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L'UFFICIO PRETENDEVA APPLICARE UNA PREVISIONE DI DECADENZA ABROGATA. APPELLO ILLEGITTIMO E INFONDATO: IL CONTRIBUENTE AVEVA BEN RISPETTATO IL PRINCIPIO DI COMPETENZA DI CUI ALL'ART. 165 DEL TUIR

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Estratto: “il contribuente, in qualità di dipendente della società E. S., ha svolto la propria attività lavorativa all'estero, nell'annualità 2009, presso la consociata estera in Algeria. Nonostante il periodo di lavoro svolto interamente all'estero, il contribuente, in base a quanto previsto dall'art. 2 del TUIR, si è comunque qualificato come fiscalmente residente in Italia, avendo lì mantenuto il centro degli interessi vitali (ovvero la famiglia) per la maggior parte dei predetti periodi d'imposta. Pertanto, in virtù della predetta normativa interna e della normativa del paese estero, il contribuente ha subito una doppia imposizione: il medesimo reddito è stato, infatti, assoggettato ad imposizione in Italia ai sensi dell'articolo 51, comma 8-bis del TUIR (Stato di residenza fiscale del contribuente), ma anche in Algeria (Stato fonte in cui il reddito è stato prodotto)”.

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Sentenza del 28/11/2019 n. 4801 - Comm. Trib. Reg. per la Lombardia Sezione/Collegio 19

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L'Agenzia delle Entrate, Direzione Prov.le I di Milano, come in atti rappresentata e difesa, propone appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di MILANO n. 4898/23/18, pronunciata in data 14.05.2018 e depositata in data 8.11.2018, con cui è stato accolto il ricorso proposto dal contribuente B. F. (da ora in poi, il contribuente) - avente ad oggetto l'impugnativa della cartella di pagamento n. XXXXXXXXXX nonché il ruolo sottostante relativi alla dichiarazione dei redditi per il periodo di imposta 2012 - , con condanna dell'Ufficio alle spese.

2. Dagli atti è emerso quanto segue.

Con la cartella di pagamento n. XXXXXXXXXX, scaturita dal controllo formale ex art. 36-ter del D.P.R.n.600/1973 effettuato sul MOD.730/2013, presentato per il periodo di imposta 2012, l'Ufficio provvedeva all'iscrizione a ruolo nei confronti del Sig. B. F. dell'importo complessivo di euro 9.621,61 a titolo di omesso versamento IRPEF. In particolare, in seguito al predetto controllo, l'Ufficio disconosceva l'importo di euro 6.642,00 quale credito di imposta per i redditi prodotti all'estero. Il contribuente è un dipendente della società E. S.. Nel corso del 2009 egli ha lavorato in Algeria, distaccato presso la E. Algeria B.. A seguito di controllo formale ai sensi dell'articolo 36 ter DPR 600/73, l'Amministrazione ha disconosciuto il credito per le imposte assolte all'estero sulla base di una ritenuta mancanza di documentazione circa la definitività delle stesse.

Il contribuente ha presentato istanza di annullamento in autotutela e l'Ufficio, pur riconoscendo la piena spettanza del credito nonché la definitività delle imposte assolte all'estero sulla base della documentazione prodotta, ha confermato la rettifica operata affermando la non corretta imputazione temporale del credito d'imposta In particolare "l'ufficio non può considerare correttamente imputato all'anno 2012 il credito dichiarato di euro 6.642,00 relativo redditi conseguiti in Algeria nel 2009 e documentato da certificazione dei redditi e delle ritenute essere rilasciate dalla società E. A. in data non precisata, per cui si ritiene che le imposte estere si siano rese· definitive nel 2009, al momento del versamento delle stesse".

Ricorrendo davanti alla CTP, il contribuente lamentava di aver subito una duplice imposizione sui medesimi redditi percepiti in relazione al lavoro svolto per il gruppo E in Algeria. L'articolo 165 TUIR consente l'eliminazione della duplice imposizione riconoscendo al contribuente la detrazione, dall'imposta netta dovuta in Italia, delle imposte pagate all'estero a titolo definitivo.

Legittimamente il contribuente ha compilato il rigo G4 modello I e ha richiesto di essere ristorato per le imposte estere pagate in Algeria per i redditi colà prodotti nel 2009. Erroneamente l'Amministrazione ritiene scorrettamente imputato all'anno 2012 il credito relativo reddito conseguito nel 2009. Lo sfasamento temporale è dovuto alla differenza tra l'anno in cui l'imposta è stata corrisposta e quello in cui è divenuta definitiva. Il ricorrente non ha utilizzato la detrazione del credito spettante per ridurre l'imposta dovuta sui redditi 2012. In ogni caso, mancano norme che pongano limiti temporali all'utilizzo del credito. La suddetta situazione determina la violazione dei principi di uguaglianza e capacità contributiva riconosciuti dalla Costituzione e l'attività di controllo contrasta con l'articolo 36 ter predetto.

L'Ufficio, nel costituirsi, contro-deduceva che: a) mancava la prova della definitività delle imposte assolte all'estero; b) non risultava corretta l'imputazione temporale del credito d'imposta. Il credito spettante deve essere richiesto in detrazione nella prima dichiarazione utile rispetto al momento in cui diviene definitiva l'imposizione. In altri termini il termine ultimo di decadenza per far valere il diritto alla detrazione è quello riferito al periodo di imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero.

3. La CTP, con l'impugnata sentenza, ha ritenuto fondato il ricorso del contribuente. In particolare, la CTP, quanto alla presunta mancata prova del tempo della definitività delle imposte assolte all'estero, ha rilevato che il contribuente aveva fornito: a) il prospetto di calcolo e di determinazione del credito d'imposta sulla base dei redditi prodotti all'estero nell'anno 2009 e delle imposte versate in Italia in Algeria; b) il modello CUD 2010 riferito ai redditi dell'anno precedente rilasciato dal sostituto imposta italiano e datore di lavoro E. S. dal quale risulta il reddito imponibile e le imposte versate in Italia; c) la certificazione rilasciata dalla consociata E. A. B. quale sostituto d'imposta estero in relazione ai compensi erogati al ricorrente per l'attività lavorativa svolta in Algeria nel 2009.

Detta documentazione, per la CTP, prova la spettanza del credito quanto alle imposte assolte aIl'estero.

Quanto alla definitività e irripetibilità delle imposte sorte all'estero, la circolare 9/E del 5 marzo 2015 ha introdotto una presunzione in questo senso.

Quanto, poi, alla imputazione temporale del credito d'imposta, ancora a ragione il contribuente, osserva la CTP, rappresenta che la disciplina del Tuir non prevede detto requisito temporale.

In particolare il previgente articolo 15 Tuir prevedeva un termine di decadenza che, con la caducazione di questa norma, non vige più.

Sulla scorta di tali motivazioni, pertanto, il ricorso è stato ritenuto fondato e, pertanto, meritevole di accoglimento.

4. Con l'atto di appello, l'Ufficio ha proposto impugnazione telematica in data 7.05.2019 avverso la predetta sentenza della CTP, deducendo quanto segue:

1) illegittimità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 165 del d.p.r. n. 917/1986 (in sintesi, si sostiene che l'Ufficio, nel caso di specie, non ha riconosciuto la spettanza del credito estero in quanto non è stata fornita la prova del periodo di imposta nel quale si è resa definitiva l'imposta pagata all'estero. Il contribuente, del resto, non ha prodotto la documentazione probatoria attestante incontrovertibilmente tale circostanza. L'Ufficio non ha potuto considerare correttamente imputato il credito in questione al periodo di imposta 2012 atteso che tale credito si riferisce al reddito percepito dal contribuente in Algeria nel periodo di imposta 2009, documentato da certificazione dei redditi e delle ritenute estere rilasciata dalla società E A B in data non precisata. L'Ufficio, quindi, ha ritenuto che le imposte estere si siano rese definitive nel 2009 (al momento del versamento delle stesse) e che il corrispondente credito di imposta doveva essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa a tale periodo di imposta. Cosa che, tuttavia, non è avvenuta. A tal proposito, ricorda l'Ufficio come il meccanismo di funzionamento del riconoscimento (o disconoscimento) del credito relativo alle imposte pagate all'estero sia legato alla prova del pagamento delle imposte nonché alla definitività del credito stesso.

L'art.165 del D.P.R. n. 917/1986, infatti, stabilisce che "se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo". È evidente, quindi, che condizione necessaria per la detrazione delle imposte pagate all'estero è che queste siano definitive, vale a dire siano irripetibili. Le istruzioni alla compilazione del MOD.730 stabiliscono che si considerano pagate a titolo definitivo le imposte divenute irripetibili.

Pertanto, non vanno indicate, ad esempio, le imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista la possibilità di rimborso totale o parziale. Si richiama, a sostegno una sentenza della CTP di Milano (Commissione Tributaria Provinciale di Milano - Sez.11, sentenza n. 3540 del 19/05/2017). E' quindi necessario, al fine del riconoscimento del credito di imposta, che quanto pagato all'estero sia considerato versato definitivamente allo Stato estero, vale a dire che il pagamento non sia avvenuto a titolo di acconto o in via provvisoria, e che il contribuente sia in grado di produrre all'Amministrazione finanziaria italiana, in caso di controllo, documentazione idonea a comprovare la liquidazione e il pagamento delle imposte all'estero (si richiamano nell'atto di appello Circolare n. 3 del 08/02/1980 e Risoluzione n. 134 del 25/09/2001). Anche la Risoluzione n. 147 del 28/06/2007 ha ribadito che la definitività dell'imposta pagata all'estero viene a coincidere con la sua "irrepetibilità", ossia con la circostanza che essa non sia più suscettibile di modificazione a favore del contribuente. In secondo luogo, poi, l'Ufficio evidenzia come l'art. 165, comma 4, del D.P.R. n.917/1986, stabilisca che "La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero al quale si riferisce l'imposta di cui allo stesso comma 1, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Nel caso in cui il pagamento a titolo definitivo avvenga successivamente si applica quanto previsto dal comma 7". Quindi, così come precisato nella Circolare n.9/E del 05/03/2015, nel caso in cui il suddetto pagamento si verifichi successivamente alla presentazione della dichiarazione relativa al periodo in cui il reddito estero ha concorso a formare l'imponibile in Italia, occorrerà procedere, ai sensi del comma 7 dell'articolo 165 del TUIR, a una nuova liquidazione dell'imposta dovuta per tale periodo. In tal caso, il credito spettante dovrà essere richiesto in detrazione nella prima dichiarazione utile rispetto al momento in cui si renderà definitiva l'imposizione all'estero. In pratica, secondo l'Ufficio, con tale formulazione il Legislatore ha introdotto un principio di competenza nell'utilizzo del credito spettante al soggetto italiano, prevedendo che la condizione di definitività dell'imposta è realizzata anche seil pagamento a titolo definitivo interviene prima della presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia. Pertanto, potranno essere detratte dall'imposta italiana anche le imposte estere pagate in acconto all'estero a condizione che il loro saldo definitivo intervenga in un periodo temporale antecedente la presentazione della dichiarazione fiscale in Italia. Il riferimento fatto dal Legislatore al periodo d'imposta al quale appartiene il reddito prodotto all'estero deve essere inteso nel senso che il pagamento intervenuto a titolo definitivo entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi obbliga il contribuente, pena la decadenza del diritto, a richiedere con tale dichiarazione l'utilizzo del credito de quo (si cita, a sostegno, dottrina sull'argomento).

Nel caso in cui le imposte estere diventano definitive in epoca successiva al termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione fiscale, il contribuente non deve seguire i criteri di detrazione contenuti nel comma 4. In tal caso, il contribuente è obbligato, ai sensi di quanto previsto nel comma 7 dell'art 165 del TUIR, ad effettuare una nuova liquidazione e la detrazione del credito così calcolato dovrà essere effettuata dall'imposta dovuta per il periodo d'imposta (periodo successivo a quello già definito) cui si riferisce la dichiarazione nella quale è stata richiesta. Si cita a sostegno una recente decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Milano che, con la sentenza n. 492/14/18 depositata il 05/02/2018, ha precisato che "Dalla lettura del c.4 art. 165 TUIR appare chiaro che le detrazioni per imposte pagate all'estero possono essere operate sugli stessi redditi conseguiti e dichiarati nell'anno d'imposta al quale fanno riferimento. Pur se non sono stati portati in detrazione dalle imposte sul reddito al quale fanno riferimento, non possono essere portate a piacimento negli anni successivi".Dello stesso tenore sono le sentenze, sempre della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, nn. 368/14/18, 369/14/18 (depositate il 30/01/2018) e n. 493/14/18 (depositata il 05/02/2018).

2) sulla violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione, l'Ufficio rileva come nel corso del giudizio di primo grado l'appellato aveva lamentato la violazione delle predette disposizioni in materia di eguaglianza e capacità contributiva (si tratterebbe di doglianze infondate; l'appellato afferma che il mancato riconoscimento di un credito d'imposta, con conseguente doppia imposizione, leda il principio di capacità contributiva, generando un pregiudizio economico per il contribuente.

A tal proposito, l'Ufficio rileva che l'art. 165 del TUIR è legge dello Stato (art. 23 Cost.) che è prevista proprio in funzione del suo ruolo di garanzia dei principi di uguaglianza e capacità contributiva. Il fatto che ne disciplini la fruizione non è affatto in contrasto con il dettato costituzionale, dovendosi svolgere un bilanciamento con gli altri interessi costituzionali per cui il reperimento di risorse erariale risulta funzionale, nonché (in chiave programmatica) per la redazione dei Bilanci dello Stato. La giurisprudenza riportata dall'appellato sul punto sarebbe assolutamente inconferente, nonché contraddittoria con la fattispecie in esame. Innanzitutto la pronuncia del Collegio fa riferimento al comma 6 dell'art. 165 del TUIR che non viene in alcun modo in rilievo nel caso di specie. In secondo luogo la qualificazione di "incostituzionalità" operata da un Collegio che non sia il Giudice Costituzionale non porta alcun riflesso sul piano normativo, sicché dell'eccezione svolta non potrà tenersi in alcun modo conto.

3) sulla violazione dell'art. 36-ter del dpr n. 600/1973, sollevata nel corso del giudizio di primo grado, l'Ufficio ritiene tale eccezione infondata (ed invero, si osserva, il comportamento tenuto dall'Agenzia delle Entrate - Ufficio Territoriale di Milano 4 nel corso di tutte le fasi di materiale espletamento del controllo formale condotto ai sensi dell'articolo in questione sul MOD.730/2013 si mostra esente da qualsiasi carenza e/o difetto e pienamente rispettoso della disciplina recata da tale norma.

L'Ufficio, infatti, in forza degli esiti di detto controllo formale ed, in modo particolare, della riscontrata carenza documentale, ha correttamente provveduto a disconoscere in capo al contribuente la fruibilità del credito d'imposta in contestazione.

In definitiva, quanto sopra premesso e considerato dimostrerebbe ampiamente la bontà e la correttezza dell'attività di controllo formale espletata dall'Ufficio ai sensi dell'art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e, per logica conseguenza, la piena fondatezza in punto di fatto e liceità in punto di diritto della impugnata cartella di pagamento).

L'appellante Ufficio conclude chiedendo che questa CTR riformi la sentenza impugnata, dichiarando la legittimità della cartella di pagamento n. 06 , con condanna alla refusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

5. Il contribuente si è costituito telematicamente in giudizio in data 17.06.2019 riservandosi la facoltà di produrre controdeduzioni nonché ulteriore documentazione.

In data 14.11.2019 la difesa del contribuente ha prodotto memoria illustrativa, deducendo in particolare quanto segue:

1) manifesta infondatezza dell'appello e piena spettanza del credito per le imposte assolte all'estero, ai sensi dell'art. 165 del TUIR (in sintesi, sostiene l'appellato che, nonostante la dettagliata ricostruzione compiuta dai primi Giudici e la puntuale motivazione con la quale hanno censurato l'operato dell'Ufficio, l'Amministrazione finanziaria insiste nell'individuare arbitrariamente una decadenza per l'utilizzo in detrazione del credito per le imposte assolte all'estero invero non prevista dalla normativa di riferimento; in sostanza, a parere dell' Amministrazione finanziaria, trattandosi di imposte versate (anche) all'estero in via definitiva, con riferimento all'annualità 2009, il corrispondente credito di imposta avrebbe dovuto essere indicato - a pena di decadenza - nelle dichiarazioni dei redditi relativa a tale periodo di imposta (i.e. nella dichiarazione relativa al 2009). La conclusione, in diritto, si traduce nella violazione dell'art. 165 TUIR; ed invero il B , in qualità di dipendente della società E S , ha svolto la propria attività lavorativa all'estero, nell'annualità 2009, presso la consociata estera in Algeria.

Nonostante il periodo di lavoro svolto interamente all'estero, il B , in base a quanto previsto dall'art. 2 del TUIR, si è comunque qualificato come fiscalmente residente in Italia, avendo lì mantenuto il centro degli interessi vitali (ovvero la famiglia) per la maggior parte dei predetti periodi d'imposta. Pertanto, in virtù della predetta normativa interna e della normativa del paese estero, il B ha subito una doppia imposizione: il medesimo reddito è stato, infatti, assoggettato ad imposizione in Italia ai sensi dell'articolo 51, comma 8-bis del TUIR (Stato di residenza fiscale del contribuente), ma anche in Algeria (Stato fonte in cui il reddito è stato prodotto). In considerazione di ciò, il B ha provveduto ad indicare nel Mod. 730/2013 il credito per le imposte pagate anche all'estero, al fine di eliminare la doppia imposizione subita, sulla base di quanto previsto dall'art. 165 del TUIR. Come noto, infatti, l'art. 165 TUIR consente l'eliminazione della duplice imposizione sul medesimo reddito da parte di due Stati, riconoscendo al contribuente la detrazione, dall'imposta netta dovuta in Italia, delle imposte pagate all'estero a titolo definitivo. Al fine di eliminare tale evidente violazione del principio della capacità contributiva (tutelato dall'art. 3 della Costituzione), per i soggetti che operano anche all'estero, la normativa sia italiana che convenzionale ha previsto il metodo del credito d'imposta, in base al quale l'imposta pagata all'estero dal contribuente residente è detraibile dall'imposta dovuta sul medesimo reddito nel paese di residenza. Legittimamente, pertanto, il B , compilando il Rigo G4 secondo le istruzioni e le specifiche tecniche approvate con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate. ha richiesto in sede di dichiarazione, ed in particolare con il Modello 730/2013 (già allegato 2 del ricorso di primo grado), il credito per le imposte estere pagate in Algeria per i redditi ivi prodotti nel 2009 ed assoggettati a tassazione anche in Italia. Orbene, in base alla normativa testé riportata, l'atto di appello dell'Ufficio risulterebbe privo di qualsivoglia fondamento in fatto e in diritto, essendo di contro del tutto legittimo e condivisibile quanto rilevato dalla CTP. In definitiva, l'appello dell'Ufficio risulterebbe (i) infondato poiché il B ha rispettato il principio di competenza previsto dall'art. 165 del TUIR ed (ii) illegittimo poiché l'Ufficio pretende di applicare una previsione di decadenza espressamente abrogata dal Legislatore, come pacificamente riconosciuto dai primi giudici ("Quanto poi alla imputazione temporale del credito d'imposta, ancora a ragione il ricorrente rappresenta che la disciplina del Tuir non prevede detto requisito temporale. In particolare il previgente articolo 15 Tuir prevedeva un termine di decadenza che, con la caducazione di questa norma, non vige più"). Non solo, tale argomentazione si pone persino in palese violazione del principio di capacità contributiva, costituzionalmente garantito e tutelato, laddove l'Ufficio non contesta la doppia imposizione subita dall'appellato né tantomeno la spettanza del credito d'imposta, ma semplicemente un presunto tardivo esercizio del diritto in dichiarazione);

2) rispetto del principio di competenza ex art. 165 del TUIR, comma 4 (ricorda l'appellato che l'Ufficio, ritenendo che le imposte estere si siano rese definitive nell'anno 2009, e che il corrispondente credito andava indicato - a pena di decadenza - nella dichiarazione dei redditi relativa alla stessa annualità, fornirebbe una lettura errata della normativa di riferimento. Quest'ultima prevede che il pagamento delle imposte estere debba avere il carattere della definitività, e poiché può accadere che si verifichi uno sfasamento temporale fra l'anno in cui l'imposta viene versata e l'anno in cui è divenuta definitiva, il contribuente può chiedere la detrazione di cui si tratta in una dichiarazione dei redditi successiva a quella relativa al periodo d'imposta di produzione del reddito o di pagamento dell'imposta estera. Orbene, le istruzioni per la compilazione del Modello 730/2013, nonché i software per la compilazione e l'invio telematico dei predetti modelli, messi a disposizione del contribuente dall'Agenzia delle Entrate, consentono la liquidazione del credito per le imposte assolte all'estero, sui redditi percepiti anche in periodi d'imposta antecedenti a quello cui si riferisce la dichiarazione nella quale è richiesto il predetto credito: ciò in ottemperanza a quanto statuito dai commi 4 e 7 dell'art. 165 TUIR, che dispongono che il credito sia calcolato con riferimento ai dati reddituali dell'anno di imposta in cui si è avuta la doppia tassazione sul medesimo redito (id est criterio di competenza) e non prevedono alcuna decadenza - a differenza della precedente formulazione - qualora il credito sia richiesto con una dichiarazione dei redditi relativa ad una annualità d'imposta diversa e successiva. Il rigo G4 del modello 730 è stato infatti concepito per consentire, nel rispetto del principio di autonomia dei periodi d'imposta e di competenza di oneri e spese, la liquidazione del credito d'imposta a fronte delle imposte estere anche quando l'imposta estera di cui si chiede la detrazione si riferisca a periodi d'imposta precedenti. In questi casi, infatti, l'ammontare del credito d'imposta spettante è determinato con riferimento al reddito complessivo e all'imposta lorda dell'anno di produzione del reddito e compete sino a concorrenza dell'imposta netta di quello stesso anno. In altri termini, il Rigo G4 del Modello 730 consente di riliquidare l'imposta netta dell'anno cui è riferibile il credito d'imposta secondo il principio di competenza. Perciò, nel caso di specie, si ribadisce, il B. ha legittimamente provveduto a riportare nel quadro G, sez. III, quadro G4, Mod. I, della dichiarazione Modello 730/2013, il credito per le imposte assolte all'estero nel 2009, calcolandolo sulla base delle risultanze reddituali dell'anno di riferimento (2009) e procedendo alla relativa riliquidazione prevista dalla normativa (specificatamente consentita dalla dichiarazione dei redditi nell'apposito Quadro G), indicando la detrazione al rigo 145 della sezione "Altri dati" del predetto Modello 730/2013 e quindi dopo la liquidazione del reddito dell'anno oggetto di dichiarazione, che rimane pertanto autonomamente determinato in ottemperanza del principio di autonomia dei periodi d'imposta);

3) illegittima previsione di un termine di decadenza (si aggiunge, poi, ulteriormente, che la motivazione addotta dall' Agenzia delle Entrate risulterebbe altresì illegittima poiché viola la ratio normativa, laddove individua uno sbarramento temporale all'utilizzo in detrazione del citato credito d'imposta, invero non più previsto dall'art. 165 del TUIR ed espressamente abrogato dal Legislatore, come peraltro pacificamente rilevato dai primi giudici. L'interpretazione dell'art. 165 fornita dall'Ufficio, quindi, risulta del tutto fuorviante e non trova più alcuna rispondenza nel dato normativo: l'Ufficio ignora la sostanziale modifica che ha interessato la normativa recante la disciplina del credito per le imposte assolte all'estero. La "decadenza" richiamata dall'Ufficio, infatti, è stata volutamente e specificatamente abrogata dal Legislatore con il passaggio dal vecchio al nuovo TUIR, laddove il citato art. 15 è stato trasfuso nell'art. 165 del TUIR, eliminando la previsione di decadenza originariamente codificata (id est art. 165, comma 4: "La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero al quale si riferisce l'imposta di cui allo stesso comma 1, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione"). Dal confronto tra le due disposizioni normative che si sono succedute, emerge chiaramente la mancanza (rectius: eliminazione) di uno sbarramento temporale all'esercizio del diritto alla detrazione: a) art. 15, abrogato: "La detrazione deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ( ... ). "; b) art. 165, vigente: "La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero (...). ". A tal riguardo, giova rilevare che laddove il Legislatore abbia voluto imporre dei limiti temporali all'esercizio di un diritto o di una facoltà (id est decadenza), lo ha espressamente previsto codificandolo (come accadeva, giustappunto, nel previgente art. 15)

 L'Ufficio, pertanto, avrebbe fatto malgoverno della normativa di riferimento, ponendo un limite temporale non previsto e già espressamente abrogato dal Legislatore. Invero, la mancanza di una specifica previsione - sia nel quadro normativo di riferimento sia nell'art. 165 TUIR - di una causa ostativa, ai fini temporali, per richiedere la detrazione o il rimborso come nel caso di specie, conferma che le imposte estere possano essere recuperate nell'ordinario termine prescrizionale decennale previsto dall'art. 2946 del codice civile. Si richiama, a tal fine, dottrina civilistica sull'istituto della decadenza, segnalando, poi, come le decisioni favorevoli richiamate dall'Ufficio siano state oggetto di impugnazione, concluse sfavorevolmente all'Amministrazione (il riferimento è: 1) alla sentenza n. 492/1412018, oggetto di integrale riforma da parte della CTR della Lombardia con sentenza n. 1501/20/2019, pronunciata l'8 marzo 2019 e depositata il 2 aprile 2019; 2) alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale n. 493/14/2018, integralmente riformata dalla CTR della Lombardia, Sez. 8, sentenza n. 1568 dell'8 aprile 2019; 3) alla sentenza n. 369/14/2018 della C.T.P di Milano, integralmente riformata dalla CTR della Lombardia. Sez. 2, sentenza n. 893 del 27 febbraio 2019). Si richiamano, infine, nelle controdeduzioni, ulteriori decisioni di merito, favorevoli alla tesi dell'appellata (cfr., le sentenze di cui agli allegati da 7 a 20).

4) ancora, la difesa dell'appellato evidenzia la contraddittorietà in termini di quanto ulteriormente eccepito dall'Ufficio nell'atto di appello (in sintesi, si osserva, come, da una parte, viene espressamente confermato che "le imposte estere si siano rese definitive nel 2009 (al momento del versamento) '', dall'altra l'Ufficio ribadisce come "è evidente, quindi, che condizione necessaria per la detrazione delle imposte pagate all'estero è che queste siano definitive, vale a dire irripetibili". Non si comprenderebbe, pertanto, come l'Ufficio possa al tempo stesso:

i) dapprima - ed in conformità a quanto sostenuto dal S - affermare che le imposte ad oggetto del contendere siano divenute definitive (già) nel 2009, al momento del versamento;

ii) successivamente, a distanza di poche righe, mettere in discussione la definitività delle medesime imposte e con ciò, di conseguenza, mettere in discussione la spettanza del credito. Peraltro, del tutto irrilevante, ai fini della presente controversia, risulta la pronuncia della CTP richiamata alla pag. 3 dell'atto di appello, ciò in quanto, nel caso di specie, trattasi non di ritenu-te versate "a titolo di acconto o in via provvisoria", ma di ritenute versate a titolo d'imposta in via definitiva, dal datore di lavoro. Ad ogni buon conto, pur nella contraddizione di quanto argomentato dall'Ufficio, ed al fine di dissipare ogni possibile incertezza, ricorda la difesa del contribuente che le ritenute alla fonte, corrisposte direttamente dal datore di lavoro all'Erario estero, si presumono definitive già al momento del versamento, come confermato espressamente anche dalla Circ. 9/E del 5 marzo 2015, pubblicata dalla Direzione Centrale Normativa con riferimento al citato art. 165: "le imposte estere devono considerarsi pagate a titolo definitivo nel periodo d'imposta in cui le stesse sono state versate al Fisco estero, a nulla rilevando il periodo d'imposta in cui il beneficiario del reddito estero è venuto in possesso della relativa certificazione". Circostanza, quest'ultima, ribadita anche dalla CTP con la pronuncia impugnata: "Quanto alla definitività e irripetibilità delle imposte sorte all'estero, la Circolare 9/E del 5 marzo 2015 ha introdotto una presunzione in questo senso"; si tratterebbe di circostanza, quest'ultima, confermata anche dalla costante giurisprudenza di merito, di cui nelle controdeduzioni si richiamano alcune decisioni, contenute negli allegati 21 e 22);

5) infine, si ribadisce l'eccezione di violazione e falsa applicazione dell'art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 (in sintesi, fermo restando quanto rilevato con riferimento alla piena spettanza del credito per le imposte assolte all'estero, rileva la difesa del contribuente come l'attività di controllo formale, disciplinata dall'art. 36-ter del D.P,R. n. 600/1973, dovrebbe invero essere "limitata" alla verifica della rispondenza tra i dati esposti in dichiarazione con quelli contenuti nelle dichiarazioni del sostituto d'imposta, nonché nella relativa documentazione di supporto. Al riguardo, del tutto illegittimo risulterebbe l'operato dell'Ufficio, che con il proprio atto d'appello avrebbe mutato - in sede contenziosa - la ripresa illo tempore effettuata nei confronti del B. con la comunicazione di irregolarità da cui è poi originata la cartella di pagamento. infatti, a seguito dell'istanzia di autotutela presentata dall'odierno appellato una volta ricevuta la notifica della comunicazione di irregolarità, l'Ufficio ha replicato come segue: l'Ufficio non può considerare correttamente imputato all'anno 2012 il credito dichiarato di euro 6.642,00 relativo a redditi conseguiti in Algeria nel 2009, documentato da certificazione dei redditi e delle ritenute estere rilasciata dalla società E A ( .. ) per cui si ritiene che le imposte estere si siano rese definitive nel 2009, al momento del versamento delle stesse ". Da quanto sopra, emergerebbe chiaramente che nulla è stato eccepito in punto di assolvimento dell'onere documentale, essendo la contestazione "limitata" alla non corretta imputazione temporale del credito. Ciononostante, nell'atto di appello, l'Ufficio affermerebbe - in modo non veritiero - che il comportamento tenuto sarebbe pienamente rispettoso del dettato normativo di cui all'art. 36-ter in quanto "l'Ufficio, infatti, in forza degli esiti di detto controllo formale e, in modo particolare, della riscontrata carenza documentale, ha correttamente provveduto a disconoscere in capo ai contribuenti la fruibilità del credito in contestazione". Evidente, dunque, sarebbe la discrasia tra la realtà fattuale e quanto argomentato dall'Ufficio: l'intera ripresa operata si fonda sulla (presunta) non corretta imputazione temporale, e non sulla carenza di documentazione a supporto della spettanza del credito (che avrebbe sì rispettato i limiti previsti per gli accertamenti ex art. 36-ter). L'Ufficio - travalicando i poteri conferiti dalla citata norma - avrebbe quindi svolto una valutazione, nel merito, circa la spettanza del credito, andando "ben oltre" rispetto al mero controllo documentale delle risultanze riportare in dichiarazione, avendo invero effettuato una vera e propria valutazione di merito e di rispondenza al dettato normativa. Evidente, dunque, come l'Ufficio abbia effettuato delle valutazioni ben ulteriori rispetto alla verifica della rispondenza tra i dati esposti in dichiarazione con quelli contenuti nelle dichiarazioni del sostituto d'imposta nonché nella relativa documentazione di supporto (la cui carenza, lo si ribadisce, non è mai stata prima eccepita). La valutazione sulla competenza temporale e sull'esposizione del credito in un Modello Unico relativo ad un'annualità successiva, comporta di tutta evidenza una valutazione di "merito", preclusa in seno all'attività di controllo formale ex art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973. Conclusivamente, l'appellato contribuente chiede il rigetto dell'appello dell'Ufficio, con conferma della sentenza impugnata; con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio.

6. In data 21.06.2019, l'appellato ha depositato istanza di discussione in pubblica udienza.

7. All'odierna udienza pubblica, svolta l'illustrazione da parte del giudice relatore, sentite le parti presenti come da verbale, la causa è stata posta in decisione.

                                            MOTIVI DELLA DECISIONE

8. L'appello dell'Ufficio è infondato.

9. Il meccanismo del credito per le imposte pagate all'estero (art. 165 del TUIR) consente di detrarre dall'imposta italiana, in tutto o in parte, l'imposta che i residenti italiani hanno assolto all'estero, al fine di evitare la doppia imposizione sul medesimo reddito. Il credito è scomputato in via prioritaria dall'imposta netta, prima di eventuali versamenti in acconto e di ritenute alla fonte a titolo di acconto (art. 22 co. 1 del TUIR). Possono beneficiare del credito tutti i soggetti residenti, indipendentemente dalla forma giuridica (persone fisiche imprenditori e non imprenditori, società di persone e di capitali ecc.). Nella circolare 5.3.2015 n. 9 (§ 2.1), l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che, se lo Stato dove viene prodotto il reddito è legato all'Italia da una Convenzione, il credito è riconosciuto con riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposta conformemente alla Convenzione stessa. Per i redditi prodotti in Stati senza Convenzione, l'art. 165 co. 2 del TUIR prevede che i redditi si considerano prodotti all'estero (e danno, quindi, la possibilità di scomputare l'imposta estera) sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall'art. 23 per individuare quelli che si considerano prodotti in Italia.

10. L'imposta estera è accreditabile solo ed esclusivamente se essa ha carattere definitivo, o "non ripetibile". Rimangono, quindi, escluse le imposte pagate a mero titolo di acconto o, più in generale, le imposte suscettibili di rimborso o di compensazione nell'altro Stato. A norma dell'art. 165 co. 4 del TUIR, il pagamento a titolo definitivo dell'imposta deve avvenire entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui è stato prodotto il reddito. È comunque ammessa la detrazione anche se il pagamento avviene entro la dichiarazione del periodo d'imposta successivo, a norma dell'art. 165 co. 5 del TUIR.

11. Come chiarito dall'Agenzia delle Entrate nella circ. 5.3.2015 n. 9 (§ 2.4), il contribuente è tenuto a conservare la seguente documentazione: a) prospetto recante l'indicazione, Stato per Stato, dei redditi esteri, delle imposte pagate in via definitiva e del credito spettante; b) copia della dichiarazione dei redditi presentata nello Stato estero, se obbligatoria; c) ricevuta di versamento delle imposte all'estero; d) eventuale certificazione rilasciata dal soggetto che ha corrisposto i redditi; e) eventuale richiesta di rimborso, se non indicata nella dichiarazione del redditi.

12. La detrazione deve essere calcolata nella dichiarazione cui "appartiene" il reddito estero cui si riferisce l'imposta, a condizione che il suo pagamento sia a titolo definitivo (art. 165 co. 4 del TUIR). Se, però, il carattere definitivo dell'imposta si manifesta successivamente, occorre richiedere il credito nella prima dichiarazione utile, fermo restando che la quota d'imposta italiana e l'imposta netta rilevanti per il calcolo del credito sono quelli relativi al periodo d'imposta in cui è stato dichiarato il reddito estero. Il medesimo principio deve essere osservato nel caso in cui, con riferimento al medesimo reddito, l'imposta estera viene versata in più pagamenti frazionati in diversi periodi d'imposta (si vedano le esemplificazioni contenute nella circolare dell'Agenzia delle Entrate 5.3.2015 n. 9, § 3.3.2).

13. La regola generale che presuppone la definitività del versamento va però correlata agli ulteriori disposti che definiscono l'anno di imputazione, in dichiarazione, del suddetto credito.

Occorre in questo senso distinguere le regole vigenti fino al periodo fiscale 2014, da quelle decorrenti dal 2015: a) fino all'annualità 2014 il credito per imposte estere poteva scomputarsi nell'anno di dichiarazione del reddito, purché la definitività del prelievo nel Paese estero avvenisse entro il termine di invio della dichiarazione relativa a tale annualità (dovendosi in ogni caso distinguere il recupero del credito mediante presentazione del modello 730 ovvero del modello UNICO, avendo tali due dichiarativi termini di presentazione differenti: cfr. Ris. Agenzia Entrate 14.8.2002 n.283); b) a partire dal periodo d'imposta 2015 è possibile richiedere lo scomputo dell'imposta estera nell'anno di assoggettamento a tassazione del reddito in Italia, purché la definitività del versamento all'estero avvenga entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo di imposta successivo a quello di "competenza". Laddove, invece, non sia possibile computare in diminuzione l'imposta estera già nell'anno di "competenza" del reddito, occorrerà procedere alla liquidazione del credito nella prima dichiarazione utile relativa al periodo in cui le imposte estere si rendono definitive (art. 165 comma 7): in tal caso le variabili da prendere a riferimento per il conteggio del credito rimangono quelle relative all'anno in cui il reddito estero ha concorso a tassazione in Italia.

14. Tanto premesso, corretta è la soluzione offerta dai giudici di primo grado alla questione. Ed invero, con riferimento alla prova della definitività delle imposte assolte all'estero, il contribuente ha fornito: a) il prospetto di calcolo e di determinazione del credito d'imposta sulla base dei redditi prodotti all'estero nell'anno 2009 e delle imposte versate in Italia in Algeria; b) il modello CUD 2010 riferito ai redditi dell'anno precedente rilasciato dal sostituto imposta italiano e datore di lavoro E S dal quale risulta il reddito imponibile e le imposte versate in Italia;

c) la certificazione rilasciata dalla consociata E A B quale sostituto d'imposta estero in relazione ai compensi erogati al ricorrente per l'attività lavorativa svolta in Algeria nel 2009. Detta documentazione prova indubbiamente la spettanza del credito quanto alle imposte

assolte all'estero. Quanto alla definitività e irripetibilità delle imposte sorte all'estero, correttamente la CTP richiama la circolare 9/E del 5 marzo 2015 che ha introdotto una presunzione in questo senso, stabilendo che le ritenute alla fonte, corrisposte direttamente dal datore di lavoro all'Erario estero, si presumono definitive già al momento del versamento ("le imposte estere devono considerarsi pagate a titolo definitivo nel periodo d'imposta in cui le stesse sono state versate al Fisco estero, a nulla rilevando il periodo d'imposta in cui il beneficiario del reddito estero è venuto in possesso della relativa certificazione"). Si tratta di circostanza, quest'ultima, confermata anche dalla costante giurisprudenza di merito. Si veda, in particolare, Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza 20 febbraio 2019, n. 786 (allegato 21 alle controdeduzioni difensive: "Va rilevato che la documentazione prodotta dal contribuente è idonea a dimostrare la definitività del reddito prodotto all'estero. Con la produzione, infatti, del prospetto di calcolo del credito d'imposta sulla base dei redditi prodotti ali 'estero, dai CUD rilasciati dai sostituti d'imposta, delle certificazioni rilasciate dall'Autorità fiscale estera attestante i redditi percepiti e le imposte pagate all 'estero e le certificazioni rilasciate dai sostituti d'imposta ha pienamente assolto all'onere probatorio circa la definitività dell'imposta"). Ancora, si veda Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza 30 maggio 2018. n. 2440 (allegato 22 alle controdeduzioni difensive: "Definitività che nel caso di specie risulta provata dalla documentazione prodotta dall'appellante. Il modello CUD, le cui risultanze sono peraltro già in possesso dell'Amministrazione Finanziaria tramite il relativo Mod. 770 trasmesso dalla società sostituto d'imposta, è stato prodotto in giudizio e risulta già prodotto in sede di autotutela ma ignorato dall'Ufficio. ( ... ) Il ricorrente ha inoltre depositato la seguente documentazione: a) il prospetto di calcolo del credito d'imposta sulla base dei redditi prodotti all'estero e il relativo tasso di cambio; b) i modelli CUD rilasciati dal sostituto d'imposta italiano per le annualità che interessano (2010 e 201 I); c) le certificazioni dei compensi e delle imposte assolte all'estero rilasciate dalla consociata estera E . L'efficacia probatoria di detta documentazione risulta confermata dalla stessa Circolare 9/E del 5marzo 2015 emessa dalla Direzione Centrale Normativa").

15. Quanto, poi, alla imputazione temporale del credito d'imposta, correttamente la CTP ribadisceche la disciplina del Tuir non prevede detto requisito temporale. In particolare il previgente articolo 15 Tuir prevedeva un termine di decadenza che, con la caducazione di questa norma, non vige più. Sul punto va ricordato che il contribuente, in qualità di dipendente della società E. S., ha svolto la propria attività lavorativa all'estero, nell'annualità 2009, presso la consociata estera in Algeria. Nonostante il periodo di lavoro svolto interamente all'estero, il contribuente, in base a quanto previsto dall'art. 2 del TUIR, si è comunque qualificato come fiscalmente residente in Italia, avendo lì mantenuto il centro degli interessi vitali (ovvero la famiglia) per la maggior parte dei predetti periodi d'imposta. Pertanto, in virtù della predetta normativa interna e della normativa del paese estero, il contribuente ha subito una doppia imposizione: il medesimo reddito è stato, infatti, assoggettato ad imposizione in Italia ai sensi dell'articolo 51, comma 8-bis del TUIR (Stato di residenza fiscale del contribuente), ma anche in Algeria (Stato fonte in cui il reddito è stato prodotto). In considerazione di ciò, il contribuente ha provveduto ad indicare nel Mod. 730/2013 il credito per le imposte pagate anche all'estero, al fine di eliminare la doppia imposizione subita, sulla base di quanto previsto dall'art. 165 del TUIR. Legittimamente, pertanto, il contribuente, compilando il Rigo G4 secondo le istruzioni e le specifiche tecniche approvate con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate. ha richiesto in sede di dichiarazione, ed in particolare con il Modello 730/2013 (già allegato 2 del ricorso di primo grado), il credito per le imposte estere pagate in Algeria per i redditi ivi prodotti nel 2009 ed assoggettati a tassazione anche in Italia.

16. In definitiva, l'appello dell'Ufficio risulta (i) infondato poiché il contribuente ha rispettato il principio di competenza previsto dall'art. 165 del TUIR ed (ii) illegittimo poiché l'Ufficio pretende di applicare una previsione di decadenza espressamente abrogata dal Legislatore. Dal confronto tra le due disposizioni normative che si sono succedute, emerge chiaramente la mancanza (rectius: eliminazione) di uno sbarramento temporale all'esercizio del diritto alla detrazione:

a) art. 15, abrogato: "La detrazione deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ( ... ). "; b) art. 165, vigente: "La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero ( ... ). ". A tal riguardo, giova rilevare che laddove il Legislatore ha voluto imporre dei limiti temporali all'esercizio di un diritto o di una facoltà (id est decadenza), lo ha espressamente previsto codificandolo (come accadeva, giustappunto, nel previgente art. 15). L'Ufficio, pertanto, ha fatto malgoverno della normativa di riferimento, ponendo un limite temporale non previsto e già espressamente abrogato dal Legislatore. Invero, la mancanza di una specifica previsione - sia nel quadro normativo di riferimento sia nell'art. 165 TUIR - di una causa ostativa, ai fini temporali, per richiedere la detrazione o il rimborso come nel caso di specie, conferma che le imposte estere possano essere recuperate nell'ordinario termine prescrizionale decennale previsto dall'art. 2946 del codice civile.

17. Non solo, la tesi dell'Ufficio si pone in violazione del principio di capacità contributiva, costituzionalmente garantito e tutelato, laddove l'Ufficio non contesta la doppia imposizione subita dall'appellato né tantomeno la spettanza del credito d'imposta, ma semplicemente un presunto tardivo esercizio del diritto in dichiarazione. Nel contempo, viola anche l'art. 36-ter, DPR n. 600/1973. L'attività di controllo formale deve essere "limitata" alla verifica della rispondenza tra i dati esposti in dichiarazione con quelli contenuti nelle dichiarazioni del sostituto d'imposta, nonché nella relativa documentazione di supporto. Al riguardo, si conviene con l'appellato che del tutto illegittimo risulta l'operato dell'Ufficio, che con il proprio atto d'appello ha mutato - in sede contenziosa - la ripresa illo tempore effettuata nei confronti del contribuente con la comunicazione di irregolarità da cui è poi originata la cartella di pagamento. infatti, a seguito dell'istanzia di autotutela presentata dall'odierno appellato una volta ricevuta la notifica della comunicazione di irregolarità, l'Ufficio aveva replicato come segue: l'Ufficio non può considerare correttamente imputato all'anno 2012 il credito dichiarato di euro 6.642,00 relativo a redditi conseguiti In Algeria nel 2009, e documentato da certificazione dei redditi e delle ritenute estere rilasciata dalla società E A B. ( .. ) per cui si ritiene che le imposte estere si siano rese definitive nel 2009, al momento del versamento delle stesse ". Da quanto sopra, emerge chiaramente che nulla è stato eccepito In punto di assolvimento dell'onere documentale, essendo la contestazione "limitata" alla non corretta imputazione temporale del credito. Ciononostante, nell'atto di appello, l'Ufficio afferma - in modo non veritiero - che il comportamento tenuto sarebbe pienamente rispettoso del dettato normativo di cui all'art. 36-ter in quanto "l'Ufficio, infatti, in forza degli esiti di detto controllo formale e, in modo particolare, della riscontrata carenza documentale, ha correttamente provveduto a disconoscere in capo ai contribuenti la fruibilità del credito in contestazione". Evidente, dunque, è la discrasia tra la realtà fattuale e quanto argomentato dall'Ufficio: l'intera ripresa operata si fonda sulla (presunta) non corretta imputazione temporale, e non sulla carenza di documentazione a supporto della spettanza del credito (che avrebbe sì rispettato i limiti previsti per gli accertamenti ex art. 36-ter). L'Ufficio - travalicando I poteri conferiti dalla citata norma - ha quindi svolto una valutazione, nel merito, circa la spettanza del credito, andando "ben oltre" rispetto al mero controllo documentale delle risultanze riportare In dichiarazione, avendo invero effettuato una vera e propria valutazione di merito e di rispondenza al dettato normativa. Evidente, dunque, come l'Ufficio ha effettuato delle valutazioni ben ulteriori rispetto alla verifica della rispondenza tra i dati esposti in dichiarazione con quelli contenuti nelle dichiarazioni del sostituto d'imposta nonché nella relativa documentazione di supporto (la cui carenza, lo si ribadisce, non è mai stata prima eccepita). La valutazione sulla competenza temporale e sull'esposizione del credito in un Modello Unico relativo ad un'annualità successiva, comporta di tutta evidenza una valutazione di "merito", preclusa in seno all'attività di controllo formale ex art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973.

18. Per le motivazioni suesposte ed ogni altra eccezione disattesa restando assorbita da quanto prefato l'appello dev'essere respinto, conseguendone, pertanto l'integrale conferma dell'appellata sentenza.

19. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia di euro 6.642,00 (SCAGLIONE DA? 5.201,00 a ? 26.000,00) e della non particolare complessità, in misura minima, in base ai parametri disciplinati dal DM n. 37 dell'8/3/2018 pubblicato sulla G.U. n. 96 del 26/4/2018 e in vigore dal 27 aprile 2018 (applicabili al presente giudizio, come da giurisprudenza in termini: Sez. 6 - 2, Sentenza n. 21205 del 19/10/2016, Rv. 641672) così determinate: E. 540,00 per studio, E. 303,00 per fase introduttiva, E. 518,00 per fase istruttoria/trattazione ed euro 675,00 per fase decisionale, così determinate in E. 2.036,00, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

                                                      P.Q.M.

La Commissione Tributaria Regionale di Milano, sezione 19, definitivamente pronunciando, respinge l'appello dell'Ufficio e, per l'effetto, conferma la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di MILANO n. 4898/23/18, pronunciata in data 14.05.2018 e depositata in data 8.11.2018.

Condanna l'Ufficio al pagamento in favore del contribuente B F della somma di E. 2.036,00 complessivi per il presente grado di giudizio, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

 

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DLP