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Verifiche fiscali dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di cantanti, presentatori tv ed artisti. 3 esempi di casi in cui gli artisti hanno vinto il processo contro l’Agenzia.

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Verifiche fiscali dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di cantanti, presentatori tv ed artisti. 3 esempi di casi in cui gli artisti hanno vinto il processo contro l’Agenzia.

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Cantanti, ballerini, attori del cinema e del teatro, presentatori: lavorare nel mondo dello spettacolo è da molti considerato un privilegio non solo per la grande notorietà acquisita ma anche e soprattutto per i cachet percepiti.

Gli importi che vengono elargiti e resi noti ai più importanti personaggi di questo settore rendono lo stesso molto ambito facendo presumere, ad un occhio non esperto, un arricchimento facile e veloce da parte di tutti gli artisti.

Quello che però non si dice è che il mestiere dell’artista è tutt’altro che agevolato e numerosi sono gli adempimenti anche burocratici e fiscali che l’artista-contribuente, in qualità di lavoratore, deve compiere.

Innanzitutto, è bene precisare che le principali aziende che operano nel settore dello spettacolo, quelle del settore cinematografico, del teatro, della televisione, della musica, traggono la loro principale fonte di guadagno dall’impiego degli artisti, alcuni di essi lavoratori dipendenti, molti dei quali, invece, collaboratori freelance.

Infatti, al di là dei dipendenti pubblici che lavorano per la televisione di Stato o di quelli regolarmente assunti all’interno di aziende o compagnie private, la maggior parte degli artisti che gravitano nel mondo dello spettacolo sono lavoratori autonomi, quindi produttori di reddito.

Nel nostro ordinamento, sono considerati redditi di lavoro autonomo anche quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni.

E sono proprio gli artisti professionisti non dipendenti, in qualità di lavoratori autonomi che devono affrontare tutti gli adempimenti fiscali, previdenziali ed assicurativi per prestare in maniera regolare la loro opera.

Innanzitutto, questi lavoratori, al pari di qualsiasi altro libero professionista, devono aprire la partita iva per lo svolgimento della loro attività e pagare le tasse in base al regime fiscale applicato (ordinario o semplificato).

Questi devono poi emettere regolare fattura in dipendenza di ogni compenso percepito, richiedere a loro volta il rilascio di fattura con riferimento alle spere sostenute ed attinenti all’attività svolta, oltre che affidarsi ad un professionista esperto del settore per la tenuta della contabilità.

Oltre a ciò, l’artista, insieme al suo consulente di fiducia, è costretto a tenere sotto costante controllo l’andamento della sua attività anche in relazione ai parametri stabiliti dagli studi di settore e quindi cercare di non discostarsi in maniera significativa da questi limiti.

In parole povere, una cosa è certa: più l’artista fattura maggiori sono le tasse da pagare oltre al rischio di essere sottoposti a penetranti controlli fiscali qualora vi sia stato un discostamento significativo dagli studi di settore. Ecco allora che quando si riscontra una disomogeneità tra i ricavi dichiarati rispetto a quello determinato sulla base degli studi il lavoratore può finire nel mirino di un accertamento fiscale.

Accertamenti che riguardano anche le dotazioni strumentali, gli agenti, i rapporti con le agenzie pubblicitarie ecc. i quali possono far desumere la creazione di una vera e propria attività di impresa.

Ad essere sotto accusa, inoltre, eventuali cambi di residenza all’estero, specie nei Paesi tradizionalmente considerati con regimi fiscali agevolati, ovvero controlli sull’ammontare dei redditi veri e propri.

Insomma, chi lavora nel mondo dello spettacolo, non solo deve preoccuparsi a rimanere sulla cresta dell’onda per non essere dimenticato ma deve monitorare in maniera costante i suoi guadagni.

E ciò in quanto, se viene riscontrata una qualche inattendibilità dei ricavi dichiarati rispetto a quelli indicati nello studio, allora l’artista dovrà attivarsi per giustificare le cause dello scostamento.

Ma chi lavora nel mondo dello spettacolo sa bene che, oltre a pagare tasse elevate, nel momento in cui aleggia l’accusa di aver evaso il Fisco, ne risentirà anche la propria immagine professionale.

Titoli di giornale e comunicati stampa con l’accusa di frode fiscale, infatti, possono arrecare gravi ripercussioni alla vita professionale dell’artista, magari coinvolto nello scandalo suo malgrado.

Oltre a dover pagare multe salatissime, inoltre, l’artista può anche rischiare il carcere se le contestazioni fiscali superano le soglie di punibilità e quindi veder la fine della sua carriera.

Ecco allora che molti artisti, nel momento in cui ricevono un accertamento fiscale, tendono a raggiungere un accordo col Fisco arrivando anche a pagare imposte di importo superiore a quanto ritengono equo i dovuto. La priorità è salvare la propria reputazione limitando i danni alla propria carriera.

Vero è che negli anni si sono susseguiti vari interventi legislativi mirati a sostenere gli operatori del settore dello spettacolo ma, ad oggi, la materia rimane complessa.

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3 esempi di casi in cui gli artisti hanno vinto contro l’Agenzia delle Entrate in seguito alla presentazione del ricorso e del processo che ne è seguito.

CTP di Varese, sentenza n. 555/03 del 27 ottobre 2014

Questo caso è partito da un avviso di accertamento, ai fini IRPEF ed IVA, notificato ad una cantante lirica cittadina italiana residente nel principato di Monaco per i suoi maggiori redditi percepiti superiori ad 800 mila euro.

L’Agenzia delle Entrate riteneva che la residenza estera della cantante fosse in realtà fittizia e la stessa, in quanto cittadina italiana, fosse tenuta al versamento delle imposte in Italia.

Instaurato il contezioso su ricorso della contribuente, la CTP di Varese ha dato ragione all’artista annullando l’avviso. In particolare i giudici di primo grado hanno ritenuto che l’artista in realtà risiedesse in maniera fissa nel Principato di Monaco e non si trattasse di un semplice domicilio fiscale.  Inoltre, l’Agenzia non era riuscita a dimostrare le proprie accuse portando quindi ad escludere che la cantante risiedesse in pianta stabile in Italia ove avrebbe dovuto pagare le tasse.

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 33795 19 dicembre 2019

Questa vicenda ha avuto origine da una cartella di pagamento notificata ad una cantante lirica relativa ad IRAP, l’imposta regionale sulle attività produttive, in vista dell’esistenza di un’autonoma organizzazione nell’esercizio della sua attività.

Instaurato il contenzioso tributario, la cantante nei due precedenti gradi di merito era riuscita a dimostrare di essersi avvalsa nel corso della sua attività artistica di specifici strumenti quali uno studio professionale, un pianoforte, un’auto e vari dispositivi elettronici come pc e cellulari. Trattasi, in ogni caso, di mezzi indispensabili e normali per lo svolgimento della sua attività artistica e quindi inidonei a fondare la creazione di un’autonoma organizzazione.

Anche la Suprema Corte ha confermato la tesi difensiva ritenendo, in primo luogo, che l’artista in quanto tale può contare esclusivamente sulle sue capacità professionali, indipendentemente dal fatto di generare redditi cospicui.

In secondo luogo il Collegio si è pronunciato sui requisiti indispensabili alla sussistenza di un’autonoma organizzazione ritenendo che non è sufficiente la presenza di un agente o di una società di organizzazione di eventi (già tenuta al versamento dell’IRAP) ma l’accertamento deve valutare la reale natura dei due rapporti contrattuali.

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 12027 del 16 maggio 2018

Anche in questa pronuncia la Cassazione, su ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate dopo che la CTR aveva confermato l’accoglimento del ricorso proposto dall’artista avverso il diniego di rimborso relativo ad IRAP, ha dato ragione alla contribuente (nel frattempo deceduta) operante nel mondo dello spettacolo.

In particolare, è stata confermata la tesi dei giudici di merito secondo cui manca il presupposto dell’autonoma organizzazione quando l’artista non dispone di alcun dipendente e ricorre a minime dotazioni strumentali. Anche il ricorso ad un’agenzia pubblicitaria aveva un’incidenza minima ed autonoma rispetto all’attività svolta dall’artista.

 

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