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Inammissibile il ricorso per cassazione dell’Agenzia se, piuttosto che l’omesso esame di un fatto, investe la valutazione degli elementi indiziari compiuti dal giudice

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Estratto: “il motivo è inammissibile, in quanto la censura investe non già l'omesso esame di un fatto - di cui, peraltro, non vi è evidenza che sia stata dedotto e sia stato oggetto di discussione tra le parti -, quanto l'attività di valutazione degli elementi indiziari compiuta dal giudice e di inferenza probatoria di tali elementi rispetto ai fatti da provare”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 13379 del 17 maggio 2019

RILEVATO CHE:

- l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale della Liguria, depositata il 28 luglio 2014, che, in accoglimento dei - riuniti - appelli proposti dalla CG s.p.a. e dal CA s.r.I., ha annullato gli avvisi di rettifica degli accertamenti emessi per infedele dichiarazione doganale in ordine al valore delle merci importate dall'Egitto dalla prima società per il tramite della seconda, quale spedizioniere doganale;

- il giudice di appello ha accolto i gravami interposti in ragione della ritenuta corrispondenza del valore dichiarato con il corrispettivo pattuito con il fornitore estero e a questi versato, ritenendo inattendibili le emergenze risultanti dalle fatture emesse dall'esportatore, trasmesse dall'Autorità doganale egiziana attestanti un più elevato valore delle transazioni, avuto riguardo, in particolare, all'interesse di questi ad indicare dati erronei per eccesso al fine di usufruire di incentivi alle esportazioni riconosciute dal paese di appartenenza, nonché dal carattere antieconomico che le operazioni avrebbero presentato laddove concluse al prezzo indicato in tali fatture;

- il ricorso è affidato a tre motivi;

- resiste con controricorso la CG s.p.a.;

- non spiega, invece, alcuna attività difensiva la CA s.r.l.;

- la CG s.p.a. deposita memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c.;

CONSIDERATO CHE:

- con il primo motivo di ricorso l'agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 29, 30 e 31, Regolamento CEE n. 2913/1992, per aver la sentenza impugnata ritenuto inattendibile il valore di transazione indicato nella fattura relativa all'operazione in oggetto trasmessa all'Ufficio dall'autorità doganale egiziana a seguito dell'attivazione della procedura di cooperazione amministrativa;

- il motivo è inammissibile;

- come già rilevato, la Commissione regionale ha escluso l'infedeltà della dichiarazione doganale in oggetto nonostante che la fattura relativa all'operazione emessa dall'esportatore e trasmessa all'Ufficio dalle autorità doganali egiziane nell'ambito della procedura di cooperazione amministrativa indicasse un valore della transazione maggiore;

- sul punto, ha ritenuto non veritiero il valore ivi riportato in considerazione, da un lato, della corrispondenza del valore dichiarato con quello riportato nelle lettere di conferma dell'ordine sottoscritto dal fornitore egiziano e nelle fatture ricevute dalla società importatrice e con l'importo dei bonifici da questa effettuati e, dall'altro, dell'esistenza di un regime di incentivazione all'esportazione vigente, per i prodotti in rilievo, nel paese di esportazione, tale da generare nell'esportatore l'interesse ad indicare valori delle merci più elevati;

- ha, inoltre, aggiunto che l'inattendibilità del valore risultante dalla fattura acquisita dall'Ufficio si desumeva anche dal fatto che, assumendo, per ipotesi, come veritiero tale valore, l'operazione presenterebbe carattere di antieconomicità, in ragione del conseguente margine di ricarico minimo;

- orbene, con il motivo formulato la ricorrente contesta, nella sostanza, l'accertamento fattuale operato dal giudice di appello in ordine al valore di transazione, ossia al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci, allegando il mancato riconoscimento della valenza probatoria decisiva del documento trasmessole dalle autorità doganali del paese di esportazione;

- tuttavia, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l'accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell'operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass., ord., 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);

- l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, infatti, esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nella nuova formulazione risultante dalla modifica apportata dall'art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. nella I. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis;

- sotto altro aspetto, può evidenziarsi che la documentazione acquista a seguito del ricorso alla procedura di cooperazione amministrativa, pur potendo essere poste alla base della rettifica della dichiarazione doganale nel senso di non riconoscere l'esenzione daziaria o il trattamento daziario preferenziale e pur assumendo valore nel conseguente giudizio tributario, può essere contestate dal contribuente, a cui spetta l'onere di dimostrare la non veridicità del loro contenuto con l'offerta di elementi di prova, a sostegno della sua allegazione, idonei ad inficiare il valore probatorio proprio di tale documentazione;

- con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di artt. 116 c.p.c. e 2727 e 2729 c.c., per aver la sentenza impugnata ritenuto fedele la dichiarazione doganale senza compiere una autonoma valutazione in merito alla condotta dell'importatore e dal materiale probatorio acquisito;

- il motivo è inammissibile, risolvendosi anch'esso in una critica alla valutazione del materiale probatorio effettuata dal giudice di appello;

- con l'ultimo motivo di ricorso l'Agenzia si duole dell'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui ha attribuito rilevanza, quale elemento presuntivo della falsità delle fatture emesse dall'esportatore egiziano, all'esistenza di incentivi all'esportazione, evidenziando che dalla documentazione acquisita giudizio emergerebbe l'inapplicabilità di tali incentivi alle esportazioni in oggetto ratione temporis;

- il motivo è inammissibile, in quanto la censura investe non già l'omesso esame di un fatto - di cui, peraltro, non vi è evidenza che sia stata dedotto e sia stato oggetto di discussione tra le parti -, quanto l'attività di valutazione degli elementi indiziari compiuta dal giudice e di inferenza probatoria di tali elementi rispetto ai fatti da provare;

- pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;

- le spese processuali seguono, quanto al ricorso proposto nei confronti della CG s.p.a., il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo, mentre nulla va disposto quanto al regime delle spese in relazione al ricorso proposto nei confronti della CA s.r.l., in assenza dello svolgimento di attività difensiva da parte di quest'ultima.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione in favore della CG s.p.a. delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 5.000,00, oltre rimborso spese forfettario nella misura del 15% e accessori. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 14 marzo 2019.

 

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