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Estratto: “Ove anche fosse infatti vero che le trattative siano state condotte da soggetti diversi dai donatari (ed anzi esse potrebbero essere state condotte addirittura dallo stesso donante), questo elemento sarebbe perfettamente compatibile con il negozio di donazione e con la volontà del donante di beneficiare i donatari utilizzando uno strumento che all'epoca era consentito ... il donante bene potrebbe avere condotto le trattative con l'acquirente nella consapevolezza che il vantaggio economico da esse derivanti sarebbe poi stato riversato sui donatari. In questo senso, l'elemento citato dalla CTP, e cioè che i denari derivanti dalla vendita siano stati incassati dai donatari porta, per via logica a concludere inequivocabilmente che, in effetti, il donante abbia voluto beneficiare i donatari”.

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Estratto: “incombe sull'Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale”.

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Nel presente articolo analizziamo un caso giurisprudenziale sottoposto alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale ha annullato l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate a seguito di verifica fiscale a carico di un avvocato, con cui si intimava il pagamento di ingenti somme sulla base del redditometro.

Tuttavia, la prospettiva sarà differente rispetto al consueto esame della sentenza.

Infatti, procederemo, come in precedenti occasioni, ad esaminare la fattispecie, non dalla prospettiva del corpo letterale della sentenza (di cui citiamo gli estremi in calce per chi voglia analizzarne il contenuto), ma dalla prospettiva difensiva, analizzando le argomentazioni sviluppate nella memoria da noi predisposta.

Si nota, infine, che nel caso di specie la stessa Agenzia delle Entrate, riconoscendo implicitamente la bontà della pronuncia, ha ritenuto di non appellare la sentenza di secondo grado, che è divenuta definitiva senza necessità di difendere gli interessi dei contribuenti anche in Cassazione.

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Massima: “La garanzia del contraddittorio endoprocedimentale, previsto come obbligatorio dall'art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, si applica a tutte le verifiche che comportino un accesso presso la sede del contribuente, anche se finalizzato solo all'acquisizione di documenti, essendo irrilevante che l'accertamento si basi anche o soprattutto su accertamenti a tavolino, come possono essere quelli bancari sui conti correnti del verificato. Nella fattispecie, una Società veniva sottoposta a verifica fiscale, durante la quale venivano eseguiti prima dei controlli sulle movimentazioni bancarie relative al conto corrente, poi un accesso presso i locali, dove veniva acquisita della documentazione contabile finalizzata al riscontro delle risultanze bancarie. L'avviso di accertamento conseguentemente emesso, si profilava in palese contrasto con l'art. 12, comma 7, della legge citata, per inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni previsto per l'emanazione dell'atto amministrativo, termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni. L'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus" è determinata dal mancato dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”.

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Analisi di tecniche e strategie utilizzabili nel processo per meglio argomentare in ordine alla bontà delle nostre ragioni.

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Massima: “Non costituiscono elementi sufficienti, ai fini della sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione di un professionista, i costi dedotti dall'imponibile. Ciò nella considerazione che il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione”.

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Estratto: “spetta a colui che agisca in giudizio nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", l'onere di provare, in applicazione del principio generale contenuto nell'art. 2697 c.c, "l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità”.

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Estratto: “in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l'Amministrazione deve provare sia l'alterità soggettiva dell'imputazione delle operazioni, sia che il cessionario sapeva, o avrebbe dovuto sapere, che la cessione si inseriva in un'evasione Iva. La circostanza che l'operazione si inserisca in una fattispecie fraudolenta di evasione dell'Iva non comporta, infatti, ineludibilmente la perdita, per il cessionario, del diritto di detrazione, attesa l'esigenza di tutela della buona fede del soggetto passivo, il quale non può essere sanzionato, con il diniego del diritto di detrazione, se «non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l'operazione interessata si collocava nell'ambito di un'evasione commessa dal fornitore o che un'altra operazione facente parte della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell'Iva”.

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In questo breve schema di sintesi si analizzano alcune tra le principali opzioni a disposizione dei contribuenti che ricevano la notifica di un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, nonché 3 degli errori più comuni commessi dai contribuenti a seguito della ricezione di atti (avvisi di accertamento, inviti al contraddittorio, inviti a comparire, questionari) dell'Agenzia delle Entrate.

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Estratto:Il secondo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione dell'art.36 ter dPR n.600/73, in combinato disposto con l'art.7 I. n.212/2000 e dell'art.25 del dPR n.602/1973, è infondato. Ed invero, la CTR ha correttamente ritenuto viziato l'atto impugnato (cartella) che, nell'indicare le ragioni della pretesa attraverso il rinvio ad una comunicazione d'irregolarità, aveva fatto rinvio ad un atto non allegato e non comunicato previamente al contribuente, in tal modo pienamente uniformandosi all'indirizzo di questa Corte”.

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