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Nel proseguo del presente articolo svilupperemo alcune considerazioni pro contribuente a favore della possibile eccezione di inutilizzabilità dei dati derivanti dalle c.d. polizze Credit Suisse, lista Falciani, Panama Papers, e liste similari.

Analoghe considerazioni, sotto taluni profili, potrebbero essere sviluppate, nel futuro, in riferimento a contestazioni fondate unicamente su dati acquisiti nell'ambito di procedure di collaborazione volontaria (voluntary disclosure), seppure vi siano comunque fortissimi distinguo.

Infatti se, da un lato, può essere sostenuto che la questione della veridicità si pone in entrambi i casi, dall'altro lato, la seconda ipotesi si distingue per molti motivi, e si potrebbe mostrare vicina al caso del contribuente implicato dalle sole dichiarazioni del terzo (già nella sentenza della Corte di Cassazione n. 13366 del 28/06/2016, menzionata in questo stesso sito, si ritenevano insufficienti, in un'ipotesi di contestazione di utilizzo di FOI, le sole dichiarazioni di terzo).

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In questo articolo, esaminiamo, in luogo di una sentenza, uno dei motivi di ricorso sviluppato dal nostro studio avverso un avviso di rettifica e liquidazione (il ricorso è stato integralmente accolto dai Giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Milano con sent. n. 3978/2018 del 24 settembre 2018), in quanto - al suo interno - risultano riportati numerosi richiami giurisprudenziali che val la pena citare a tutela della posizione dei contribuenti destinatari di simili avvisi.

Si tenga a mente, tuttavia, che il motivo fu inserito all’interno di un ricorso ben più ampio, il cui ulteriore contenuto argomentativo e motivazionale ha ovviamente influito in senso determinante sull’accoglimento delle richieste di annullamento avanzate con lo stesso.

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Estratto: “Convinzione di questo Collegio è che il cittadino italiano possessore, all'estero, per esempio di obbligazioni, quote di fondi di investimento o di partecipazioni sociali deve in ogni caso (anche se si sono verificate delle perdite anziché dei guadagni) uniformarsi alla previsione di cui all'art. 4 sopra citato (in quanto i valori mobiliari in questione sono sempre produttrici di possibili redditi) ma se lo stesso individuo è titolare di un conto corrente (molto utile visto che le permanenze in Francia della coppia - la sig.ra XXX è di origine transalpina - sono frequenti ) infruttifero, l'obbligo non esiste. La lettera della legge è chiara - debbono esistere redditi prodotti all'estero, che nel caso che occupa sono assenti - ma anche lo spirito della norma depone a favore di un obbligo dovuto almeno alla potenzialità reddituale - anche questa assente -. La volontà del contribuente sig. XXX di avere a disposizione, all'estero, una somma, ancorché improduttiva, ma sempre disponibile, non fa scattare l'obbligo dichiarativo richiesto dall'Ufficio. Nel merito, la pretesa dell'Erario non può trovare giustificazione.

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Estratto: “ai sensi dell'art. 21, settimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, il cedente o prestatore che emette fatture per operazioni inesistenti è tenuto, in base al principio di cartolarità, al versamento dell'imposta per l'intero ammontare indicato; - tuttavia, tale obbligo non sussiste qualora abbia tempestivamente corretto o annullato la fattura ai sensi dell'art. 26, d.P.R. n. 633 del 1972, sì da consentire l'applicazione dell'esatta imposta dovuta ed il corretto esercizio del diritto di detrazione da parte del destinatario”.

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Estratto: la CTR, peraltro, ha del tutto omesso di specificare i presupposti in fatto idonei ad individuare le specifiche ragioni della valutazione, sicché resta oscuro quali siano le incongruenze e le presunzioni che, in concreto, avrebbero dignità di legittimare la modalità induttiva di rettifica”.

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In questo articolo, esaminiamo, in luogo di una sentenza, le argomentazioni processuali sviluppate dal nostro studio all’interno di un reclamo avverso un avviso di accertamento fondato sui dati del c.d. “spesometro”, che riteniamo meritevoli di nota perché hanno permesso di ottenere l’immediato integrale annullamento dell’avviso di accertamento notificato al contribuente a seguito della mera proposizione del ricorso-reclamo (e quindi a distanza di appena 3 mesi), senza necessità di difendere ulteriormente le ragioni del contribuente davanti alla Commissione Tributaria (all’interno di un contenzioso che avrebbe avuto una durata decisamente più ampia).

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Estratto:la sentenza impugnata (del tutto correttamente ha fatto applicazione della Convenzione tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera, recepita con I. n. 948 del 1978, la quale, conformemente al Modello OCSE, prevede, all'art. 7, che "gli utili di un'impresa si uno Stato contraente sono imponibili solo in detto Stato, a meno che l'impresa non svolga la sua attività nell'altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata", ed, all'art. 14, che "i redditi che un residente di uno stato contraente ritrae dall'esercizio di una libera professione o di altre attività indipendenti di carattere analogo sono imponibili solo in detto Stato, a meno che detto residente non disponga abitualmente nell'altro Stato contraente di una base fissa per l'esercizio della sua attività."

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Massima: “A carico del promotore finanziario monomandatario non sono accertabili ricavi non dichiarati per lo scostamento dagli studi di settore. Ciò in virtù della specifica disciplina contrattuale intercorrente con l'istituto di credito mandante e del vincolo di esclusività che lo caratterizza. Nel caso di specie, il ricorrente aveva specificamente dimostrato che il concreto svolgimento della sua attività di promotore finanziario monomandatario per conto di un istituto di credito, in ragione delle peculiari caratteristiche del rapporto, caratterizzato da esclusività e retribuito mediante provvigioni liquidate sulla base di una percentuale predeterminata in sede di contratto ed in conformità alle risultanze dei registri obbligatori per la categoria, oltre che globalmente attestate dalla certificazione rilasciata a fine esercizio annuale dall'istituto mandante, avrebbe reso impossibile il conseguimento di compensi non dichiarati”.

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Estratto: “dev'essere rilevato l'intervenuto lo jus superveniens più favorevole nelle more, dal momento che questa Corte ha già affermato come "In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 14, comma 4 bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale "jus superveniens" con efficacia retroattiva "in bonam partem", sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una "frode carosello"), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi diretta- mente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo." (Cass. 17 dicembre 2014 n.26461); la previsione normativa, la cui entrata in vigore è successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, trova applicazione nel caso di specie e, dunque, per quanto di ragione sopra indicato, il motivo è fondato”.

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Estratto: “dalla documentazione prodotta dalla controricorrente, in particolare dalle visure relative alle società in esame, si evince che la A. s.p.a. ha iniziato la propria attività nel 1978, mentre la A. Vita s.p.a. ha iniziato la propria attività nel 1991, e che le stesse hanno diverso numero di codice fiscale e partita IVA; parte ricorrente, dinanzi alla eccezione proposta dalla controricorrente, non ha addotto alcuna argomentazione diretta a contrastare le risultanze documentali sopra indicate; ne consegue che la controricorrente è soggetto diverso da quello nei confronti del quale è stata fatta valere la pretesa impositiva e che ha preso parte ai giudizi tributari di primo e secondo grado, sicché la notifica del presente ricorso è da considerarsi inammissibile in quanto effettuata nei confronti di soggetto che non è il legittimo contraddittore”.

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