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Estratto: “in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ai sensi dell’art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000, la nullità consegue alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto nonché al mancato obbligo di (almeno) valutare le osservazioni del contribuente”.

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Estratto: “non ha errato il giudice regionale nel valorizzare tale tipo di documentazione (ndr elenchi delle società affidabili per il destinatario del prodotto finale), nell'autonomo esercizio del suo potere di valutazione della massa di elementi di prova a sua disposizione. D'altronde costituisce principio reiterato quello secondo cui la scelta degli elementi probatori e la valutazione di essi rientrano nella sfera di discrezionalità del giudice di merito, il quale non è tenuto a confutare dettagliatamente le singole argomentazioni svolte dalle parti su ciascuna delle risultanze probatorie, dovendo solo fornire un'esauriente e convincente motivazione sulla base degli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti. In conclusione la sentenza è esente da critiche perchè non si rileva l'insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia”.

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Estratto: “il giudice di appello non si è attenuto ai suddetti principi, in quanto, con riferimento alle imposte dirette e all’Irap, non ha verificato se il contribuente avesse assolto all’onere di provare che i componenti positivi, in quanto correlati a componenti negativi ritenuti fittizi, fossero anch’essi fittizi, affinché detti componenti positivi andassero esclusi dalla base imponibile, fatta salva l’applicazione di una sanzione amministrativa”.

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Estratto: “L'omessa riproduzione dell'avviso di accertamento non consente, pertanto, di verificare la fondatezza dell'assunto dell'Agenzia in ordine alla avvenuta riproduzione degli elementi essenziali degli atti non allegati all'accertamento, postulata dall'Agenzia ed invece espressamente negata dalla CTR. Il ricorso principale va dichiarato inammissibile con assorbimento dell'esame del ricorso incidentale”.

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Massima: “In tema di transfer pricing, l'emissione di un avviso di accertamento sulla base di un indice diverso da quello utilizzato in sede di contraddittorio preventivo senza ulteriore contestazione, concreta la violazione degli artt. 10 e 12, comma 7, della legge 212/2000 che rende nullo l'accertamento (nel caso di specie l'ufficio aveva inizialmente utilizzato l'indice ROS - risultato operativo medio per unità di ricavo - , per poi, in sede di emissione dell'accertamento ed a seguito delle osservazioni della società, utilizzare l'indice ROA - utile operativo sul totale attivo)”.

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Massima: “L'art. 20 del d.P.R. 131/1986 è una disposizione interpretativa e non una regola antielusiva che impone una qualificazione oggettiva degli atti portati a registrazione secondo la causa concreta dell'operazione negoziale complessiva, a prescindere dall'eventuale intento elusivo delle parti”.

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Massima: "E' detraibile l'imposta assolta sulle spese di ristrutturazione dell'immobile in cui si svolge l'attività d'impresa, anche se lo stesso non appartiene al contribuente. In linea generale il diritto alla detrazione spetta con riguardo a beni che sono all'attività d'impresa strumentali. Quest'ultimo requisito viene meno soltanto quando l'attività economica anche potenziale cui avrebbe dovuto accedere non sia stata intrapresa per circostanze non estranee al contribuente. Nel caso di specie il giudice di merito doveva verificare, con un accertamento di fatto, l'esistenza o meno della natura strumentale dell'immobile rispetto all'attività economica in concreto svolta o che avrebbe potuto svolgere dal contribuente, tralasciando il fatto che in concreto vi fosse in corso la ristrutturazione per l'immobile in cat. A/2 abitativa".

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Massima: “La cartella di pagamento deve contenere indicazioni sufficienti a consentire ai contribuente l'agevole identificazione delle somme pretese dall'Amministrazione Finanziaria, ai sensi dell'art. 7 dello statuto del contribuente. Nel caso in questione l'atto impugnato ha riprodotto l'imposta tributaria originariamente rettificata, omettendo di considerare le vicende successive all'originario avviso di accertamento, quale quella relativa alle somme versate a titolo di condono dai coeredi”.

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Massima: “Secondo il T.U.I.R (art. 81 del d.P.R. n. 917 del 1986) sono soggette a tassazione separata, quali redditi diversi, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, e non anche di terreni sui quali insiste già un fabbricato. Infatti, l'art. 81 del D.P.R.917/1986 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine dall'avvenuta destinazione edificatoria del terreno, in sede di pianificazione urbanistica, e non derivante da un'attività produttiva del proprietario o del possessore”.

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Estratto: L'errore revocatorio deve necessariamente cadere su di un fatto materiale: e, quando oggetto di revocazione sono i provvedimenti di questa Corte, di un fatto materiale interno al giudizio di legittimità ed afferente ai suoi stessi atti. L'errore di fatto di cui all'art. 395 c.p.c., n. 4, deve consistere in una disamina superficiale di dati di fatto che abbia quale conseguenza l'affermazione o la negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, vale a dire in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti, concretizzandosi in una svista materiale su circostanze decisive, risultanti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali, essendo esclusa dall'area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatosi sulla base di una valutazione effettuata dal giudicante (Cass. 20.2.2006, n. 3652; Cass. 28.6.2005, n. 13915; Cass. 15.5.2002, n. 7064; Cass. 26.9.2013, n. 22080). 2.4. Nel caso in esame va certamente ricondotta ad un errore di percezione l'affermazione della Corte che "dal testo degli avvisi di accertamento, riprodotti in ricorso, risulta chiaramente che l'Ufficio ha applicato l'aliquota del 16,2 per cento", ritenendo conseguentemente infondata la dodicesima censura, quando l'esistenza di tale aliquota era indicata negli avvisi di accertamento ma solo come aliquota riferita all'ILOR, mentre con riferimento all'IRPEF non risulta indicata, essendo riportato solo un minimo ed un massimo e restando vuota la casella di specificazione”.

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