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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 18155 del 5 luglio 2019
RILEVATO CHE
1. con la sentenza n. 1048/04/17 del 12/07/2017, la Commissione tributaria regionale della Liguria (hinc CTR) respingeva l'appello proposto dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso la sentenza n. 317/01/14 della Commissione tributaria provinciale di La Spezia (hinc CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da S. s.p.a., oggi LS s.p.a. (hinc LSCT), nei confronti di un atto di contestazione sanzioni in relazione ad un'operazione di importazione di imbarcazioni avvenuta nell'anno 2007;
1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR: a) l'avviso di contestazione sanzioni conseguiva al ritenuto mancato assolvimento dell'IVA all'importazione in ragione della mancanza di fisica introduzione delle imbarcazioni importate nel deposito IVA; b) la CTP accoglieva il ricorso di L.; c) la sentenza della CTP era appellata dalla Agenzia delle dogane; 1.2. su queste premesse, la CTR confermava la sentenza impugnata evidenziando che: a) non sussisteva la denunciata violazione dell'art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, «avendo il Giudice di primo grado esplicitate le ragioni dell'accoglimento del ricorso: essendo,' allo stato, annullato l'accertamento relativo alle contestazioni, non sussisteva il presupposto impositivo per l'applicazione delle conseguenti sanzioni», né alcun riferimento è stato fatto dalla CTP all'art. 2909 cod. civ.; b) con riferimento alla debenza del tributo, non si era in presenza né di mancato pagamento dell'imposta, essendo stata l’IVA assolta attraverso autofatturazione, né di ritardato pagamento della stessa, atteso che il ritardo non è stato individuato, essendo la merce contabilizzata nel registro di carico e scaricata a fronte di emissione di autofattura nello stesso giorno; 2. l'Agenzia delle dogane impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi; 3. L. resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle dogane deduce la violazione dell'art. 295 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando che tra l'avviso di accertamento e l'atto di contestazione sanzioni sussiste un vincolo di consequenzialità-pregiudizialità, sicché la CTR, in presenza di un annullamento dell'atto di rettifica non definitivo, avrebbe dovuto procedere alla sospensione necessaria del procedimento; 2. il motivo è inammissibile per difetto di interesse;
2.1. invero, Cass. n. 11640 del 03/05/2019 ha deciso il giudizio relativo alla sentenza n. 24/01/12 della CTR della Liguria, annullando definitivamente gli atti impositivi impugnati; 2.2. trattasi di giudicato esterno formatosi successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione e, dunque, rilevabile d'ufficio da questa Corte sulla base degli strumenti di ricerca posti a sua disposizione e in applicazione del principio della ragionevole durata del processo, anche indipendentemente dalle allegazioni delle parti (del resto, L. vi ha fatto espresso riferimento in memoria), le quali hanno dimostrato di essere a conoscenza della pendenza della lite (Cass. n. 6102 del 17/03/2014);
2.3. pertanto, non essendovi più una lite pendente non vi è l'interesse della ricorrente alla sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ.;
3. con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell'art. 50 bis del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella I. 29 ottobre 1993, n. 427, e dell'art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi la legittimità di una sanzione per mancato rispetto dell'obbligo di introduzione fisica della merce nel deposito IVA, anche in caso di ritardato assolvimento dell'imposta;
4. il motivo è infondato; 4.1. come si legge anche nella motivazione di Cass. n. 11640 del 2019, cit., «l'Amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui all'art. 50-bis, comma 4, lett. b), del di. n. 331 del 1993, conv., con modif., dalla I. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all'adempimento, sebbene tardivo, dell'obbligazione tributaria nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile mediante un'autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite, atteso che la violazione del sistema del versamento dell'IVA, realizzata dall'importatore per effetto dell'immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può mettere, pertanto, in discussione il suo diritto alla detrazione, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13, a tenore della quale detta violazione può essere punita, in relazione allo scarto temporale tra la dichiarazione e l'auto fatturazione, con una specifica sanzione per il ritardo - non fissa e che può consistere anche nel computo degli interessi di mora, purché sia rispettato il principio di proporzionalità - la cui adeguata determinazione, implicando un accertamento di fatto, compete al giudice di merito» (così, Cass. n. 12231/2017; nello stesso senso, Cass. n. 18928 del 17/07/2018; Cass. n. n. 17815 del 08/09/2015);
4.1.1. è stato, altresì, evidenziato, con specifico riferimento alle sanzioni, che «l'utilizzo da parte dell'importatore dei depositi fiscali in via meramente virtuale per finalità solo contabili, pur non consentendo il recupero dell'imposta, anche ove tardivamente assolta, con il meccanismo del "reverse charge", legittima, in ragione dello scarto temporale tra la dichiarazione e l'auto fatturazione, l'applicazione della sanzione ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 sia pure nel rispetto del principio di proporzionalità, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13» (Cass. n. 24447 del 05/10/2018);
4.2. orbene, poiché nel caso di specie è stata esclusa espressamente la debenza del tributo e poiché la CTR ha accertato - senza che tale accertamento sia stato censurato - l'insussistenza di uno scarto temporale tra la dichiarazione e l'autofatturazione, avvenute nello stesso giorno, deve escludersi in ipotesi, proprio in ragione del principio di proporzionalità stabilito dalla Corte di giustizia della UE nella menzionata sentenza, l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997; 5. in conclusione, il ricorso va rigettato; 5.1. sussistono giusti motivi, in ragione della sopravvenienza del giudicato esterno, per l'integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio; 5.2. il provvedimento con cui il giudice dell'impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l'abbia proposta, l'obbligo di versare - ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 - un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 23514 del 05/11/2014; Cass. n. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
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