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Verifica fiscale dell’Agenzia delle Entrare a carico dei giornalisti. Accertamenti illegittimi. Casi

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Verifica fiscale dell’Agenzia delle Entrare a carico dei giornalisti. Accertamenti illegittimi. Casi

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Saldo presente nel conto corrente, movimenti, tenore di vita, auto di lusso e vacanze, attività giornalistiche svolte all’estero come corrispondente sono alcuni fattori su cui si fondano i controlli del Fisco che non risparmiano, tra gli altri, neppure i giornalisti.

Nonostante il giornalismo specie quello di inchiesta sia sempre in prima linea nella scoperta e divulgazione di grandi nomi o aziende che evadono il Fisco, non si può certo dire che questa categoria sia esente da controlli.

Ed infatti, tanto che si tratti di giornalisti dipendenti o di freelancer, le verifiche fiscali non tralasciano nessuno, soprattutto quando ad entrare nel mirino sono i giornalisti televisivi, destinatari di stipendi molto elevati.

In questi casi, il controllo parte soprattutto dall’analisi del conto corrente attraverso l’anonimometro che si basa sulle informazioni di sintesi dalla superanagrafe dei conti correnti. Ciò significa che i controlli vertono sul saldo iniziale, sul saldo finale e sui movimenti contabili annuali in modo da incrociare i dati con le dichiarazione dei redditi, fatture e proprietà immobiliari e quindi scovare i profili più a rischio evasione.

L’accusa principale è di sottrarre i proventi all’imposizione erariale.

Più volte il Garante della Privacy ha espresso dubbi su questa prassi e su questo atteggiamento di super controllo che sembra sotto alcuni profili richiamare i caratteri degli stati di polizia fiscale descritti nei romanzi.

Eppure, prima di accusare un giornalista di sottrarsi al pagamento delle imposte dovute, è bene fare alcune precisazioni su questa attività professionale spesso screditata.

Ed infatti, senza tralasciare i casi in cui gli errori sono per esempio dovuti a disattenzioni o negligenze commesse dal commercialista che ha effettuato una contabilizzazione dei costi inerenti all’attività professionale del giornalista in difetto, quello che non si dice è che i giornalisti da accusatori diventano facilmente accusati.

Ed infatti, quando il caso riguarda giornalisti di fama parte una gogna mediatica che rischia di mettere a repentaglio una carriera professionale creata con tanta fatica ed impegno.

Diventare giornalista, infatti, comporta degli onori ma anche degli oneri non di poco conto. Oltre al faticoso percorso che parte dal tirocinio magari non retribuito e dall’esame di Stato, il giornalista prima di diventare professionista deve affrontare delle cifre oggettive che dimostrano quanto la professione abbia costi elevati, compresa la tassa annuale di iscrizione all’Ordine e l’iscrizione all’INPGI (Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani) che gestisce la previdenza obbligatoria non solo dei giornalisti che lavorano in forma autonoma, ma anche di quei soggetti che sono titolari di un rapporto di lavoro dipendente.

Iscritti all’Ordine dei Giornalisti, ha poi avvio la ricerca di un lavoro che solo in un caso su tre porta alla stipula di un contratto di lavoro dipendente. La maggior parte dei giornalisti, infatti, opera come freelance arrivando a guadagnare cifre molto minori ad un giornalista dipendente.

Si stima che un giornalista freelance abbia un reddito medio inferiore a 20 mila euro e solo il 2% di questi dichiara un reddito superiore a 75 mila euro annui.

Oltre al grande divario tra i guadagni dei giornalisti dipendenti e quelli degli autonomi che sono la maggioranza, il quadro che ne viene fuori non è certamente incoraggiante.

Sotto il profilo tributario, nonostante l’adesione al regime agevolato forfettario può essere di aiuto, ciò non toglie che l’attività giornalistica sia costantemente monitorata.

Ecco allora che il giornalista, ricevuto l’atto impositivo per eventuali tasse non versate, è costretto a difendersi per dimostrare la sua regola regolare tenuta della contabilità.

Di seguito 3 esempi di casi in cui il giornalista, dopo aver presentato ricorso in Commissione Tributaria o in Cassazione, ha finito con dimostrare la sua correttezza facendo cadere le accuse dell’Agenzia delle Entrate.

Corte di Cassazione – Sentenza n. 24112 del 13 ottobre 2017

In questa vicenda, approdata sino all’ultimo grado di giudizio, la Cassazione si è pronunciata sul ricorso promosso da un giornalista di un noto quotidiano nazionale avverso la sentenza della CTR del Piemonte con cui era stato respinto il ricorso relativo ad un avviso di accertamento emesso nei suoi confronti. Questo aveva ad oggetto IRPEF e addizionali presuntivamente dovute, per omessa dichiarazione di redditi di lavoro dipendente percepiti quale giornalista e corrispondente nel Regno Unito.

Secondo i giudici di appello il contribuente non avrebbe dichiarato in Italia la retribuzione percepita per il lavoro prestato nello Stato di residenza.

La Cassazione, invece, ha accolto il ricorso del contribuente il quale si è rifatto alla Convenzione tra Italia e Regno Unito per evitare le doppie imposizioni del 21 ottobre 1988, ratificata con legge n. 329 del 1990.

Ed infatti, nell’anno in questione il giornalista risiedeva nel regno Unito dove svolgeva la sua attività di lavoro dipendente quale giornalista corrispondente estero per il quotidiano italiano. Pertanto, ai sensi dell’art. 15 della Convenzione, il reddito da lui percepito per l’attività prestata nello Stato estero era imponibile solo in detto Stato e non anche in Italia.

CTR Emilia Romagna, sentenza del 27 novembre 2009

In questo caso la CTR Emiliana è stata chiamata a decidere sull’appello promosso dall’Agenzia delle Entrate avverso una sentenza emessa a favore del contribuente dalla CTP di Bologna ed avente ad oggetto la problematica di un giornalista / scrittore. Quest’ultimo si era opposto al silenzio-rifiuto manifestato dall'Agenzia delle Entrate alla sua istanza di rimborso dell’importo già pagato e relativo ad IRAP a suo dire non dovuta. La sua attività, infatti, non aveva i requisiti per essere considerata un'autonoma organizzazione.

Avverso questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto appello davanti alla CTR che lo ha respinto in quanto, esaminando la documentazione allegata dal giornalista, era stato accertato che egli svolgeva la sua attività senza l'aiuto di alcun dipendente e facendo ricorso ad attrezzature minimali ed essenziali. Pertanto, non poteva ritenersi giustificato l'assoggettamento ad IRAP, mancando il presupposto dell'attività autonomamente organizzata.

Comm. Trib. Reg. per il Lazio, Sentenza n. 3028 del 09 maggio 2018

Anche in questo caso la CTR del Lazio si è trovato ad affrontare un ricorso avente ad oggetto l’accertamento e l’imposizione ad IRAP emesso con riferimento all’attività svolta da una giornalista e presentatrice televisiva.

I giudici, esaminata la documentazione, hanno ritenuto che lo svolgimento dell'attività artistica non era sufficiente a legittimare la sottoposizione ai fini IRAP, in quanto i compensi erogati a società esterne di organizzazione di eventi o di management non davano prova dell’esistenza di un'autonoma organizzazione

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Le informazioni sopra riportate sono state scritte da un avvocato che collabora con professionisti del nostro studio ma la loro rispondenza al sistema vigente non è garantita da DLP Studio Tributario, né nessuno dei suoi avvocati, né nessun altro, non rispecchia la professionalità media di DLP Studio Tributario e non sono state sottoposte ad ulteriori controlli da parte del nostro studio.

Ulteriori approfondimenti sono comunque dovuti in dipendenza delle specificità dei singoli casi concreti, anche (ma non solo) per verificare che le informazioni siano aggiornate al momento in cui servono.

 

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