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MUTAMENTO NORMATIVO RETROATTIVO E DICHIARAZIONE CORRETTIVA: LA SOCIETÁ NON ERA INCORSA IN ERRORE. RIGETTATO L'APPELLO PROPOSTO DAL FISCO.

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Estratto: “(...) si evince che la società non è incorsa in alcun errore al momento della dichiarazione fiscale, ma ha semplicemente fatto legittima applicazione di una disciplina più favorevole. Piuttosto, è l'Agenzia che intende equiparare la rettifica dell'imposta, nel caso di specie, alla correzione di un errore dichiarativo, per poi richiamare la nuova formulazione della disposizione sulle dichiarazioni integrative/correttive (art. 2, co. 8 e 8 bis, D P R. n. 322/1998), introdotta dall'art. 5 del D.L. n. 193/2016, che ha esteso la possibilità di emendare la dichiarazione fiscale sino alla scadenza del termine per l'accertamento, con decorrenza dalla data di presentazione della dichiarazione emendativa degli interessi sul tributo da rimborsare”.

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Sentenza del 17/02/2020 n. 857 - Comm. Trib. Reg. per il Lazio Sezione/Collegio 5

Massima:

Ove, per effetto di un mutamento normativo con effetto retroattivo (nel caso specifico lo IAS 31 come modificato dal principio contabile internazionale IFRS 11), il contribuente si decida a chiedere il rimborso dell'Ires e dell'Irap poiché il mutamento del metodo di tassazione nel calcolo dell'imposta di fonte estera aveva determinato una minore imposta da versare rispetto a quella versata, ai fini del calcolo degli interessi da riconoscere unitamente al rimborso dell'imposta il termine decorre non già dall'istanza di rimborso, non avendo questa funzione di emendare un inesistente errore in dichiarazione dei redditi essendo all'epoca versate le imposte sulla base dell'interpretazione dell'A.F., interpretazione differente da quella fornita in sede di riposta all'appello, ma dal pagamento delle imposte. Il calcolo degli interessi deve decorre quindi, per l'IRES dal secondo periodo successivo al secondo acconto e per l'Irap dal versamento del saldo. (G.T.) (già presente nella bozza)

Testo:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con appello notificato alla controparte, l'Agenzia delle entrate, Direzione Regionale del Lazio, ha chiesto la riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 25619/24/17, depositata il 28/11/2017.

Con il ricorso in primo grado XXXX ha chiesto di dichiarare illegittimo il diniego parziale formatosi sulla sua istanza di rimborso degli interessi euro 408.321 che le spetterebbero in relazione all'IRES e all'IRAP che le sono state rimborsate per l'anno 2011; in particolare, secondo la società gli interessi, per l'IRES, le spetterebbero dal periodo successivo al secondo acconto dell'anno d'imposta 2011 (01/06/2012) e, con riferimento all'IRAP, dal versamento del saldo dell'anno (30/11/2012), fino alla data di erogazione del rimborso (30/11/2016), mentre l'Ufficio ha calcolato gli interessi con decorrenza dalla data di presentazione dell'istanza di rimborso, sull'assunto che quest'ultima avrebbe assunto la funzione di emendare la dichiarazione dei redditi presentata per l'anno d'imposta 2011 mutando il metodo di calcolo dell'imposta (di fonte estera).

L'Agenzia delle entrate ha resistito al ricorso.

La Commissione provinciale lo ha accolto, ritenendo che il riconoscimento di un debito da parte dell'Amministrazione comporta il riconoscimento anche di un accessorio del relativo credito, vale a dire gli interessi, e questi decorrono dalla data del versamento, sino all'effettivo soddisfo, giacché l'obbligazione tributaria oggettivamente novata non può che ricondursi a tale data.

L'Agenzia delle Entrate censura la sentenza osservando che non si tratta di un rimborso da indebito, giacché per l'anno in questione le imposte originariamente versate erano pienamente dovute, ma che il sopravvenuto mutamento normativo ha consentito alla società l'applicazione retroattiva degli effetti anche alle annualità precedenti alla sua entrata in vigore.

La società appellata chiede il rigetto dell'appello, evidenziando che il rimborso non è nato da uno ius superveniens , ma da una differente interpretazione fornita dall'Amministrazione in sede di risposta ad un interpello (con risoluzione n. 29/E del 18 marzo 2015), sicché l'istanza di rimborso non può essere assimilata ad una dichiarazione integrativa; osserva inoltre che la stessa Agenzia con riferimento alle annualità 2010 e 2012 ha assunto comportamenti, anche in sede di contenzioso, tali da non contestare la decorrenza degli interessi dal giorno del versamento: nel corso del giudizio per il 2010 ha completato il rimborso delle imposte e ha poi appellato la sentenza di primo grado che la condannava al pagamento degli interessi senza alcun riferimento alla questione dell'assimilazione alla dichiarazione correttiva; quanto al 2012, l'Agenzia ha risposto favorevolmente al reclamo-mediazione, offrendo il pagamento degli interessi in misura pressoché corrispondente a quella indicata dalla società.

Con successiva memoria, XXXXXX, nel ribadire le proprie controdeduzioni, segnala, altresì, che l'Amministrazione ha frattanto disposto il pagamento di una parte maggioritaria degli interessi pretesi in relazione al rimborso dell'Irap per l'anno 2011, sicché si è corrispondentemente ridotto l'ammontare complessivo degli interessi ancora dovuti per l'annualità 2011, ormai identificabile con gli interessi relativi all'Ires e con il residuo di quelli concernenti l'Irap.

In udienza sono intervenute entrambe le parti, riportandosi ai rispettivi atti e alle relative conclusioni.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'appello deve essere respinto.

L'inquadramento della fattispecie prospettato dall'ufficio non è corretto, come fondatamente eccepito dalla società appellata.

L'istituto della dichiarazione correttiva richiamato dall'Agenzia presuppone che il contribuente abbia commesso errori, mentre nel caso di specie non vi è stato un errore, ma la società si è determinata a richiedere il rimborso in conseguenza di un interpello rivolto all'Agenzia, sulla cui sussistenza e sul cui esito non è stata mossa alcuna contestazione da parte dell'ufficio.

Peraltro, l'assenza di un errore di XXXXX emerge nitidamente anche dalla ricostruzione della vicenda delineata dall'Agenzia stessa, che correla l'istanza di rimborso ad uno ius superveniens. 

Riferisce, infatti, l'Amministrazione che la società, nel presentare la dichiarazione dei redditi dell'anno 2011, ha tassato i proventi derivanti dai "veicoli" in base alle disposizioni contenute nello IAS 31 e, per evitare la doppia tassazione del reddito estero, ha applicato l'art. 165 del TUIR (metodo del credito d'imposta per i redditi di fonte estera); successivamente, dall'1 gennaio 2013 lo IAS 31 è stato modificato dal principio contabile Internazionale IFRS 11, che ha interessato le modalità di tassazione dei redditi derivanti da "soggetti a controllo congiunto ("i veicoli")" e che si è previsto possa essere applicato retroattivamente; sulla base dell'interpretazione di questo nuovo principio contabile Internazionale e dei chiarimenti forniti dai successivi documenti di prassi della stessa Agenzia delle Entrate, in una situazione come quella della XXXXX ricorrente la tassazione in Italia del reddito prodotto all'estero non è più perfettamente collimante con il metodo del credito d'imposta, che la società ha seguito al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi per l'annualità in questione; XXXXXX , allora, essendo decorso il termine per emendare la dichiarazione dei redditi dell'anno 2011 (termine che, secondo la disposizione di legge all'epoca vigente, coincideva con quello per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo), si decideva a chiedere il rimborso dell'lres e dell'lrap per l'anno 2011, poiché il mutamento del metodo di tassazione nel calcolo dell'imposta di fonte estera determinava una minore imposta da versare rispetto a quella versata.

Da questa ricostruzione dei fatti, operata dalla stessa Agenzia, si evince che la società non è incorsa in alcun errore al momento della dichiarazione fiscale, ma ha semplicemente fatto legittima applicazione di una disciplina più favorevole. Piuttosto, è l'Agenzia che intende equiparare la rettifica dell'imposta, nel caso di specie, alla correzione di un errore dichiarativo, per poi richiamare la nuova formulazione della disposizione sulle dichiarazioni integrative/correttive (art. 2, co. 8 e 8 bis, D P R. n. 322/1998), introdotta dall'art. 5 del D.L. n. 193/2016, che ha esteso la possibilità di emendare la dichiarazione fiscale sino alla scadenza del termine per l'accertamento, con decorrenza dalla data di presentazione della dichiarazione emendativa degli interessi sul tributo da rimborsare.

In conclusione, non vertendosi in un'ipotesi di erroneità della dichiarazione, la tesi restrittiva dell'Agenzia - che conduceva alla negazione totale degli interessi (ritenendoli decorrenti soltanto dalla data di presentazione dell'istanza di rimborso ed essendo stato il rimborso dell'imposta liquidato prima del compimento del secondo semestre dall'istanza, sicché non sarebbero maturati interessi, stante il disposto dell'art. 44 D.P.R. n. 602/1973) - non può essere accolta. E questo pur a prescindere dalle diverse determinazioni, favorevoli alla società appellata, che l'Agenzia ha assunto, come evidenziato dalla società, in relazione ad altre annualità.

Posto che, come rappresentato dalla società appellata nella memoria depositata in vista dell'udienza, l'Ufficio ha nel frattempo dato corso al pagamento di una parte maggioritaria degli interessi attesi dalla società medesima in relazione al rimborso dell'lrap, sicché per l'annualità 2011 sono rimasti ancora dovuti gli interessi relativi all'lres ed il residuo di quelli concernenti l'Irap, la sentenza di primo grado, con la sua efficacia esecutiva, deve intendersi confermata entro tale limite.

La soccombenza dell'Agenzia appellante impone l'attribuzione a suo carico delle spese processuali della società appellata, come liquidate nel dispositivo.

                                                      P.Q.M.

a. Respinge l'appello ai sensi di cui in motivazione;

b.condanna l'Agenzia delle Entrate al rimborso, in favore della società appellata, delle spese processuali, che si liquidano in euro 10.000,00.

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