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DISCONOSCIMENTO DEL CREDITO D'IMPOSTA: LIMITI. UN CASO IN CUI I GIUDICI HANNO DATO RAGIONE AL CONTRIBUENTE.

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DISCONOSCIMENTO DEL CREDITO D'IMPOSTA: LIMITI. UN CASO IN CUI I GIUDICI HANNO DATO RAGIONE AL CONTRIBUENTE.

Estratto: “il disconoscimento da parte dell'Amministrazione finanziaria di un credito d'imposta non può avvenire tramite l'emissione di cartella di pagamento, avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d'imposta o quanto meno bonario(…)  per la quale l'attività dell'Ufficio accertatore, correlata alla contestazione di detrazioni e crediti indicati dal contribuente, qualora nasca da una verifica di dati indicati da quest'ultimo e dalle incongruenze dagli stessi risultanti, non implica valutazioni, sicché è legittima l'iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, non essendo necessario un previo avviso di recupero)”.

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Civile, Sez. 5, ordinanza Num. 7300  del 16 marzo 2020.

                                               FATTI DI CAUSA

1. L'Agenzia delle Entrate («A.E.») ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di rigetto dell'appello dalla stessa proposto avverso la sentenza della CTP di Perugia n. 17/04/2010.

2. Il Giudice di primo grado accolse l'impugnazione della cartella esattoriale per disconoscimento di credito IVA relativo all'anno d'imposta 2004 vantato dalla ditta individuale «L.», conferita nell'attuale contribuente (A.L. s.r.I.) con atto del 31 dicembre 2005, in quanto emessa ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e non preceduta da avviso di accertamento.

3. La CTR confermò l'illegittimità della cartella in quanto non preceduta da avviso di accertamento, rilevando la natura eccezionale della procedura in esame, tale da consentire la liquidazione delle imposte e/o la riduzione dei crediti senza previo avviso di accertamento solo nei casi tassativamente previsti (mancato versamento oltre che mera correzione di errori materiali). La fattispecie, difatti, fu dal Giudice d'appello ritenuta non riconducibile all'ambito della detta procedura liquidatoria, atteso che il disconoscimento del credito fondava non su un (ritenuto) mero errore materiale del contribuente bensì su una valutazione di tipo giuridico da parte dell'Ufficio basata su interpretazione del disposto di cui all'art. 37 del d.P.R. n. 633 del 1972 e delle norme procedimentali in materia di rimborsi nel caso di conferimenti d'azienda.

3.1. Alla ragione di cui innanzi la CTR ne aggiunse altre (due), statuendo nei termini che seguono.

«... Ad ogni buon conto si precisa ulteriormente che la pretesa erariale è comunque infondata anche per quanto attiene al merito della vicenda. Premesso che l'esistenza e l'entità del credito non sono in contestazione in quanto espressamente riconosciuti dall'ufficio, la procedura adottata dalla società contribuente per la relativa detrazione è da ritenere sostanzialmente corretta, avendo tale società, in qualità di conferita ria, presentato la dichiarazione IVA della conferente(titolare originaria del credito) contestualmente, ma separatamente, con il propri modello unico, così come previsto dalle stesse istruzioni alla compilazione del modello di dichiarazione IVA». «In ogni caso», osservò infine la CTR, «anche a voler ipoteticamente riconoscere un qualche irregolarità nell'utilizzo della modulistica per la richiesta di rimborso, ciò non avrebbe comunque potuto determinare il disconoscimento di un credito incontrovertibile nella sua esistenza».

4. Contro la sentenza d'appello l'A.E. ricorre con tre motivi mentre la contribuente ed E.C. s.p.a. (correttamente intimate) non si difendono.                                                         RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Ragioni di economia processuale oltre che logiche implicano la preliminare trattazione del motivo n. 3, con il quale, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell'art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972».

La CTR, a detta dell'Amministrazione ricorrente, avrebbe errato nel ritenere non operante nella specie il procedimento liquidatorio in oggetto per essersi il disconoscimento del credito IVA fondato non su mero errore materiale bensì su valutazione di tipo giuridico da parte dell'Ufficio, basata su interpretazione del disposto di cui all'art. 37 del d.P.R. n. 633 del 1972 e delle norme procedimentali in materia di rimborsi nel caso di conferimenti d'azienda.

2.1. La doglianza è infondata. In termini generali, difatti, in tema di controllo cd. cartolare della dichiarazione, l'Amministrazione finanziaria non può emettere la cartella di pagamento ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 ove venga in rilievo non già un errore materiale o di calcolo bensì l'interpretazione di disposizioni normative che, nella specie che ci occupa (come statuito dalla CTR all'esito di giudizio di merito non sindacabile in questa sede), si sono sostanziate nell'art. 37 del d.P.R. n. 633 del 1972 e nelle norme procedimentali in materia di rimborsi nel caso di conferimenti d'azienda (in merito si veda, ancorché con riferimento all'interpretazione dell'art. 43 bis del d.P.R. n. 602 del 1973, Cass. sez. 5, 28/11/2018, n. 30791, Rv. 651619-01). In termini più particolari ma sempre pertinenti alla fattispecie in esame, questa Corte ha altresì chiarito che è legittimo il disconoscimento del credito di imposta operato a seguito di controllo automatizzato qualora esso abbia carattere cartolare e non implichi valutazioni, in quanto effettuato sulla base di un riscontro obiettivo dei dati formali della dichiarazione dei redditi (Cass. sez. 5, 16/11/2018, n. 29582, Rv. 651286-01).

L'iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 è difatti ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche. Ne consegue che il disconoscimento da parte dell'Amministrazione finanziaria di un credito d'imposta non può avvenire tramite l'emissione di cartella di pagamento, avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d'imposta o quanto meno bonario (ex plurimis: Cass. sez. 5, 08/06/2018, n. 14949, Rv, 649365-01; Cass. sez. 6-5, 31/05/2016, n. 11292, Rv. 639864-01; in merito si veda anche Cass. sez. 6-5, 20/02/2017, n. 4360, Rv. 643:321-01, per la quale l'attività dell'Ufficio accertatore, correlata alla contestazione di detrazioni e crediti indicati dal contribuente, qualora nasca da una verifica di dati indicati da quest'ultimo e dalle incongruenze dagli stessi risultanti, non implica valutazioni, sicché è legittima l'iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, non essendo necessario un previo avviso di recupero).

3. I motivi nn. 1 e 2 di ricorso sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.

3.1. Con essi, in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 5 e 3, c.p.c., si deducono, rispettivamente, l'omessa motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio (motivo n. 1) nonché violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 3 del d.P.R. n. 322 del 1998. 3.2. Entrambi i motivi in esame sono inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse in capo all'Amministrazione ricorrente derivante dal passaggio in giudicato della sentenza impugnata in virtù del rigetto della doglianza di cui al motivo n. 3 del ricorso, inerente autonoma ragione fondante la statuizione di secondo grado. I motivi nn. 1 e 2 di ricorso, difatti, ineriscono profili (paventati vizio motivazionale nonché violazione e falsa applicazione di legge) afferenti alle altre due autonome rationes decidendi (come sintetizzate in sede di esposizione dei fatti di causa ai paragrafo n. 3.1.).

4. In conclusione il ricorso non merita accoglimento, nulla sulle spese non essendosi costituite le altre intimate parti processuali.

L'obbligo di versare, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228), un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione, trattandosi di Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esente dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (ex plurimis: Cass. sez. Cass. sez. 6-4, 29/01/2016, n. 1778, Rv. 638714-01; Ca SS. sez. 6-4, 05/11/2014, n. i 23514, Rv. 633209-01; Cass. sez. 3, 14/03/2014, n. 5955, Rv. 630550-01).

                                                        P.Q.M.

 rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020

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