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L’Agenzia delle Entrate non può richiamare indagini su conti correnti di società per far scattare la presunzione in tema di indagini finanziarie in diretta rettifica del reddito del socio. Accolto il ricorso del socio. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “Il giudice d'appello, invece, ha errato nell'affermare che fossero riferibili al contribuente le operazioni sui conti correnti intestati alle società di capitali dal medesimo partecipate (in particolare alla CI SrI); in tale caso, invero, non opera alcun meccanismo presuntivo; è infatti consentito inferire che siano riferibili alla società verificata le operazioni sui conti correnti intestati all'amministrazione o al socio, ma non anche che siano riferibili a questi soggetti le movimentazioni sui conti correnti intestati alla società”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 23859 del 25 settembre 2019

FATTI DI CAUSA

1. MC. impugnò innanzi alla CTP di Como l'avviso di accertamento IRPEF, ADD. COM ., ADD. REG., che recuperava a tassazione, per l'anno d'imposta 2003, un maggiore reddito di lavoro dipendente, pari a euro 205.953,00, sulla base di indagini bancarie sui conti correnti intestati a terzi. La CTP di Como, con sentenza n. 68/2/2010, rigettò il ricorso.

2. Interposto appello dal contribuente, la CTR della Lombardia, con la sentenza riportata in epigrafe, in parziale accoglimento del gravame, ha quantificato in euro 83.893,00 i versamenti e i prelevamenti bancari giustificati. In particolare, il giudice d'appello ha negato che il contribuente avesse vinto la presunzione di cui agli artt. 32, del d.P.R. n. 600/1973, 51, del d.P.R. n. 633/1972, ai sensi dei quali, come si esprime la commissione, "i versamenti risultanti dai conti per i quali la parte non ha dimostrato di averne tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta, ovvero non abbiano rilevanza allo stesso fine, sono considerati ricavi accertabili, e [...] i prelevamenti non giustificati sono considerati come pagamenti per operazioni passive non autofatturate", limitatamente a movimentazioni per euro 122.059,56; al contrario, ha ritenuto che i residui movimenti (per euro 83.893,00) fossero stati giustificati in base ai documenti tempestivamente prodotti in giudizio dall'interessato. Ha soggiunto che, nonostante le deleghe ad operare su conti di terzi di cui era risultato titolare il contribuente, egli avesse "giustamente" lamentato di essere stato sottoposto ad accertamento, senza che venisse provata, testualmente, "la riferibilità alla sua persona fisica dei movimenti bancari sui quei conti intestati a terzi e di essersi sentito chiedere, per superare la presunzione di cui agli artt. 32 d.P.R. 600/73 e 51 d.P.R. 633/72, documenti amministrativo-contabili detenuti da chi esercita un'attività professionale o imprenditoriale, non già da una persona fisica, il cui maggior reddito accertato, non a caso, è stato assimilato a quello di un lavoratore dipendente.".

3. Il contribuente ricorre per la cassazione di questa sentenza, sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria ex art. 378, cod. proc. civ., cui resiste l'Agenzia con controricorso, nel quale svolge ricorso incidentale, per un motivo, cui il contribuente, a sua volta, resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 32, primo comma, n. 7, del d.P.R. n. 600/1973 (erroneamente indicato, in ricorso, come "art. 32, comma 7"), il ricorrente premette che tutte le contestazioni contenute nell'avviso di accertamento, comprese quelle confermate dalla sentenza d'appello, riguardavano esclusivamente movimentazioni bancarie effettuate su conti correnti intestati a terzi, segnatamente, alla CI Srl e a BC, coniuge del contribuente. Censura, quindi, la sentenza impugnata per non avere affermato l'illegittimità dell'operato dell'Amministrazione finanziaria che ha fondato l'accertamento su dette indagini bancarie, senza avere prima dimostrato, assolvendo all'onere probatorio cui era tenuta, la riconducibilità dei conti correnti al contribuente. 1.1. Il motivo è fondato nei seguenti termini. Questa Corte (Cass. 4/08/2010, n. 18083) ha avuto modo di affermare che: «In tema di poteri di accertamento degli uffici finanziari devono ritenersi legittime le indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica, ovvero a quelli degli amministratori della società contribuente - in quanto sia l'art. 32, n. 7, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, riguardo alle imposte sui redditi, che l'art. 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, riguardo all'IVA - autorizzano l'Ufficio finanziario a procedere all'accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, ipotesi, questa, ravvisabile nel rapporto familiare, sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti.». La CTR si è solo parzialmente uniformata a questo principio di diritto, laddove ha giustamente ritenuto operante la presunzione di riferibilità al contribuente delle operazioni bancarie sul conto intestato alla moglie (la quale, tra l'altro, nell'anno di riferimento, non aveva presentato alcuna dichiarazione dei redditi), per lo stretto vincolo (famigliare) tra il soggetto verificato e la formale intestataria del conto. Il giudice d'appello, invece, ha errato nell'affermare che fossero riferibili al contribuente le operazioni sui conti correnti intestati alle società di capitali dal medesimo partecipate (in particolare alla CI SrI); in tale caso, invero, non opera alcun meccanismo presuntivo; è infatti consentito inferire che siano riferibili alla società verificata le operazioni sui conti correnti intestati all'amministrazione o al socio, ma non anche che siano riferibili a questi soggetti le movimentazioni sui conti correnti intestati alla società.

2. Con il secondo motivo, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., "contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio", il ricorrente censura il vizio dello sviluppo argomentativo della sentenza impugnata che, dopo avere premesso, come suaccennato, che il contribuente aveva giustamente lamentato di essere stato sottoposto ad accertamento senza che venisse provato che i movimenti sui conti bancari intestati a terzi fossero al medesimo riferibili, ha comunque parzialmente avallato l'esito della verifica fiscale.

2.1. Il motivo è fondato. Il percorso argomentativo della sentenza impugnata è contraddittorio perché poggia su due asserzioni inconciliabili, sul piano logico e giuridico: per un verso, si afferma che l'appellante "giustamente si duole" di essere stato sottoposto ad accertamento senza che venisse provata la riferibilità a sé dei movimenti bancari intestati a terzi; per altro verso, però, si afferma la (parziale) legittimità del recupero fiscale compiuto dall'Amministrazione finanziaria.

3. Con il terzo motivo, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 32, primo comma, n. 2, cit. (erroneamente indicato in ricorso come "art. 32, comma 2"), in subordine rispetto al primo motivo, il contribuente censura la sentenza impugnata (nel caso in cui si ritenga che essa abbia correttamente riconosciuto la legittimità dell'avviso fondato sulle risultanze dei conti intestati a terzi), per avere confermato l'accertamento anche con riguardo ai prelevamenti, per euro 64.450,00, sul conto corrente intestato a CI Srl, trascurando che la presunzione di redditività dei prelevamenti da conti correnti bancari è circoscritta a chi esercita attività d'impresa e ai lavoratori autonomi.

3.1. Il motivo è fondato. S'intende dare continuità al radicato orientamento di questa Corte, per il quale: «In tema d'imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l'art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l'accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; tuttavia, all'esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l'efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti.» (Cass. 16/11/2018, n. 29572; 20/01/2017, n. 1519). La CTR si è discostata da tale regola di diritto perché, pur riconoscendo che l'accertamento riguardava redditi di lavoro dipendente, ha erroneamente attribuito efficacia presuntiva di maggiore reddito non dichiarato anche ai prelevamenti (per euro 64.450,00) sul conto corrente intestato a CI Srl.

 4. Con il quarto motivo, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., "contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio", il ricorrente censura, questa volta, l'insufficiente motivazione della sentenza impugnata che, dato atto che il contribuente aveva prodotto in giudizio copiosa documentazione, idonea a dimostrare che i movimenti sui conti correnti bancari non erano a lui riferibili, ne ha comunque parzialmente respinto l'appello senza analizzare dettagliatamente quegli stessi documenti.

4.1. Il motivo è assorbito per effetto dell'accoglimento del primo, del secondo e del terzo motivo.

5. Con l'unico motivo di ricorso incidentale, denunciando, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell'art. 32, quarto comma, del d.P.R. n. 600/1973, l'Agenzia censura la sentenza impugnata che, nell'accogliere parzialmente l'appello in relazione ai prelevamenti e versamenti per euro 83.893,00, sulla base della documentazione allegata in giudizio dal contribuente, ha trascurato che l'art. 32 cit. esclude espressamente l'utilizzabilità a favore di quest'ultimo dei documenti presentati per la prima volta in sede contenziosa.

5.1. Il motivo è infondato. In tema di accertamento, l'omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l'inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo ove l'Amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall'avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l'esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica (Cass. 21/03/2018, n. 7011).

Nel caso concreto, l'Agenzia non ha dimostrato il rifiuto doloso d'esibizione dei documenti da parte del contribuente che, anzi, secondo l'insindacabile apprezzamento della CTR, aveva versato in atti copiosa documentazione solo in sede contenziosa dovendo attenderne il rilascio da terzi, ossia dalle banche.

6. Alla stregua di queste considerazioni, accolti il primo motivo, nei termini sopra specificati, il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, assorbito il quarto motivo, rigettato l'unico motivo del ricorso incidentale, la sentenza è cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, alla quale si demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. 7. La doglianza (subordinata) concernente la rideterminazione delle sanzioni, fatta valere dalla contribuente nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ., potrà essere riproposta alla CTR.

PQM

la Corte accoglie il primo motivo, nei termini di cui in motivazione, il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il quarto motivo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 12/06/2019.

 

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