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Massima: “Per la teoria del doppio binario, il giudice tributario non può acriticamente recepire le conclusioni alle quali è arrivato il giudice penale: ciò non vuol dire però che in ogni caso non debba valutare il materiale probatorio acquisito agli atti ed il contenuto della sentenza penale, che costituisce un elemento di prova da rapportare alle ulteriori risultanze istruttorie. Nella fattispecie, una Società riceveva avvisi di accertamento per tre annualità, con recupero a tassazione ai fini delle imposte dirette e dell'IVA. La contestazione riguardava la contabilizzazione di fatture considerate oggettivamente inesistenti, emesse da un'impresa ritenuta una mera cartiera dall'Ufficio. Nel corso del giudizio era stata considerata irrilevante la sentenza di assoluzione penale nel parallelo processo avente ad oggetto gli stessi fatti di causa, riguardando un altro giudizio diverso da quello tributario. Sebbene sul punto non esista alcuna efficacia vincolante del giudicato penale per il giudizio tributario, in ogni caso il giudice è tenuto nell'esercizio dei propri poteri ad una valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti. Deve pertanto procedere ad un apprezzamento anche del contenuto della decisione penale, ponendola a confronto con altri elementi di prova acquisiti”.

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Estratto: “in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ai sensi dell’art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000, la nullità consegue alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto nonché al mancato obbligo di (almeno) valutare le osservazioni del contribuente”.

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Estratto: “non ha errato il giudice regionale nel valorizzare tale tipo di documentazione (ndr elenchi delle società affidabili per il destinatario del prodotto finale), nell'autonomo esercizio del suo potere di valutazione della massa di elementi di prova a sua disposizione. D'altronde costituisce principio reiterato quello secondo cui la scelta degli elementi probatori e la valutazione di essi rientrano nella sfera di discrezionalità del giudice di merito, il quale non è tenuto a confutare dettagliatamente le singole argomentazioni svolte dalle parti su ciascuna delle risultanze probatorie, dovendo solo fornire un'esauriente e convincente motivazione sulla base degli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti. In conclusione la sentenza è esente da critiche perchè non si rileva l'insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia”.

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Estratto: “il giudice di appello non si è attenuto ai suddetti principi, in quanto, con riferimento alle imposte dirette e all’Irap, non ha verificato se il contribuente avesse assolto all’onere di provare che i componenti positivi, in quanto correlati a componenti negativi ritenuti fittizi, fossero anch’essi fittizi, affinché detti componenti positivi andassero esclusi dalla base imponibile, fatta salva l’applicazione di una sanzione amministrativa”.

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Estratto: “L'omessa riproduzione dell'avviso di accertamento non consente, pertanto, di verificare la fondatezza dell'assunto dell'Agenzia in ordine alla avvenuta riproduzione degli elementi essenziali degli atti non allegati all'accertamento, postulata dall'Agenzia ed invece espressamente negata dalla CTR. Il ricorso principale va dichiarato inammissibile con assorbimento dell'esame del ricorso incidentale”.

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Massima: “L'art. 20 del d.P.R. 131/1986 è una disposizione interpretativa e non una regola antielusiva che impone una qualificazione oggettiva degli atti portati a registrazione secondo la causa concreta dell'operazione negoziale complessiva, a prescindere dall'eventuale intento elusivo delle parti”.

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Massima: “Il reato ex art. 10, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, prevede un dolo specifico di evasione propria o di terzi e un evento costitutivo, rappresentato dalla sopravvenuta impossibilità di ricostruire, mediante i documenti, i redditi o il volume degli affari. Si tratta di un reato a condotta vincolata commissiva con un evento di danno, rappresentato dalla perdita della funzione descrittiva della documentazione contabile. Ne consegue che la condotta del reato de quo non può sostanziarsi in un mero comportamento omissivo - il non avere tenuto le scritture in modo che sia stato obbiettivamente più difficoltosa la ricostruzione della situazione contabile - ma richiede, per l'integrazione della fattispecie penale, un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell'occultamento ovvero nella distruzione di tali scritture”.

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Massima: "E' detraibile l'imposta assolta sulle spese di ristrutturazione dell'immobile in cui si svolge l'attività d'impresa, anche se lo stesso non appartiene al contribuente. In linea generale il diritto alla detrazione spetta con riguardo a beni che sono all'attività d'impresa strumentali. Quest'ultimo requisito viene meno soltanto quando l'attività economica anche potenziale cui avrebbe dovuto accedere non sia stata intrapresa per circostanze non estranee al contribuente. Nel caso di specie il giudice di merito doveva verificare, con un accertamento di fatto, l'esistenza o meno della natura strumentale dell'immobile rispetto all'attività economica in concreto svolta o che avrebbe potuto svolgere dal contribuente, tralasciando il fatto che in concreto vi fosse in corso la ristrutturazione per l'immobile in cat. A/2 abitativa".

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Massima: “La cartella di pagamento deve contenere indicazioni sufficienti a consentire ai contribuente l'agevole identificazione delle somme pretese dall'Amministrazione Finanziaria, ai sensi dell'art. 7 dello statuto del contribuente. Nel caso in questione l'atto impugnato ha riprodotto l'imposta tributaria originariamente rettificata, omettendo di considerare le vicende successive all'originario avviso di accertamento, quale quella relativa alle somme versate a titolo di condono dai coeredi”.

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Massima: “Il chiamato all'eredità non risponde dei debiti tributari del de cuius, anche se l'atto impositivo sia notificato dopo l'apertura della successione e sia divenuto definitivo prima della rinuncia alla successione, validamente esercitata dagli eredi”.

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