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Spetta all’Agenzia delle Entrate provare il carattere fittizio dell’appalto intercorso tra le parti. Accolto il ricorso della società contribuente. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “la Commissione tributaria regionale non ha effettuato una approfondita disamina logica e giuridica, come sarebbe stato necessario, rendendo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, a fronte di una pronuncia di prime cure che aveva al contrario accolto i ricorsi, ritenendo non provate le presunzioni indiziarie fornite dall'Agenzia delle entrate, tenuto conto dell'onere della prova che grava su quest'ultima in relazione al carattere fittizio dell'appalto intercorso tra le parti”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 27665 del 29 ottobre 2019

Ritenuto che:

- La R. s.r.l. ha proposto distinti ricorsi avverso tre avvisi di accertamento (IVA e IRAP per l'anno 2003, IVA e IRAP per l'anno 2004 e IVA e IRAP per l'anno 2005) con i quali l'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Salò, sulla base di un processo verbale redatto dalla Guardia di Finanza, aveva ritenuto che l'appalto concluso con la M. s.r.l. dissimulasse una mera interposizione fittizia di manodopera, con la conseguenza che la società appaltatrice doveva ritenersi la effettiva datrice di lavoro dei dipendenti della M. s.r.I.; - la Commissione tributaria provinciale di Brescia, riuniti i ricorsi, con sentenza n. 23/06/09, depositata il 23 febbraio 2009, ha accolto le doglianze della ricorrente ritenendo che gli accertamenti si basassero su presunzioni indiziarie ma non provate; - la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha riformato la pronuncia di prime cure, ritenendo che il rapporto intercorso tra le parti simulasse un contratto di appalto per il compimento di un'opera o di un servizio in realtà inesistente. I giudici del gravame hanno evidenziato che la prestazione non era stata occasionale ma era durata per oltre 4 anni e che la società fornitrice del servizio non possedeva beni strumentali né organizzazione alcuna per garantire l'esecuzione della prestazione; nessuna dimostrazione era stata data circa la specializzazione del personale fornito alle esigenze della contribuente, mentre le retribuzioni ai lavoratori erano corrisposte direttamente dalla committente;

- la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo; - l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Considerato che:

- con l'unico motivo di ricorso si contesta, cumulativamente, la violazione dell'art. 1655 c.c., dell'art. 1 della legge n. 1369 del 1960 e dell'art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003. Violazione del principio di non contestazione. Error in procedendo (art. 360, comma 1, n. 3 e 4 c.p.c.) e difetto, assenza o comunque insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.). Parte ricorrente deduce il difetto assoluto di motivazione e l'erroneità della sentenza, non avendo la Commissione tributaria regionale esplicitato compiutamente le ragioni poste a fondamento della sua decisione e non avendo fatto corretta applicazione dei principi di diritto sulla differenza tra somministrazione illecita di manodopera e contratto d'appalto. Si evidenzia, al riguardo, che dalla documentazione prodotta in atti (copia libro matricola R. s.r.I., copia deleghe F24 M. s.r.I., copia DM 10 M. s.r.I., copia estratto libro matricola M. s.r.l. e dichiarazioni rese a futura memoria dei lavoratori) emerge che i lavoratori che eseguivano le opere appaltate erano stati assunti dalla M. s.r.I., erano soggetti al suo potere direttivo, di controllo e disciplinare ed erano retribuiti da quest'ultima, la quale provvedeva anche a versare i contributi previdenziali e assicurativi. Con riferimento alla mancata dimostrazione della specializzazione del personale fornito, si richiamano le dichiarazioni rese a futura memoria dai lavoratori nonché il principio di non contestazione, sottolineandosi che l'Agenzia delle entrate non ha mai contestato, neanche genericamente, il fatto che i lavoratori non fossero specializzati, pur trattandosi di un elemento allegato dalla ricorrente nei corsi introduttivi. Parte ricorrente, infine, deduce di aver sempre corrisposto gli importi delle fatture emesse alla M. s.r.l. e non ai suoi dipendenti, come emerge dal prospetto versato in atti, ritenendo il prospetto allegato al verbale della Guardia di Finanza, e che risulta limitato al periodo giugno 2004 - febbraio 2005, inidoneo a dar dimostrazione dell'interposizione fittizia di manodopera per il più ampio periodo che va dal 2003 al 2005;

- il motivo è fondato riguardo al difetto di motivazione; - ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. - nel testo applicabile ratione temporis anteriormente alla riformulazione disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 -, quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 6 giugno 2012, n. 9113; Cass. 27 gennaio 2006, n. 1756; Cass. 25 febbraio 1998, n. 2067. In senso conforme, sia pur sotto la nuova disciplina, Cass. 18 giugno 2018, n. 16057; Cass. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232);

- l'art. 29, comma 1, decreto legislativo del 10 settembre 2003, n. 276, nel testo applicabile ratione temporis, prevede che «ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa»;

- nel caso di specie, la pronuncia impugnata contiene delle affermazioni meramente assertive e tra loro giustapposte (prestazioni non occasionali; assenza di beni strumentali e organizzazione in capo alla società fornitrice del servizio; mancata dimostrazione della specializzazione del personale; corrispondenza delle retribuzioni da parte della committente), che si aprono con una dichiarazione del tutto ipotetica in merito alla simulazione del contratto di appalto («il rapporto intercorso tra la contribuente e la società M. sembra simulare»). Riguardo a tali elementi, la Commissione tributaria regionale non ha effettuato una approfondita disamina logica e giuridica, come sarebbe stato necessario, rendendo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, a fronte di una pronuncia di prime cure che aveva al contrario accolto i ricorsi, ritenendo non provate le presunzioni indiziarie fornite dall'Agenzia delle entrate, tenuto conto dell'onere della prova che grava su quest'ultima in relazione al carattere fittizio dell'appalto intercorso tra le parti (si veda la giurisprudenza di questa Corte - pur elaborata sotto la vigenza dell'art. 1, legge 23 ottobre 1960, n. 1369 ma che può essere qui richiamata ai fini dell'onere della prova - Cass. 27 gennaio 2005, n. 1676; Cass. 19 novembre 2003, n. 17574 - secondo cui, riguardo al divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro occorre di volta in volta procedere a una dettagliata analisi di tutti gli elementi che caratterizzano il rapporto instaurato tra le parti allo scopo di accertare se l'impresa appaltatrice, assumendo su di sé il rischio economico dell'impresa, operi concretamente in condizioni di reale autonomia organizzativa e gestionale rispetto all'impresa committente; se sia provvista di una propria organizzazione d'impresa; se in concreto assuma su di sé l'alea economica insita nell'attività produttiva oggetto dell'appalto; infine se i lavoratori impiegati per il raggiungimento di tali risultati siano effettivamente diretti dall'appaltatore e agiscano alle sue dipendenze e nel di lui interesse);

-la sentenza va dunque cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 3 luglio 2019.

 

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