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Scontro tra i gestori dei bar ed il Fisco sugli accertamenti fondati su presunzioni. 3 esempi di casi in cui i gestori dei bar hanno vinto il processo contro l’Agenzia delle Entrate

Pubblicato in Avvocati in tutta Italia

Estratto: “In questo senso non vi è stata violazione di legge, ma un apprezzamento motivato (peraltro non contestato sotto questo profilo) di prevalenza degli argomenti del contribuente rispetto a quelli dell'Amministrazione finanziaria, secondo una dialettica probatoria, aderente alla legge e confermata da questa Corte”.

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Estratto: Pertanto deve ritenersi data la prova, da parte della contribuente, non solo della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte) ma anche della "entità di tali redditi e la durata del loro possesso" circostanze sintomatiche sufficienti a far ritenere che le somme sono state utilizzate per l'acquisto dei beni suddetti. La norma di cui all'art. 38 del DPR 600/1973, infatti, legittima la presunzione, da parte dell'amministrazione finanziaria, di un reddito maggiore di quello dichiarato dal contribuente sulla base di elementi indiziari dotati dei caratteri della gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 cod. civ. e, in particolare, per quel che in questa sede interessa, in ragione della «spesa per incrementi patrimoniali», la quale si presume sostenuta «salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti» In presenza di tale presupposto, la norma non impone altro onere all'amministrazione, ma piuttosto faculta (e onera) il contribuente a offrire la prova contraria: prova testualmente riferita, nel successivo comma 6, al fatto che «il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte», con la espressa precisazione che «l'entità di tali redditi e la durata de/loro possesso devono risultare da idonea documentazione».

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Estratto: “(...) è consolidato in giurisprudenza il principio per cui, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito di imposta, l'azione volta al relativo recupero è sottoposta all'ordinario termine di prescrizione decennale, sulla cui decorrenza non incidono né il limite temporale stabilito per il controllo formale o cartolare delle dichiarazioni e la liquidazione delle somme dovute, ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, né i limiti alla proponibilità della relativa eccezione, posti dall'art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350: la prima disposizione è volta, infatti, ad imporre un obbligo dell'Amministrazione finanziaria, senza stabilire un limite all'esercizio dei diritti del contribuente, mentre la seconda contiene un mero invito rivolto agli uffici, non suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice (v., per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7706 del 27/03/2013 Rv. 626121 — 01)”.

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Medici specialisti ambulatoriali convenzionati: quando gli atti dell'Agenzia delle Entrate sono infondati. 3 esempi di casi in cui i medici hanno vinto a seguito di ricorso.

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Rivenditore di auto usate: quando il regime di margine fa dubitare della sua correttezza. Verifiche fiscali dell’Agenzia delle Entrate. 3 esempi di casi in cui il rivenditore ha vinto il processo. 

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Verifica fiscale dell’Agenzia delle Entrate a carico dei panettieri. Controlli fiscali. 3 casi in cui i contribuenti hanno vinto nel processo contro l’Agenzia delle Entrate instaurato a seguito del ricorso.

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Estratto: “L'art. 30 I. cit., al successivo comma 4-bis, consente la presentazione dell'istanza di interpello (chiedendo la disapplicazione delle "disposizioni antielusive"), in presenza di situazioni oggettive che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito di cui al precedente comma 1. Tale previsione, per interpretazione unanime, è tesa a dare piena attuazione al principio di capacità contributiva, di cui la disciplina antielusiva è espressione, lasciando nel contempo spazio al diritto di difesa del contribuente, garantito dagli strumenti del contraddittorio e dalla necessità di una motivazione puntuale, nell'avviso di accertamento, della condotta elusiva (cfr., Sez. 5, Ordinanza n. 9852 del 20/04/2018, Rv. 647962-01)”.

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Estratto: “il motivo è fondato, ritenendo che lo studio di settore più "evoluto" costituisce ius superveniens sollevabile anche in grado di appello (cfr. Cass. V. 17807/17). Ed infatti, ove il sistema di rappresentazione statistica costituito dallo studio di settore sia affinato dal legislatore -pubblicando una rappresentazione più aderente al caso concreto del contribuente- in capo a quest'ultimo sorge un diritto soggettivo perfetto ad essere riqualificato per coerenza e congruità alla luce del nuovo strumento”.

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