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Corte di Cassazione, Sez. 5,
sentenza n. 25278 del 9 ottobre del 2019
RILEVATO CHE
L'Ufficio delle Dogane di Ravenna ha emesso - all'esito di revisione dell'accertamento doganale innescato da una indagine OLAF - avvisi suppletivi e di rettifica relativi a n. 32 bollette di importazione accettate tra il 2010 e il 2011 per importazioni di elementi di fissaggio in ferro e acciaio di origine preferenziale thailandese rivelatesi di origine cinese, in quanto prodotti e forniti dall'impresa CCSPF, con revoca del trattamento preferenziale e applicazione di dazi antidumping, IVA e accessori;
che, a seguito di ricorso della contribuente, la CTP di Ravenna ha parzialmente accolto il ricorso in relazione all'aliquota del dazio applicato e la CTR dell'Emilia Romagna, con sentenza in data 6 dicembre 2016, ha annullato gli avvisi di accertamento, sul presupposto che alle importazioni di elementi di fissaggio in ferro e acciaio di origine cinese deve farsi applicazione del Regolamento (UE) 26 febbraio 2016, n. 278/2016, il quale ha abrogato i dazi antidumping per le suddette merci di importazione cinese; che la CTR ha ritenuto che la nuova disciplina riceva applicazione retroattiva ex tunc, in quanto l'art. 2 Reg. (UE) n. 278/2016 ha precisato che non sono rimborsabili le somme già riscosse e questo a voler rimarcare la portata retroattiva della nuova disciplina, con una precisazione normativa che, a giudizio del giudice di appello, non si spiegherebbe se non ci fosse la suddetta applicazione retroattiva;
che propone ricorso per cassazione l'Agenzia delle Dogane con un unico motivo di ricorso, cui resiste con controricorso il contribuente, il quale propone altresì ricorso incidentale affidato a unico motivo;
CONSIDERATO CHE
con l'unico motivo l'ufficio deduce violazione di legge in relazione agli artt. 2, 3 del Regolamento (UE) n. 278/2016, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto di fare applicazione retroattiva del suddetto Regolamento di esecuzione, facendo leva sul disposto dell'art. 2 Reg. cit., il quale prevede che non è consentito il rimborso dei dazi riscossi prima del 28.02.2016;
deduce parte ricorrente che la norma base deve intendersi lo stesso art. 2 Reg. (UE) cit., che prevede l'entrata in vigore del Regolamento abrogativo con decorrenza dal 28.02.2016 (ossia dalla data successiva alla pubblicazione del regolamento nella Gazzetta Ufficiale dell'UE); il che è conforme alle disposizioni generali della legge (art. 11 prel.), nonché all'interpretazione funzionale, in quanto l'estensione dell'efficacia retroattiva anche per le obbligazioni accertate ma non riscosse, o ancora per quelle non accertate ma non prescritte, avvantaggerebbe gli imprenditori meno solerti che hanno eluso la disciplina e penalizzerebbe quelli rispettosi della legge che non potrebbero ripetere quanto tempestivamente versato in ossequio alla precedente vigenza della disciplina antidumping; che con il ricorso incidentale il contribuente deduce lo ius superveniens costituito dalla sentenza della Corte di Giustizia del 5 aprile 2017, nelle cause riunite C-376/1$ e C-377/1I, la quale ha annullato, in relazione alla fornitrice della controricorrente (CCSPF, l'applicazione del Regolamento di Esecuzione (UE) 4 ottobre 2012, n. 924/2012, che ha modificato il Regolamento (CE) 31 gennaio 2009, n. 91/2009 che istituisce il dazio antidumping sulle importazioni di elementi di fissaggio in ferro o acciaio di provenienza cinese;
che deve trattarsi preliminarmente il ricorso incidentale rispetto al ricorso principale, in quanto questione che attiene allo ius superveniens costituito dalla pronuncia della Corte di Giustizia del 55 aprile 2017, nelle cause riunite C-376/111 e C-377/10, stante il fatto che detta sentenza, sopravvenuta alla sentenza impugnata (6 dicembre 2016), ha efficacia immediata nell'ordinamento nazionale (Cass., Sez. Lav., 12 settembre 2014, n. 19301), sempre che non siano necessari nuovi accertamenti in fatto (Cass., Sez. I, 10
dicembre 2015, n. 24952), nonché efficacia retroattiva, salvo il limite dei rapporti ormai esauriti (Cass., Sez. VI, 8 febbraio 2016, n. 2468; Cass., Sez. U., 16 giugno 2014, n. 13676);
che la menzionata sentenza della Corte di Giustizia ha stabilito che è stato erroneamente calcolato il margine di dumping in relazione alla suddetta impresa fornitrice, per cui la Corte di Giustizia ha espressamente statuito che il Regolamento di esecuzione (UE) n. 924/2012 del Consiglio, del 4 ottobre 2012, che modifica il regolamento (CE) n. 91/2009 che istituiva un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica Popolare Cinese, è annullato nella parte in cui riguarda forniture provenienti dalla CCSPF (Corte di Giustizia,. 5 aprile 2017, CA-376/15 P e C-SE377/15);
che non vi è motivo di dubitare che l'abrogazione dei dazi antidumping relativamente agli acquisti di merce dalla CCSPF (come risulta dalla sentenza impugnata) riguardi tutte le cessioni di merce proveniente da tale venditore, comprese quelle del caso di specie, attesa l'ampia formulazione del dispositivo della richiamata sentenza della Corte di Giustizia UE; che, conseguentemente, deve essere accolto il ricorso incidentale, dandosi atto che i dazi antidumping che hanno colpito l'odierna controricorrente e ricorrente incidentale oggetto degli avvisi di accertamento, devono ritenersi annullati per effetto della menzionata sentenza della Corte di Giustizia UE; che, conseguentemente, deve essere dichiarato assorbito il ricorso principale, decidendosi la causa nel merito, accogliendosi la domanda di parte contribuente e annullando gli avvisi di accertamento; che sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio e del giudizio di legittimità, posto che l'accoglimento avviene sulla base di una circostanza sopravvenuta alla proposizione del gravame;
P. Q. M.
La Corte, accoglie il ricorso incidentale, dichiara assorbito il ricorso principale e, decidendo nel merito, annulla l'avviso di rettifica impugnato;
dichiara compensate le spese del doppio grado del giudizio di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 17 aprile 2019
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