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L’esenzione IVA è estesa anche all’attività di coassicurazione. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia respinge l’appello dell’Agenzia delle Entrate.

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Massima: “La regolamentazione dei rapporti interni tra coassicuratori, mediante la cd clausola di delega, e le concrete modalità di esecuzione dei compiti delegati, con o senza la spendita del nome dei coassicuratori, non ha incidenza sulla nozione di operazioni di assicurazione che risulta radicata su due specifici elementi: la idoneità delle diverse prestazioni o attività ad integrare il servizio assicurativo sotto il profilo economico e l'esistenza di un vincolo contrattuale tra il prestatore di servizio e l'assicurato, che ricorre nel rapporto di coassicurazione. L'attività di coassicurazione rientra, pertanto, nello schema della funzione assicurativa con conseguente esenzione delle relative prestazioni ai fini Iva”.

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Comm. Trib. Reg. per la Lombardia Sezione/Collegio 16

Sentenza del 21/03/2019 n. 1322 –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di appello depositato il 17.9.2018 Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza in epigrafe che accoglieva il ricorso introduttivo proposto da A. spa nei confronti dell'avviso di accertamento emesso dall'ufficio per contestata infedele fatturazione di operazioni imponibili in violazione dell'art. 21 DPR n. 633/1972.

Il primo giudice, dopo aver respinto le eccezioni di nullità e di illegittimità sollevate in via preliminare dalla contribuente per presunta violazione del principio del contraddittorio e dell'obbligo di motivazione, per assenza di valida delega di firma in capo al soggetto sottoscrittore dell'atto impugnato e per violazione del principio del cumulo giuridico, riteneva la fondatezza del ricorso proposto dalla contribuente evidenziando che le cd "clausole di delega" inserite nei contratti di coassicurazione sono riconducibili nel campo di applicazione dell'esenzione Iva e che la società assicurativa che ha la gestione integrale di un sinistro non compie prestazioni di servizio o commerciali a favore di altre società ma svolge effettive prestazioni ausiliarie di assicurazione inquadrabili fra le operazioni esenti, ex. art. 10 DPR n. 633/1972, o comunque accessorie all'attività assicurativa e, pertanto, esenti da Iva.

Con l'odierno atto di appello l'ufficio contesta la violazione, da parte dei primi giudici, dell'art. 10 comma 1 n. 2 DPR n. 633/1972 rilevando che nel contratto di coassicurazione, a fronte di un unico rischio assicurato, si hanno una pluralità di rapporti assicurativi tra le compagnie e l'assicurato e che in tale caso l'impresa coassicuratrice delegataria si sostituisce alle imprese coassicuratrici deleganti nello svolgimento di un'intera fase del rapporto assicurativo dotata di una sua autonoma utilità.

A supporto della propria tesi l'ufficio richiama la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 17.3.2016, nella causa C-40 115, varie sentenze di merito dei giudici tributari e la sentenza n. 19583/2018 della Suprema Corte.

Con atto di controdeduzioni e di appello incidentale depositato il 6.11.2018 si costituiva in giudizio A. spa rilevando che l'attività in coassicurazione è già di per sé attività assicurativa, al pari di tutte le attività funzionali e necessarie per la liquidazione del sinistro, in tutti i casi in cui le attività di delega siano svolte dalla delegata; che nel contratto di coassicurazione ciascuna delle compagnie coassicuratrici assume un'obbligazione diretta, seppur parziaria, alla corresponsione a favore dell'assicurato dell'indennità prevista dal contratto di assicurazione per la copertura dell'unico rischio; che le convenzioni di delega sono instaurate proprio per rendere concretamente possibile la gestione unitaria del contratto di coassicurazione; che la Corte di Giustizia non si è mai pronunciata sul trattamento Iva applicabile al caso di compagnie assicurative che, in qualità di delegatarie nell'ambito della clausola di delega, erogano servizi alle compagnie assicurative deleganti; che secondo quanto accertato da svariate sentenze emesse dalla Corte di Giustizia le prestazioni rese dalle compagnie assicurative delegatarie ricadono "sotto l'ombrello" dell'art. 135 della Direttiva 20061112/CE; che anche secondo la Suprema Corte le commissioni di delega rese in ambito assicurativo sono ricomprese nella prestazione assicurativa globalmente considerata e sono come tali disciplinate dall'art. 10 comma 1 n. 2 che esonera da Iva le operazioni di assicurazione; che le sentenze rese dalla Suprema Corte nel 2018, là dove negano la tesi dell'esenzione delle commissioni di delega dall'imposizione Iva, sono contrarie con l'interpretazione della direttiva in esame fornita dalla Corte di Giustizia.

Da ultimo la contribuente contesta la illegittimità delle sanzioni emesse dall'ufficio per incertezza normativa e insiste per l'accoglimento delle eccezioni preliminari rigettate dal primo giudice e, in riforma della sentenza impugnata, per la condanna dell'ufficio alla rifusione delle spese di lite.

All'udienza del 13.2.2019 le parti discutevano la controversia e il collegio tratteneva la causa in decisione.

Ritiene il Collegio la infondatezza dell'odierno atto di appello, in continuità con il precedente reso dalla adita Commissione Tributaria Regionale, nella stessa composizione, e con svariate pronunce rese sul punto dalla Suprema Corte.

Va infatti a tal fine evidenziato che la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 2751/2018, riteneva, in adesione con i principi espressi dalla sentenza n. 22429/2016 della Suprema Corte, che "la regolamentazione dei rapporti interni tra coassicuratori, mediante la cd clausola di delega, e le concrete modalità di esecuzione dei compiti delegati, con o senza la spendita del nome dei coassicuratori, non ha incidenza sulla nozione di operazioni di assicurazione, così come definita sul piano fiscale dalla normativa comunitaria e dalla elaborazione giurisprudenziali della CGUE che risulta radicata su due specifici elementi: la idoneità delle diverse prestazioni o attività ad integrare il servizio assicurativo sotto il profilo economico; l'esistenza di un vincolo contrattuale tra il prestatore di servizio e l'assicurato, che ricorre nel rapporto di coassicurazione". Riteneva pertanto la Commissione che l'attività di coassicurazione rientrasse nello schema della funzione assicurativa con conseguente esenzione delle relative prestazioni ai fini Iva.

Nel caso in esame, dall'analisi della documentazione prodotta dalla contribuente, risulta che nel contratto di coassicurazione oggetto di causa ciascuna delle compagnie coassicuratrici assume un'obbligazione diretta, seppur parziale, alla corresponsione a favore dell'assicurato dell'indennità prevista dal contratto di assicurazione per la copertura dell'unico rischio; che la presenza di più rapporti con responsabilità nei confronti di un unico assicurato comporterebbe una non altrimenti sostenibile moltiplicazione di adempimenti e di costi sia per l'assicurato che per le compagnie coassicuratrici; che A., come delegataria, svolge essa stessa una prestazione unitaria verso l'assicurato - che infatti sottoscrive, previa adesione, la relativa clausola - e così l'attività da lei gestita è da qualificarsi come vera e propria attività assicurativa.

La clausola di delega non modifica pertanto gli elementi tipici del contratto unico di coassicurazione di cui all'art. 1911 c.c. essendo parte integrante "in quanto connaturale alla gestione frazionaria del rischio che ne costituisce la caratteristica peculiare".

La "ratio" dell'esenzione Iva della prestazione assicurativa è quella di favorire la stipula di un numero sempre crescente di contratti assicurativi idonei a manlevare lo Stato dal risarcimento degli eventuali danni riportati (dai singoli) non assicurati e la soggezione a Iva della prestazione in esame finirebbe per contrastare tale finalità inducendo verosimilmente le singole compagnie assicuratrici a porre a carico del singolo assicurato l'importo da loro pagato a titolo di Iva con conseguente verosimile riduzione dei contratti assicurativi per loro sopravvenuto maggior costo.

La stessa Corte di Giustizia Europea, pronunciandosi sul contenuto dell'art. 135 della Direttiva 2006/112/CE, riteneva che "la prestazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non deve essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema Iva; che si configura una prestazione unica ..nel caso in cui uno o più elementi devono essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale" (v. sentenza 25.2.1999, causa C-349/96); che "gli operatori devono poter scegliere il modello organizzativo che, da un punto di vista strettamente economico, appare loro più confacente, senza incorrere nel rischio che le loro operazioni vengano escluse dall'esenzione prevista dall'art. 12 parte B, lett. a) della esta direttiva" (v. sentenza 3.4.2008, causa C-124/07).

Anche la Suprema Corte, nella sentenza citata dal primo giudice, riteneva, in tema di IVA, che "l'esenzione prevista dall'art. 10, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 per le "operazioni di assicurazione" si estende, in considerazione della giurisprudenza comunitaria, alla pluralità di prestazioni idonee ad integrare il servizio assicurativo sotto il profilo economico, a tal fine occorrendo individuare gli elementi caratteristici dell'operazione per stabilire se il soggetto passivo - anche quando il contratto sia stato concluso in coassicurazione con una pluralità di imprese obbligate "pro quota" alla copertura del rischio dell'assicurato e uno dei coassicuratori sia delegato dagli altri alla gestione e all'esecuzione del rapporto assicurativo, con o senza spendita del nome degli altri - fornisca all'assicurato, considerato come consumatore medio, attraverso la pluralità di attività poste in essere, più prestazioni principali distinte, oppure un'unica prestazione, accompagnata, o meno, da altre prestazioni accessorie, e sempre che il prestatore di servizi si sia impegnato direttamente nei confronti dell'assicurato a garantirgli la copertura del rischio, vincolandosi all'assicurato con un rapporto contrattuale" (v. Cass. N. 22429/2016).

In base a quanto esposto si ritiene che pertanto il primo giudice non abbia violato l'art. 10 comma 1 n. 2 DPR n. 633/1972 e che l'atto di appello in esame vada pertanto rigettato con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Quanto esposto è assorbente rispetto all'esame delle restanti istanze ed eccezioni delle parti tenuto in ogni caso conto che gli oscillamenti, in materia, della giurisprudenza di merito e di legittimità e la complessità della fattispecie in esame giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti con conseguente rigetto dell'atto di appello incidentale proposto a tal fine dalla contribuente.

PQM

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI MILANO, definitivamente pronunciando, contrariis reiectis

Rigetta gli atti di appello principale e incidentale. Conferma la sentenza appellata

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

 

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