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Impugnabile il diniego di disapplicazione di norme antielusive. Respinto il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate, già sconfitta nei gradi di merito. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “il contribuente ha la facoltà, non l'onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma provvedimento con cui l'Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 24704 del 3 ottobre 2019

Rilevato che:

1. I. Srl, in data 11/05/2011, presentò istanza d'interpello ex art. 37-bis, comma 8, del d.P.R. n. 600/1973, per la disapplicazione della disciplina delle società non operative, ex art. 30, comma 4-bis, della legge 23/12/1994, n. 724, con riferimento all'anno d'imposta 2010; con provvedimento del 7/10/2011, la Direzione Regionale della Lombardia rigettò l'istanza, per difetto di prova delle ragioni poste a fondamento della stessa;

2. la società impugnò l'atto di diniego innanzi alla CTP di Milano che, con sentenza n. 239/01/13, accolse il ricorso e annullò il provvedimento impugnato; 3. tale pronuncia è stata appellata dall'Agenzia e la CTR lombarda, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il gravame, confermando la sentenza di primo grado;

3.1. in particolare, la CTR ha qualificato l'atto di diniego come un atto definitivo, avente immediata rilevanza esterna, riconducibile ad un diniego d'agevolazione e, come tale, suscettibile d'impugnazione dinanzi al giudice tributario, ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. h), del d.lgs. n. 546/1992; la CTR ha poi esaminato il merito della controversia e ha ritenuto che la contribuente avesse dettagliatamente indicato i motivi che avevano reso impossibile il raggiungimento del reddito presunto e che, invece, l'Ufficio non avesse fornito la prova contraria;

4. l'Agenzia ricorre per la cassazione di questa sentenza, sulla base di due motivi; la società è rimasta intimata;

Considerato che:

1. con il primo motivo del ricorso, denunciando, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 19, del d.lgs. n. 546/1992, 100, cod. proc. civ., l'Agenzia censura la decisione impugnata per avere ritenuto che il diniego di disapplicazione delle norme antielusive fosse un atto autonomamente impugnabile, assimilabile ad un diniego di agevolazione, trattandosi, in realtà, di un mero parere, privo di una "compiuta e definita pretesa tributaria", come affermato dalla giurisprudenza costituzionale, di legittimità e di merito;

2. con il secondo motivo, denunciando, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 100, cod. proc. civ., l'Agenzia censura la decisione impugnata per avere ritenuto che il diniego di disapplicazione delle norme antielusive rientrasse tra gli atti tipici previsti dal citato art. 19 e che, quindi, fosse onere del contribuente impugnarlo, per evitare la cristallizzazione della pretesa tributaria;

2.1. i due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondati; è orientamento consolidato di questa Corte che: «In tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un'interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge 28 dicembre 2001, n. 448. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l'onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma provvedimento con cui l'Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario (Cass. n. 17010/12, secondo Cass. n. 8663/11, il diniego disapplicativo è un atto definitivo in sede amministrativa e recettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un'ipotesi di diniego di agevolazione). Tale principio regolatore (isolatamente disatteso da Cass. n. 5843/2012) si è consolidato nel diritto vivente (es. Cass. n. 20394/12, 335/14, 25281/15, 6200/15 e da ultimo, v. Cass. ord. n. 19962/17) sino ad essere stato ripreso anche in altri contesti fiscali (vedi, in motivazione, sez. un. nn. 7665/16, 19704/15, 12760/15, 649/15, 13451/14; cfr. ex plurimis: Cass. nn. 11397/17, 5723/16, n. 2616/15, 11922/14, 25916/13).» (Cass. 6/10/2017, n. 23469); in questa vicenda tributaria, in coerenza con i princìpi giuridici appena esposti, ai quali il Collegio intende dare continuità, è chiaro che la società contribuente aveva un interesse qualificato (ai sensi dell'art. 100 cod. proc. civ.) ad impugnare, in sede giudiziaria, il diniego di disapplicazione di norme antielusive, quale atto non meramente consultivo e, anzi, potenzialmente lesivo della sua sfera giuridica; e questo perché - in un'ottica più generale - la risposta negativa del Direttore Regionale delle Entrate - a prescindere dalle ragioni addotte - è diretta a incidere sulla condotta del soggetto istante, in ordine alla dichiarazione dei redditi, in relazione alla quale l'istanza è stata inoltrata; in rapporto allo specifico contenuto delle doglianze dell'Agenzia, pur dovendosi emendare, sotto tale profilo, la motivazione della CTR - che ha erroneamente sussunto il diniego disapplicativo entro le tipologie di atti elencate dall'art. 19 cit. - è dato rilevare che, comunque, il dispositivo della sentenza è conforme a diritto, in quanto si è individuata la corretta soluzione giuridica, con il riconoscimento dell'interesse della contribuente a impugnare l'atto di diniego e, conseguentemente, dell'ammissibilità del ricorso introduttivo; 3. ne discende il rigetto del ricorso; 4. nulla si dispone sulle spese del giudizio di legittimità, al quale la contribuente non ha partecipato; 5. atteso che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778);

PQM

la Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019

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