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Agenzie di viaggio: quando l’Agenzia delle Entrate sbaglia nell’attribuire la stabile organizzazione in Italia

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Agenzie di viaggio: quando l’Agenzia delle Entrate sbaglia nell’attribuire la stabile organizzazione in Italia

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Anche se l’informatizzazione consente facilmente ai consumatori di contattare ed organizzare in proprio un viaggio, senza l’intermediazione di un’agenzia turistica, queste ultime sono tutt’altro che scomparse dal mercato.

Al contrario si assiste ad un crescente fenomeno di rifioritura delle agenzie di viaggio a cui molte persone si rivolgono per la prenotazione di servizi turistici “tutto compreso”, dove è l’agenzia che si occupa di contattare tour operator, mezzi di trasporto, servizi turistici ricettivi per conto dei clienti.

Le agenzie di viaggi e turismo sono imprese tutt’altro che semplici le quali offrono, talora anche congiuntamente, servizi di produzione, organizzazione di viaggi e soggiorni, intermediazione di tali attività.

In ambedue le circostanze il viaggio viene venduto al cliente con la formula del prezzo complessivo o forfettario che ingloba la molteplicità di servizi offerti.

Infatti, le agenzie di viaggio accanto all’attività tipica di produzione ed organizzazione di viaggi e soggiorni e prenotazione dei servizi di pernottamento e ristoro, svolgono sempre più spesso anche attività di assistenza ed accoglienza ai propri clienti, trasporto degli stessi, supporto per il rilascio di passaporti e visti consolari, ritiro bagagli, noleggio autovetture, stipula di polizze assicurative, sino all'organizzazione di congressi.

Al di là della trafila burocratica per l'apertura di un’agenzia di viaggi e per il rilascio delle prescritte autorizzazioni, nel panorama italiano si tratta per lo più di piccole aziende gestite dal titolare e con l’ausilio di pochi dipendenti, ubicate prevalentemente nelle città.

Anche se l’esplosione dei viaggi fai da te non ha decretato la fine delle agenzie di viaggio, tuttavia, queste ultime devono faticare molto per generare un volume d'affari ragguardevole. In special modo le agenzie di recente costituzione o quelle di piccole dimensioni impiegano molti anni prima di raggiungere discreti livelli di benessere finanziario. Ciò anche a causa del fatto che le agenzie devono pagare in anticipo i fornitori oppure sono costrette a favorire i clienti con pagamenti cadenzati.

Anche queste attività sono spesso sottoposte al controllo contabile mirato alla determinazione del volume d’affari generato e sottratto all’imposizione fiscale. Tuttavia i controlli svolti a carico delle agenzie di viaggio, soprattutto quelli relativi al rimborso IVA, sono resi più complicati dalla diversità di regime Iva a cui sono sottoposte le attività svolte. Infatti, le operazioni relative ad attività di tour operator, organizzazione e vendita in proprio di pacchetti turistici sono sottoposte ad un particolare regime impositivo IVA. Nei restanti casi di classica intermediazione, l’IVA si applica nel modo ordinario. Ciò può comportare degli errori nelle verifiche specie nei casi in cui è difficile stabilire se un’operazione si riferisce all’uno o all’altro caso.

I più importati malintesi tra agenzie di viaggio e fisco si generano però nei riscontri analitici dove i verificatori passano al setaccio documenti contabili ed extracontabili, quali contratti, schede clienti, preventivi, agende, ecc. Sotto questo profilo l’obiettivo dell’Amministrazione finanziaria, infatti, è quello di individuare le attività che generano maggiore redditività attraverso cui risalire ai ricavi occultati.

Ulteriori errori potrebbero rilevarsi negli accertamenti effettuati sulla base dell’applicazione degli studi di settore. In questi casi, infatti, ogni lieve scostamento, ritenuto incoerente rispetto agli anni precedenti, porta a pensare a presunte irregolarità contabili. Tuttavia, non sempre la logica economica riflette la particolare realtà economica di un’agenzia di viaggio la quale, più di altre, risente molto della concorrenza online.

Infine, e questa rappresenta la parte più sostanziosa dei controlli, la maggior parte delle verifiche riguardano le società estere aventi stabile organizzazione in Italia dove generano redditi e volumi di affari: in questi casi l’accusa è quella di non dichiarare tali ricavi in Italia ai fini delle imposte dirette e indirette. Anche in questo caso molte volte agli accertamenti non corrisponde una corretta rappresentazione della realtà.

Questo è quello che si ricava dalle seguenti pronunce giurisprudenziali, che hanno visto vincere, in esito al processo, le agenzia di viaggio.

Comm. Trib. Reg. dell'Abruzzo, sentenza n. 427/9/2012

In questa vicenda è stato affrontato il caso riguardante un’agenzia di viaggi avente sede in Olanda la quale, in quanto soggetto non residente in Italia, aveva presentato all'Agenzia delle Entrate, un'istanza di rimborso dell'Iva relativa a beni e servizi acquistati in Italia.

L'Agenzia delle Entrate aveva negato tale richiesta ritenendo che l’agenzia di viaggio, durante il periodo di imposta contestato, aveva compiuto operazioni attive in Italia. In particolare, la società aveva organizzato dei servizi di alloggio in aree di campeggio in favore dei propri clienti.

La società olandese ha presentato ricorso avverso tale provvedimento che veniva accolto dalla CTR abruzzese. A parere dei giudici tributari, infatti, l’agenzia di viaggio olandese aveva offerto ai suoi clienti un servizio turistico composito, avente ad oggetto il noleggio di case mobili di sua proprietà da parcheggiare in apposite aree di sosta. Pertanto, la locazione delle aree di stazionamento costituiva un servizio accessorio dell’unica prestazione offerta ai clienti, la cui attività principale era svolta dalla società contribuente in Olanda.

Corte di Cassazione, sentenza n. 5699 del 23 marzo 2016

Anche questa vicenda ha preso avvio da una serie di avvisi di accertamento ai fini Irpef ed Iva con cui l’agenzia delle Entrate contestava l'esercizio dell'attività di agenzia di viaggio in Italia.

A parere dell’Amministrazione finanziaria e dei giudici di merito l’agenzia di viaggi straniera avrebbe avuto una stabile organizzazione in Italia. Ciò era desunto da alcuni elementi importanti quali la presenza di un vero e proprio ufficio recante sulla porta l'insegna della società turistica oltre alla presenza in ufficio di computer, stampanti, fax, telefoni, e documentazione che provava l’esercizio in Italia dell’attività. Al tempo stesso l’Amministrazione ha contestato al contribuente l’esercizio sul territorio italiano dell’attività di impresa in forma individuale.

A parere del contribuente l’Amministrazione sarebbe incorsa in un contrasto nell’individuazione del soggetto passivo del rapporto d'imposta. Infatti, nel caso della stabile organizzazione dovrebbe essere la società straniera a versare i contributi e non il singolo contribuente/imprenditore.

I giudici di Cassazione hanno accolto il ricorso del contribuente ritenendo che i giudici di merito fossero incorsi in una contraddizione sull’individuazione del soggetto passivo dell’imposta tributaria. Da una parte, infatti, vi è la stabile organizzazione di società estera, dall'altra l'esercizio di attività commerciale in proprio che hanno due distinti rapporti d’imposta.

Comm. Trib. Reg. dell'Emilia Romagna, sentenza n. 68/21/09

Infine, in questa vicenda è stato affrontato il ricorso promosso da una società esercente attività di agenzia di viaggi e di organizzazione di servizi turistici la quale, a seguito di accertamento fiscale, avrebbe manifestato alcune irregolarità sotto il profilo dei ricavi dichiarati. In particolare, l’Agenzia delle Entrate avrebbe ricostruito il volume d'affari dell’agenzia basandosi sui volantini di viaggio e gli annunci pubblicitari su un quotidiano, arrivando a definire il numero di viaggiatori paganti.

Alla società ed ai soci è stato quindi contestato un maggior reddito d'impresa e quindi maggiori imposte ai fini Irpeg, Irap ed Iva.

La Ctr ha respinto l'appello dell'ufficio ritenendo errata la metodologia di calcolo praticata dagli accertatori che avrebbe portato a dei risultati abnormi e non coerenti con i parametri stabiliti dagli studi di settore. Infine, ai fini Iva, i giudici hanno evidenziato l’errore dei verificatori anche sotto il profilo dell'omessa applicazione del regime speciale previsto per le agenzie di viaggio.

 

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