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Riqualificazione di un ente non commerciale. CTR Lombardia respinge la tesi dell’Agenzia delle Entrate. È necessario che vi sia prevalenza delle attività commerciali. Gli avvisi di accertamento sono nulli.

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Massima: “Ai fini della riqualificazione di un Ente non commerciale è necessario che ci sia prevalenza delle attività commerciali rispetto a quelle istituzionali dell'Ente stesso. Pertanto, qualora l'associazione abbia tenuto una contabilità separata delle attività commerciali da quelle istituzionali e da questa risulti che i redditi derivanti dalle attività commerciali non siano prevalenti rispetto a quelli istituzionali, l'Amministrazione finanziaria non può procedere alla riqualificazione dell'ente”.

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Comm. Trib. Reg. per la Lombardia Sezione/Collegio 2

Sentenza n. 4332 del 16 ottobre 2018

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con avvisi di accertamento per gli anni 2002 e 2003 l'Ufficio ascriveva all'Ente C. - F.G.V., maggiori imposte a titolo di IRPEG e IVA, a seguito di una verifica fiscale che aveva condotto l'Ufficio a qualificare la contribuente come ente tout court commerciale.

La contribuente ricorreva alla CTP di Milano che, con sentenza n. 207/23/2008, previa riunione dei ricorsi li accoglieva rilevando che non ricorrevano le condizioni di cui agli artt. 108 e 111 bis TUIR ratione temporis vigenti per qualificare la attività come commerciale, sulla base del carattere prevalente.

A seguito di appello dell'Ufficio, la CTR di Milano confermava la decisione di primo grado.

A seguito di ricorso dell'Ufficio, la S.C., con sentenza n. 9468/2017, cassava con rinvio quella d'appello per carenza assoluta di motivazione.

Ad istanza della C. il giudizio è stato riassunto, con costituzione dell'Ufficio. La contribuente ha depositato memoria e specchio contabile riassuntivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso dell'Ufficio, che riprende pedissequamente i propri argomenti di primo grado, è infondato. Alla puntuale e dettagliata ricostruzione della fattispecie e delle norme applicabili contenuta nella sentenza di primo grado, che si danno per richiamate e condivise, sì da saldarsi nella motivazione d'appello, si devono aggiungere le osservazioni che seguono.

È certamente vero, anzitutto, che non è sufficiente fare riferimento alle finalità statutarie di un ente per qualificarlo assistenziale o non commerciale, ma occorre una verifica concreta.

Inoltre, è ben possibile che un ente senza fine di lucro svolga una attività di tipo commerciale pur non rientrando nella nozione civilistica di impresa.

Tuttavia, nella specie l'Ufficio non ha dimostrato che la contribuente - fino a tutto il 2003, oltretutto, nella forma pubblicistica di "ex I." - abbia svolto negli anni 2002 e 2003 prevalente attività commerciale, ossia attività che determina reddito di impresa.

Non è sufficiente, in proposito, il rilievo che, accanto alla attività di residenza sanitaria assistenziale per la quale la Fondazione aveva stipulato un contratto con la ASL, coesistessero la gestione di una "casa albergo" per musicisti anziani o comunque bisognosi, la gestione del patrimonio immobiliare e mobiliare, nonché la riscossione di diritti di autore.

In proposito, si deve ricordare (con riferimento alle associazioni, ma validità anche per gli enti pubblici assistenziali) che "non si considerano commerciali e non producono, quindi, reddito imponibile le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento di uno specifico corrispettivo" (Sez. 5, Sentenza n. 4315 del 04/03/2015).

Non è, poi, esatto affermare che le attività non commerciali e quelle assimilabili ad attività commerciali siano frammiste e non contabilmente separabili: la contribuente ha prodotto schede e tabelle non contestate che distinguono queste ultime, certamente non prevalenti (diritti d'autore da eredità o donazione, buoni pasto dei dipendenti, corrispettivi per la vendita di materiale promozionale, rette pagate dai degenti abbienti).

Più in dettaglio, l'art. 111 bis ora 149 - TUIR fissa i parametri per la qualificazione dell'ente in impresa a fini fiscali che, come dai docc. 7 e 8 in allegato al ricorso, non sussistono:

le immobilizzazioni riferite alle attività commerciali sono nettamente inferiori a quelle riferibili ad attività istituzionali;

il valore delle prestazioni istituzionali è nettamente prevalente sui ricavi delle attività commerciali;

il valore delle entrate istituzionali è superiore ai redditi netti da attività assimilabili alle commerciali.

La peculiare natura della controversia consente la compensazione delle spese.

P.Q.M.

la CTR di Milano, decidendo in sede di rinvio da parte della Corte di Cassazione, respinge l'appello dell'Ufficio avverso la sentenza della CTP di Milano e compensa le spese di ogni grado di giudizio tra le parti.

Data a Milano il 15 gennaio 2018

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