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La motivazione non era né generica né apodittica avendo i giudici indicato i documenti posti a fondamento della decisione. Cassazione rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate condannandola a pagare 9.000 euro di spese processuali.

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Estratto: “la CTR ha infatti puntualmente indicato i documenti sui quali ha fondato la propria decisione, la cui rilevanza probatoria non risulta essere stata contestata dall'Agenzia nel corso del giudizio di merito”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5,

Ordinanza n. 31492 del 3 dicembre 2019

RILEVATO CHE

F. G. s.r.I., per ciò che in questa sede ancora rileva, impugnò una cartella di pagamento notificatale, all'esito di controllo automatizzato, a seguito del disconoscimento del credito Iva portato in compensazione nell'anno di imposta 2003, per mancata presentazione della dichiarazione dei redditi dell'anno precedente;

la CTP di Milano accolse il ricorso e la CTR della Lombardia, con sentenza del 11 luglio 2011, ha respinto l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate contro la decisione, osservando che - benché le dichiarazioni IVA degli anni precedenti non fossero state presentate per responsabilità di terzi - il credito risultava dalle scritture contabili e dalle dichiarazioni periodiche IVA della contribuente; l'Ufficio propone ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi, cui la società contribuente resiste con controricorso illustrato da memoria.

CONSIDERATO CHE:

con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 28, 30, 36-bis, 54-bis d.P.R. 26 ottobre 1973, n. 633, per avere la CTR riconosciuto l'opponibilità in compensazione nel 2003 del credito IVA 2002, nonostante la mancata presentazione delle relativa dichiarazione: la ricorrente sostiene, in contrario, che il contribuente non può recuperare il credito di imposta maturato nell'annualità in cui la dichiarazione è stata omessa attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo di imposta successivo;

il motivo è infondato; a partire dalla sentenza delle S.U. n. 17758 del 2016, questa Corte è infatti ferma nel ritenere che "la neutralità dell'imposizione

armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l'eccedenza d'imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d'impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili"; il contribuente, pertanto, può portare in detrazione l'eccedenza d'imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale (e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto) purché, come accertato nel caso di specie, essa risulti dalle dichiarazioni periodiche e siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione (in termini Cass., Sez. V, 17 marzo 2017, n. 6921);

con il secondo motivo si deduce violazione dell'art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per avere la CTR riconosciuto la sussistenza del credito Iva portato in compensazione sulla scorta di una motivazione generica ed apodittica, oltre che di un'errata individuazione della cartella in contestazione;

il motivo deve essere respinto;

la CTR ha infatti puntualmente indicato i documenti sui quali ha fondato la propria decisione, la cui rilevanza probatoria non risulta essere stata contestata dall'Agenzia nel corso del giudizio di merito;

risulta, d'altro canto, evidente che il giudice a quo è incorso in un mero errore materiale nell'individuazione della cartella, avendola confusa con altra cartella di cui la contribuente aveva chiesto l'annullamento nel medesimo giudizio con domanda che, in accoglimento sul punto dell'appello dell'Ufficio, è stata dichiarata inammissibile;

il ricorso va, pertanto, rigettato;

le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo;

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore di F. G. s.r.l. in complessivi C 9.000,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 3 luglio 2019

 

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