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Estratto: “secondo il recente indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Cass. 30/05/2018, n. 13588), che il Collegio condivide, in tema di deducibilità dei costi, l'inerenza, desumibile dall'art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, deve essere riferita all'oggetto sociale dell'impresa, in quanto non integra un nesso di tipo utilitaristico tra costo e ricavo, bensì una correlazione tra costo e attività di impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile; è chiaro, allora, che il costo del bene strumentale, registrato in bilancio in seguito alla sua acquisizione, e annualmente ammortizzabile nell'arco temporale della sua "vita utile", è senz'altro "inerente", per l'intrinseca potenzialità produttiva del bene medesimo, anche quando, per un fattore fortuito, ne sia temporaneamente impedito l'utilizzo” (…) “la quota di ammortamento di un bene strumentale è senz'altro deducibile, anche per le annualità durante le quali, a causa di un factum principis, non ne sia stato possibile l'utilizzo”.

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Estratto: “Il principio di "proporzionalità", però, non è limitato all'iva, ma riguarda anche le imposte dirette, dovendosi considerare la prioritaria tutela del principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost. (Cass., 5327/2019, proprio in tema di studi di settore, con uno scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dagli studi di settore dell'8%, con il rigetto del ricorso per cassazione proposto dalla Agenzia delle entrate)”.

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Estratto: “le garanzie fissate nell'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 trovano applicazione a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati all'acquisizione della documentazione, com'è pacificamente avvenuto nel caso di specie. Principio questo confermato dalla più recente pronuncia delle Sezioni Unite civili di questa Corte n. 24823 del 2015 (ribadito, da ultima, da Cass. n. 1007 del 17/01/2017)”.

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Estratto: “secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata e sistematica, il contribuente può sempre contrastare efficacemente i risultati dell'accertamento induttivo con la produzione in giudizio dei documenti che non era stato in grado di esibire in precedenza per causa a lui non imputabile (forza maggiore, fatto del terzo, caso fortuito). La condotta del terzo, che ritarda nella consegna della documentazione non può certo essere imputata al contribuente”.

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Estratto: “Secondo la più recente giurisprudenza della Corte, che qui si intende condividere, il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività d'impresa in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo (anche solo in termini di utilità potenziale o indiretta) (…) in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese”.

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Estratto: “Dai menzionati principi di diritto si evince che, ai fini del disconoscimento della detraibilità dell'IVA in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l'Agenzia delle entrate ha l'onere di provare, sulla base di elementi indiziari: a) la fittizietà del soggetto interposto; b) la consapevolezza del soggetto beneficiario, sulla base di elementi indiziari non limitati alla mera fittizietà del fornitore, della sussistenza di una evasione fiscale”.

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Riportiamo il testo della memoria che ha condotto all’annullamento di un avviso di accertamento che ricalcolava il reddito di un contribuente sulla base delle spese sostenute (c.d. redditometro), avviso precedentemente confermato in primo grado (prima che la pratica fosse affidata al nostro studio per l’appello).

La sentenza, ad avviso di chi scrive, è peraltro particolarmente significativa perché riconosce, discostandosi da altra giurisprudenza, che il contribuente può limitarsi a dimostrare l’esistenza di disponibilità ulteriori e non deve, necessariamente, dimostrare che sono stati utilizzate esattamente quelle stesse disponibilità.

La sentenza favorevole al contribuente è passata in giudicato.

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Estratto: “la giurisprudenza di questa Corte ha puntualizzato che l'integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, così risolvendosi in un difetto di autosufficienza sanzionabile con l'inammissibilità. Ciò rende incomprensibile il mezzo processuale, perché privo di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali (ai sensi dell'art. 366, com 1, n. 3, c.p.c.), della sintetica esposizione della soluzione accolta dal giudice di merito, nonché dell'illustrazione dell'errore da quest'ultimo commesso e delle ragioni che lo facciano considerare tale, addossando in tal modo al giudice di legittimità il compito, ad esso non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi quelli rilevanti ai fini del decidere”.

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Estratto: “sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l'onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l'applicazione di percentuali diverse» (cfr. Cass. sez. 5, 29 dicembre 2016, n. 27330), la contribuente risulta avere allegato le condizioni personali legate all'inizio della propria attività commerciale proprio nel 2001, che avrebbero giustificato le percentuali di ricarico per il 2001 in misura sensibilmente inferiore rispetto a quella riscontrata sui prezzi del 2005”.

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Estratto: “Il ragionamento della Commissione tributaria regionale segue la scia della giurisprudenza di legittimità che, occupandosi del tema delle operazioni aventi finalità elusive, ha affermato che: «In materia tributaria, costituisce condotta abusiva l'operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta”.

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