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Il giudicato esterno determinato da acquiescenza dell’Erario impedisce all’Agenzia di considerare i contribuenti quali eredi nel successivo giudizio. Respinto il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate

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Estratto: “La formazione, infatti, del giudicato esterno circa l'insussistenza della qualità di eredi del sig. G.I. delle odierne parti private, priva, infatti, di ogni supporto logico e normativo l'avviso di accertamento dalle stesse impugnato, basato sul presupposto - travolto dall'anzidetta statuizione giudiziale - che i signori E.R. e R.I. potessero essere ritenuti obbligati quali eredi”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 6492 del 6 marzo 2019

Rilevato che:

Con sentenza n. 100/4/2010, depositata il 9 novembre 2010, non notificata, la CTR della Lombardia rigettò l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate nei confronti dei signori R. e I. avverso la sentenza della CTP di Milano, che aveva accolto i ricorsi proposti dai suddetti contribuenti avverso avviso di accertamento per l'importo di Euro 182.005,61 per IRPEF relativa all'anno 1998, non pagata dal sig. G.I., rispettivamente figlio e fratello degli anzidetti contribuenti. La CTR ritenne che si fosse formato il giudicato esterno sull'insussistenza, in capo ai signori R. e I., della qualità di eredi del sig. G.I., qualità sulla quale era invece basato l'atto impositivo impugnato dai contribuenti, in relazione a statuizione contenuta in altra sentenza resa tra le stesse parti dalla CTR della Lombardia, la n. 25/43/2009, depositata il 17 marzo 2009, pronunciata in sede d'impugnazione della cartella ai medesimi successivamente notificata, che, benché oggetto di ricorso per cassazione da parte dell'Agenzia delle Entrate, non sarebbe stata attinta da specifica censura sul punto da parte dell'Amministrazione finanziaria ricorrente. Avverso la sentenza da ultimo resa tra le parti dalla CTR della Lombardia l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resistono i contribuenti con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.

 Considerato che:

1. Preliminarmente deve essere rigettata, in quanto infondata, l'eccezione proposta dai controricorrenti d'inammissibilità del ricorso erariale per cassazione per tardività.

1.1. Il ricorso, notificato ai sensi dell'art. 55 della I. n. 69/2009, risulta infatti spedito l'ultimo giorno utile, il 27 dicembre 2011, per la proposizione del ricorso per cassazione.

1.2. Atteso che la sentenza della CTR, non notificata, è stata depositata il 9 novembre 2010, avuto riguardo all'art. 327, comma 1, cod. proc. civ., nella sua formulazione applicabile ratione temporis, trattandosi di giudizio introdotto in primo grado anteriormente al 4 luglio 2009, ed all'art. 1 della I. n. 742/1969 pure nel testo applicabile ratione temporis, all'anno per la proposizione dell'impugnazione decorrente dal deposito della sentenza occorre aggiungere il periodo di sospensione feriale di giorni 46 (dal 1° agosto al 15 settembre 2011), sicché il termine ultimo per la proposizione del ricorso cadeva il 25 dicembre 2011. Trattandosi di giorno festivo (Natale) ed essendo festivo anche il giorno successivo 26 dicembre, il termine ultimo per la proposizione del ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 155, comma 4, cod. proc. civ. risulta quindi prorogato al 27 dicembre 2011, giorno in cui è avvenuta la spedizione del ricorso per cassazione.

2. Venendo all'esame dei motivi di ricorso, con il primo motivo, l'Agenzia delle Entrate denuncia violazione ed erronea applicazione degli artt. 485 e 2909 cod. civ., 100 e 329 cod. proc. civ. nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto formatosi il giudicato esterno in relazione all'insussistenza della qualità di eredi del sig. G.I. in capo agli odierni contro ricorrenti. Ciò in relazione a duplice rilievo: a) in relazione al fatto che, come dato atto dalla stessa sentenza impugnata, avverso la precedente sentenza della CTR della Lombardia intercorsa tra le parti n. 25/43/2009 era stato proposto dall'Agenzia delle Entrate ricorso per cassazione; b) non essendo ravvisabile la pretesa acquiescenza dell'Ufficio in ordine all'affermazione contenuta in detta pronuncia in punto d'insussistenza della qualità di eredi delle odierne parti private del sig. G.I., non avendo interesse l'Ufficio ad impugnare in quella sede detta statuizione, atteso che in quella controversia la cartella ivi impugnata dai contribuenti non era basata, diversamente dall'avviso di accertamento, la cui impugnazione ha dato origine al presente giudizio, sull'asserita qualità di eredi del G.I. dei signori E.R. e R.I..

3. Con il secondo motivo l'Amministrazione finanziaria ricorrente lamenta omesso esame su fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. per avere la sentenza impugnata omesso ogni valutazione sulla sequenza di comportamenti degli odierni controricorrenti, indicati dall'Ufficio, che avrebbero dovuto far emergere il loro intento elusivo delle obbligazioni tributarie connesse con l'accettazione dell'eredità.

4. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione dell'art. 485 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., poiché, non avendo la decisione impugnata revocato in dubbio le circostanze fattuali relative al possesso da parte degli odierni controricorrenti dei beni ereditari sin dalla data di apertura della successione del G.I., ed alla mancata redazione dell'inventario dei beni nel termine di tre mesi di cui all'art. 485 cod. civ., avrebbe dovuto considerare i signori E.R. e R.I. ope legis come eredi puramente e semplicemente del loro congiunto G.I., restando quindi priva di effetto la rinuncia all'eredità da loro resa con atto per notar M. del 10 febbraio 2005, Rep. 26793.

5. Il primo motivo va rigettato. 5.1. In relazione al complesso contenzioso tra le parti risulta decisiva ed assorbente la circostanza, sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione, in questa sede in esame, della decisione tra le stesse parti ad opera di questa Corte, Cass. sez. 5, 7 dicembre 2016, n. 25088, sul ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria avverso la succitata sentenza della CTR della Lombardia n. 25/43/2009, con declaratoria d'inammissibilità del ricorso proposto in quella sede dall'Amministrazione. 5.2. A ciò consegue che la statuizione espressa dal giudice tributario d'appello nella controversia riguardante impugnazione della cartella seguita all'avviso di accertamento, oggetto invece dall'originaria impugnazione delle parti nel presente giudizio in punto d'insussistenza in capo agli odierni controricorrenti della qualità di eredi del sig. G.I., è divenuta definitiva, ciò comportando la sopravvenuta carenza d'interesse da parte dell'Amministrazione ricorrente nella parte in cui aveva contestato la pretesa acquiescenza, affermata dalla CTR della Lombardia nella succitata pronuncia, alla relativa statuizione.

5.3. La formazione, infatti, del giudicato esterno circa l'insussistenza della qualità di eredi del sig. G.I. delle odierne parti private, priva, infatti, di ogni supporto logico e normativo l'avviso di accertamento dalle stesse impugnato, basato sul presupposto - travolto dall'anzidetta statuizione giudiziale - che i signori E.R. e R.I. potessero essere ritenuti obbligati quali eredi in relazione al debito IRPEF per l'anno 1998, imputato (cfr. la già citata Cass. n. 25088/16) al G.I., già rappresentante legale della P. S.a.s., verosimilmente quale accomandatario, obbligato a rispondere in solido ed illimitatamente per le obbligazioni sociali, ex art. 2313, comma 1, cod. civ.

5.4. Quanto innanzi osservato determina quindi l'assorbimento, da un lato, degli ulteriori motivi addotti a fondamento del ricorso dell'Amministrazione finanziaria, quanto, dall'altro, rende superflua l'ulteriore questione addotta dai contribuenti nel doppio grado di merito dell'acquisto a titolo di usucapione (e non quindi, in virtù di titolo successorio) di taluni beni del G.I. nel cui possesso essi erano al tempo della morte di quest'ultimo, su cui, come da memoria allegata, risulta essersi pronunciato in senso favorevole ai contribuenti il Tribunale di Salerno - sezione staccata di Eboli - con sentenza n. 701/16, depositata il 17 febbraio 2016, priva peraltro di attestazione del passaggio in giudicato, pronunciata nei confronti dell'eredità giacente di I.G. (così ivi chiamato).

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione in favore dell'avv. XXX, per dichiarato anticipo fattone.

7. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 12.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettariè nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti, con attribuzione in favore del difensore dei controricorrenti, per dichiarato anticipo fattone. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 gennaio 2019

 

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