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Estratto:per questa Corte il ricorso alle nozioni di "comune esperienza" (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo di cui all'art. 112 c.p.c. ed al principio di disponibilità delle prove di cui all'art. 115 c.p.c., in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati né controllati, va inteso in senso rigoroso, e quindi come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile”. Non si possono, dunque, reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, né quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio, neppure quando derivi al giudice medesimo dalla pregressa trattazione di analoghe controversie”.

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Estratto: “In caso (...) di mancata produzione dell'avviso di ricevimento ed in assenza di attività difensiva dell'intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificaz.ione ex art. 291 c.p.c. “.

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Estratto: “secondo la giurisprudenza di questa Corte, «nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno va coordinato con l'onere di autosufficienza del ricorso; pertanto, la parte ricorrente che deduca l'esistenza del giudicato deve, a pena d'inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest'ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione”.

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Estratto: “Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza”.

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Estratto: “quando il giudice abbia ritenuto inammissibile il gravame o un singolo motivo di esso, così spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, e poi abbia proceduto comunque al suo esame, il motivo di impugnazione della sentenza che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam, è inammissibile per difetto di interesse”.

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Estratto: “Il motivo è inammissibile, risolvendosi in una critica alla valutazione del materiale probatorio effettuata dal giudice di appello e non già nella censura in ordine all'applicazione della regola dell'onere probatorio o del valore probatorio degli elementi di prova valorizzati”.

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Estratto: “secondo l'orientamento già espresso da questa Corte, nell'ipotesi di "doppia conforme" prevista dal quinto comma dell'art. 348-ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all'art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse”.

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Estratto: “le previsioni di inammissibilità, proprio per il loro rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioè l'operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo è davvero giustificato; ciò anche tenendo presente l'insegnamento fornito dalla Corte Costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della «tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità”.

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Estratto: “l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza resa in appello, che ha confermato l'annullamento di un atto di recupero concernente un credito IVA della XXX s.r.l. maturato negli anni 2000 e 2001, senza esporre neppure sommariamente il contenuto del detto provvedimento e soffermandosi diffusamente, invece, sulle motivazioni rese da altra sentenza della commissione tributaria regionale”.

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Estratto: “il motivo è inammissibile, in quanto la censura investe non già l'omesso esame di un fatto - di cui, peraltro, non vi è evidenza che sia stata dedotto e sia stato oggetto di discussione tra le parti -, quanto l'attività di valutazione degli elementi indiziari compiuta dal giudice e di inferenza probatoria di tali elementi rispetto ai fatti da provare”.

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