Estratto: “a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 7 della L. n. 212 del 2000, che ha esteso alla materia tributaria i principi di cui all'art. 3 della L. n. 241 del 1990, l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l'enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato, con le specificazioni in concreto necessarie per consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa e per delimitare l'ambito delle ragioni deducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa, nella quale l'Amministrazione ha l'onere di provare l'effettiva sussistenza dei presupposti per l'applicazione del criterio prescelto, ed il contribuente la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri (Sez. 6-5, n. 11560 del 06/06/2016; Sez. 6-5, n. 11270 del 09/05/2017); che, nella specie, la CTR ha fatto un generico riferimento "ad immobili similari di prezzo noto" nonché ai valori OMI, i quali peraltro non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio ed indirizzo per l'esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell'art. 115, comma 2, c.p.c., sono idonee solamente a "condurre ad indicazioni di valori di larga massima" (Sez. 6-5, n. 25707 del 21/12/2015); che, pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata”.
Massima: “La cessione della lista clienti e di dipendenti privi di poteri di rappresentanza, da parte della consociata, non costituisce una cessione di ramo d'azienda, ovvero di un compendio in grado di produrre in via autonoma un reddito d'impresa. Ne consegue che la deduzione del costo d'acquisto è nei limiti di un decimo anziché un diciottesimo”.
Massima: “1) La Corte interpreta l'art. 2, par. 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, sul sistema comune dell'IVA nel senso che le operazioni come quelle oggetto del procedimento principale rappresentano -in conformità alla stessa direttiva- prestazioni di servizi a titolo oneroso risultando nel cambio di valuta tradizionale contro la valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, un rapporto giuridico sinallagmatico ove "il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al beneficiario". “2) La Corte interpreta l'articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112 nel senso che, costituiscono operazioni esenti dall'IVA, ai sensi della succitata direttiva, le prestazioni di servizi, come quelle del procedimento principale, che constano nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, ancorché realizzate mediante il corrispettivo di una somma equivalente alla differenza tra, il prezzo al quale l'operatore interessato acquista le valute e, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti. Stante la ratio della norma intesa al superamento delle difficoltà che conducono alla determinazione della base imponibile, nonché dell'importo dell'IVA detraibile che sorgono nel contesto dell'imposizione delle operazioni finanziarie segnatamente previste, la Corte interpreta l'articolo 135, paragrafo 1, lettere d), della direttiva 2006/112 nel senso che tali prestazioni di servizi non rientrano nel campo di applicazione di tali disposizioni”.
Massima: “La cartella esattoriale che non riporta il calcolo degli interessi sul debito preteso è nulla in quanto in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario dev'essere motivata per permettere al contribuente di verificare la correttezza del calcolo degli interessi. La cartella di pagamento è un atto impositivo emesso per la riscossione dei tributi non versati. Si tratta, quindi, di un atto tributario e come tale deve essere adeguatamente motivato, secondo le disposizioni dello Statuto dei diritti del Contribuente, in primis per permettere al destinatario la comprensione delle ragioni della notifica dell'atto; in secondo luogo per la verifica della correttezza degli importi intimati, nonché il calcolo degli interessi”.
Massima: “Nel caso di vendita di un impianto fotovoltaico, anche se unitamente alla superficie vengono vendute le attrezzature (e i rapporti contrattuali per il suo sfruttamento commerciale), queste devono essere considerate strumenti per la produzione di energia elettrica senza che l'imprenditore abbia nulla da organizzare e coordinare perché hanno una funzione unica e prestabilita senza possibilità di variazione. Ne discende che, mancando l'elemento dell'organizzazione essenziale alla nozione d'azienda, la vendita di un impianto fotovoltaico non costituisce cessione d'azienda o di ramo d'azienda”.