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IRAP chiesta a rimborso dall’agente di commercio. Il valore assoluto dei compensi o dei costi non prova l’autonoma organizzazione. Accolto il ricorso per cassazione dell’agente di commercio. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “La decisione si pone in contrasto con l'orientamento - ormai consolidato - di questa Corte, secondo il quale, ai fini dell'imposizione dell'i.r.a.p., il requisito l'autonoma organizzazione non può essere desunta dal valore assoluto dei compensi e dei costi e dal loro reciproco rapporto percentuale, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell'attività esercitata, e, dall'altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all'aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per í rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale), costituendo, così, un mero elemento passivo dell'attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all'implementazione dell'aspetto "organizzativo"”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 24548 del 2 ottobre 2019

RILEVATO CHE

Con sentenza n. 170/1/12 la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, confermando quella di primo grado, ha rigettato l'impugnazione proposta da U. - agente di commercio - avverso il silenzio-rifiuto opposto dall'Agenzia delle Entrate di Potenza alla domanda di rimborso dell'I.R.A.P. che il contribuente aveva ritenuto indebitamente corrisposta negli anni 2004, 2005 e 2006. L'Ufficio aveva resistito alle impugnazioni sulla base dell'entità dei beni strumentali dichiarati dal contribuente, costituiti nel 2004, fra l'altro da un'autovettura, nel 2005 da altre due vetture, nonché di un ulteriore automezzo, oltre che di un computer. Ricorre per la cassazione della sentenza il contribuente, deducendo la violazione della disciplina istitutiva dell'i.r.a.p., la violazione dei principi in tema di distribuzione dell'onere della prova e la violazione dei principi che regolano, a norma degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 del D.P.R. 546/'92, il contenuto della sentenza. Per la trattazione è stata fissata l'adunanza in camera di consiglio del 10 aprile 2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197.

CONSIDERATO CHE

Con il primo motivo il ricorrente deduce «illegittimità della pronuncia per violazione dell'art. 2 del d.lgs n. 447/'97 in relazione all'art. 360 cod. proc. civ.». Sostiene che erroneamente la Commissione Tributaria Regionale avrebbe utilizzato la disciplina prevista per i c.d. contribuenti minimi per valutare l'incidenza dei beni strumentali e ritenuto la natura imprenditoriale della sua attività in base alla redazione, nella dichiarazione dei redditi, del quadro RF/RG. Con il secondo motivo deduce «illegittimità della pronuncia per violazione dell'art. 2697 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., nonché per violazione del combinato disposto dell'art. 132, primo comma, n. 4, c.p.c., e dell'art. 36, comma, 2, n. 4 D.Igs. 546/1992, nonché dell'art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 4, c.p.c. Sostiene che la commissione Tributaria Regionale avrebbe disatteso ingiustificatamente la prova fornita a mezzo della puntuale indicazione dei beni strumentali utilizzati - e riconosciuta dalla Commissione Tributaria Provinciale - in ordine all'assenza dell'autonoma organizzazione. I motivi sono strettamente connessi fra di loro e, riguardando entrambi il presupposto dell'imposizione tributaria, devono essere trattati congiuntamente. A parte alcuni punti divaganti, che non hanno incidenza determinante sulla decisione, la motivazione si fonda sostanzialmente sull'entità e sulla qualità dei beni strumentali (3 vetture e un altro automezzo, di valore superiore a centomila euro) ritenuti eccessivi rispetto al quel minimo indispensabile segnato dall'id quod plerumque accidit nell'esercizio dell'attività di un agente di commercio, e sulla rilevante entità dei ricavi dichiarati. La decisione si pone in contrasto con l'orientamento - ormai consolidato - di questa Corte, secondo il quale, ai fini dell'imposizione dell'i.r.a.p., il requisito l'autonoma organizzazione non può essere desunta dal valore assoluto dei compensi e dei costi e dal loro reciproco rapporto percentuale, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell'attività esercitata, e, dall'altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all'aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per í rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale), costituendo, così, un mero elemento passivo dell'attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all'implementazione dell'aspetto "organizzativo" (da ult., cass., 27898/2018); inoltre fornisce una motivazione solo apparente in ordine all'idoneità dei beni strumentali indicati dal contribuente (sostanzialmente quattro veicoli) a formare un apparato organizzativo capace di autonoma efficienza produttiva. La sentenza va pertanto cassata e rimessa alla Commissione Tributaria Regionale perché si adegui ai principi di diritto sopra enunciati ed espliciti le ragioni perché i beni strumentali indicati dal contribuente superino il minimo indispensabile, in base all'id quod plerumque accidit, per l'esercizio dell'attività di agente di commercio concretamente esercitata.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.

 

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