urbanistica. Diversamente opinando sarebbero da considerare soggette a plusvalenza da cessioni di terreno edificabile tutte le alienazioni a titolo oneroso di edifici che non abbiano sviluppato integralmente la potenzialità edificatoria del lotto su cui insistono, poiché potrebbero sempre essere abbattuti e ricostruiti o semplicemente ampliati, a prescindere dall'intenzione delle parti".

Di conseguenza la Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto:
a) la distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus;

b) la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l'edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste;

c) nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile;
d) il potere generale dell'Amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell'operazione economica sottesa trova un limite nell'indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove 
nell'esercizio di discrezionalità politica che non trascende i limiti costituzionali di cui all'art. 3 e 53 della Carta ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale."

L'operazione ermeneutica effettuata dai giudici di legittimità che appare allo stato persuasiva, pur sussistendo ancora incertezza in ordine all'applicabilità dell'articolo 67 comma l, lett. b) del TUIR in fattispecie come quello in esame - e che applicata al caso in esame renderebbe irrilevante anche l'epoca in cui il fabbricato sarebbe stato demolito (prima o dopo l'avvio delle nuove costruzioni), e questo a prescindere dalla contestabilità delle affermazioni rese nella nota allegata in sede di contraddittorio a firma del consulente della contribuente - impone l'accoglimento dei motivi d'appello in riforma della sentenza impugnata.

I contrasti e le oscillazioni che ancora in tempi recenti si sono registrati nella giurisprudenza sia di legittimità che di merito, giustificano ampiamente la compensazione integrale delle spese processuali.

P.Q.M.

La commissione in accoglimento dell'appello riforma la sentenza impugnata e annulla l'atto di accertamento.

Spese compensate.

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