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Analisi casi processuali - ricorso contro avviso di accertamento dell'Agenzia delle Entrate notificato per presunto utilizzo eccessivo del plafond Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Nel presente articolo analizziamo un caso giurisprudenziale sottoposto alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale ha confermato l’annullamento totale dell’avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate che contestava un presunto eccessivo utilizzo del plafond, a carico di un contribuente da noi difeso all’interno dei processi di primo e secondo grado, processi conclusi entrambi con l’accoglimento totale delle nostre tesi ed annullamento dell’avviso.

Tuttavia, la prospettiva sarà differente rispetto al consueto esame della sentenza.  Infatti, procederemo ad esaminare la fattispecie, non dalla prospettiva del corpo letterale della sentenza, ma dalla prospettiva delle argomentazioni processuali da noi sviluppate.

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“- secondo quanto riportato nell’atto di appello, la presente causa avrebbe ad oggetto l’infedele dichiarazione IVA e maggiore imposta dovuta, secondo l’asserzione dell’appellante, per acquisti in misura eccedente il plafond disponibile per l’anno XXX (cfr. pag 2 dell’atto di appello); nulla di più lontano dalla realtà.

- invero, come già emerso nel corso del giudizio di primo grado, la realtà dei fatti è che il verificatore di XXX ha controllato la regolarità di un ravvedimento eseguito dalla Società ed, in tale sede, nel conteggiare il plafond disponibile per il periodo di imposta XXX, ha completamente errato nel conteggio, giungendo all’erronea conclusione che vi fosse un maggiore splafonamento per oltre 3 milioni di euro, rispetto al regolarizzato;

- la causa di cui discutiamo ha ad oggetto la formazione, da parte di tale funzionario, di un’intimazione di pagamento ammontante a circa un milione e cinquecentomila euro, sulla base di tale colposo errore, facilmente riconoscibile ed evitabile;

- la presente causa ha ad oggetto la condotta processuale di una Pubblica Amministrazione che quando è emerso inconfutabilmente che il proprio calcolo era sbagliato, pur di non riconoscere, come è invece suo preciso potere-dovere, l’errore commesso, ha costretto contribuente e collettività a sostenere i costi di un contenzioso che non avrebbe avuto ragion d’essere;

- la presente causa ha ad oggetto la condotta processuale di una Pubblica Amministrazione che neanche di fronte all’invito del giudice di primo grado a rivedere i propri conteggi, ha ammesso l’errore determinante, posto alla base dell’avviso, costringendo il Giudicante a trattare la causa e definire la stessa con sentenza, pur di non essere ella stessa a riconoscere il proprio errore.

Questo è l’oggetto della presente causa, non certo, come leggiamo nell’appello, l’“infedele dichiarazione” del contribuente;

- sin dalla fase precontenziosa il contribuente ha evidenziato all’Ufficio, in più occasioni e con la massima precisione, gli errori che ne inficiano i conteggi;

- solo l’errato conteggio del funzionario redattore dell’avviso evidenziava uno splafonamento mentre qualsiasi altro conteggio evidenziava l’assenza di splafonamenti non regolarizzati:

a) l’effettuazione del calcolo attraverso i software delle più prestigiose Case Editrici italiane (documento n. X del fascicolo di primo grado), a disposizione degli operatori, dimostrava l’assenza di splafonamenti;

b) l’effettuazione dei conteggi sulla base dei documenti di prassi e seguendo specificamente le indicazioni di cui alla Circolare dell'Agenzia delle Dogane (documento n. X del fascicolo di primo grado; id est conteggio elaborato come da istruzioni di cui alla menzionata Circolare) – Area verifiche e controlli tributi doganali e accise – come da protocollo procedurale sul plafond IVA ad uso dei verificatori doganali, revisionato a ottobre 2003, che si è allegata integralmente (documento n. X del fascicolo di primo grado), dimostrava l’assenza di splafonamenti;

c) l’effettuazione dei conteggi sulla base dell’esempio di calcolo (documento n. X del fascicolo di primo grado) di cui alla Circolare dell'Agenzia delle Dogane, sostituendo i dati dell’esempio riportato con quelli della società, dimostrava l’assenza di splafonamenti;

d) l’effettuazione dei conteggi a mano dell’autorevole XXX, per mezzo di parere tecnico espresso ed ampiamente motivato (depositato all’interno del fascicolo di primo grado), dimostrava l’assenza di splafonamenti;

e) l’effettuazione dei conteggi sulla base dei numerosi elaborati, offerti all’Agenzia delle Entrate, da parte del commercialista della società, dimostrava l’assenza di splafonamenti;

f) l’effettuazione dei conteggi operata all’interno delle memorie ed all’interno dei documenti depositati in primo grado, dimostrava l’assenza di splafonamenti;

g) gli stessi giudici hanno riconosciuto l’assenza di splafonamenti non regolarizzati ed, anzi, a ben vedere hanno offerto all’Ufficio addirittura la possibilità di annullare in autotutela l’avviso, emettendo, prima di definire il giudizio, un’ordinanza con cui si auspicava la valutazione dei conteggi alla luce del procedimento di calcolo evidenziato nel parere tecnico del XXX (che per l’appunto attestava l’inesistenza di splafonamenti non regolarizzati).

Eppure l’Ufficio di XXX, pur di non ammettere l’errore commesso, ha preferito negare la valenza di tutti quanti gli altri calcoli, ed insistere nella correttezza di quello del proprio funzionario (che vedremo contrastare con legge, prassi e logica: cfr. specialmente par. 1.1.), costringendo il contribuente a sostenere gli oneri e le spese di difesa (quantificate secondo i parametri previsti dalla legge in oltre 40.000,00 euro, cfr. postea par. 2), nonché la stessa collettività a sostenere il costo della trattazione di un contenzioso che non avrebbe avuto ragion d’essere una volta dimostrata così limpidamente l’assenza di splafonamenti.

Nonostante tutto ciò, l'Ufficio pretende ancora oggi di continuare ad affermare aprioristicamente la correttezza, negata da tutti, dei propri calcoli, e proporre appello con l'effetto di espandere i tempi del giudizio e costringere il contribuente a sostenere ulteriori costi per la propria difesa.

Lo stesso giudicante di primo grado ha espresso il proprio “rincrescimento” in sentenza (cfr. documento n. 1) nei confronti dell’operato dell’Ufficio di XXX.

Quest’ultimo, rileviamo, ha temerariamente resistito in primo grado (ed oggi propone un ricorso in appello massimamente temerario), pur di non ammettere l’esistenza del colposo errore dei funzionari che hanno formato l’ingente, errata, richiesta di esborso.

Non vi è un solo elemento realmente fondato a sostegno dell’atto di appello, mentre è assolutamente corretta la sentenza di primo grado che ha annullato l’atto assiso sull’errore di conteggio dell’Ufficio di XXX.

***

La sentenza emessa in primo grado, del tutto meritevole di conferma, ha definito il procedimento così motivando: “La questione si può sintetizzare nella diversa modalità delle parti in causa di calcolare il “plafond disponibile ai fini Iva” con riferimento agli esportatori abituali, quale è la Società ricorrente. Entrambe le parti sostengono di aver correttamente seguito le indicazioni contenute nella specifica Circolare dell’Agenzia delle Entrate ed entrambe le parti producono memorie illustrative che confermano le stesse posizioni iniziali. Posizione che non si sono modificate anche a seguito della Ordinanza di questo Giudicante (del 19/9/2015) con la quale le parti erano state invitate ad esaminare congiuntamente la materia in contestazione (quindi in contraddittorio) sulla base della perizia prodotta da parte ricorrente a firma del XXX. In particolare, erano state chiamate ad indicare: 1) l’aderenza dei criteri seguiti al quadro normativo vigente; 2) le eventuali diverse posizioni rispetto ai calcoli del perito precisando “la base di partenza” dei calcoli in questione. Quale risultato, le parti hanno prodotto specifiche “separate” memorie che non fanno altro che riproporre le precedenti posizione senza evidenziare, come richiesto dalla citata Ordinanza, i risultati richiesti quale comune analisi e conclusione condivisa sul tema in discussione. Chiedono, quindi, con vittoria delle spese di lite: il ricorrente, l’annullamento dell’atto impugnato; l’Ufficio, il rigetto del ricorso.

Il Collegio Giudicante ritiene di dover esprimere il proprio rincrescimento nel constatare la mancata aderenza delle risposte date alla propria Ordinanza il cui obiettivo era quello di favorire, attraverso il confronto/dialogo fra le parti, la realizzazione di una conclusione obiettivamente condivisa del procedimento in corso. Ciò, in particolare, nei confronti dell’Ufficio il cui comportamento valutativo appare errato il che fa propendere per l’accoglimento del ricorso. In quanto alle spese di lite, si ritiene che la particolarità della materia giustifichi la loro compensazione.

Il Collegio ritiene opportuno richiamare il quadro normativo che regola le esportazioni ed operazioni similari effettuate da un “esportatore abituale”. Questo soggetto può, “entro un certo limite chiamato plafond, acquistare o importare beni o servizi in sospensione di imposta ovvero senza pagare l’IVA. Questa materia è disciplinata: dal Dpr 633/72, art. 8, c. 2; dalla L. 17/84 modificata dalla L. 28/97; da altre disposizioni regolamentari dell’Amministrazione Finanziaria fra cui: la Circ. Min. Fin. N. 73/84; la Risol. Min. Fin. N. 505261/87; la Circ. Ag. delle Dogane n. 8/2003.

Il predetto plafond può essere fisso o “mobile”. Quest’ultimo interessa il caso in esame ed, in particolare, le sue modalità di calcolo su cui si è accentrato il contrasto di causa. Sotto il profilo definitorio, il plafond mobile è costituito dall’ammontare delle operazioni di esportazione o intracomunitarie registrate nei dodici mesi precedenti a quello di riferimento mentre quello fisso ha come riferimento l’anno solare precedente.

Particolare attenzione deve essere prestata quando, come nel caso di specie, si passa (XX) dal plafond fisso a quello mobile. A tal fine soccorre la richiamata Circolare delle Dogane secondo la quale “… l’ammontare del plafond all’inizio dell’utilizzo del nuovo sistema (inizio di Gennaio) è quello determinato dalle operazioni attive registrate l’anno precedente”; quindi: IL PROGRESSIVO UTILIZZO INIZIALE=CESSIONI NEI 12 MESI – PLAFOND DISPONIBILE=0. A fine Gennaio sarà = 0+ACQUISTI AGEVOLATI DI GENNAIO – CESSIONI DEL 13° MESE PRECEDENTE.

Il Collegio ha riscontrato l’aderenza a quanto appena richiamato dell’esemplificazione metodologica riportata dal ricorrente nel proprio ricorso (pagg. 8-9/34) (n.d.r. si intende 8-9 della memoria del 20 luglio 2015) e riproposta nel “prospetto comparativo (Contribuente-Agenzia-Perito/XXX)” discusso in udienza in relazione al calcolo complessivo del plafond oggetto dell’atto impugnato. Il Collegio ritiene che sia l’esempio sia i risultati quantitativi contenuti nel prospetto rispecchino il dettato normativo e regolamentare di riferimento. PQM Annulla l’atto impugnato, spese compensate”.

La Direzione Provinciale, odierna appellante, instaura oggi un procedimento massimamente temerario, con atto di appello all’interno del quale altro non fa che limitarsi a riproporre un conteggio che è e sarà sempre errato.

***

Tutto ciò premesso, la XXX S.p.A., come sopra rappresentata e difesa,

visti

gli artt. 54 e 23 del D.Lgs. n. 546/1992 e ss. mm.

deposita

le seguenti controdeduzioni a confutazione delle ragioni esposte dall'Ufficio nell'atto di appello ed a sostegno della sentenza impugnata.

***

1 – Sulla correttezza della sentenza di prime cure – sulla massima temerarietà dell’atto di appello dell’Ufficio

La Commissione Tributaria Provinciale, per come visto, ha riconosciuto l’inesistenza di splafonamenti non regolarizzati e l’infondatezza ed illegittimità dell’atto impugnato.

A ben vedere, i Giudici di primo grado, data l’evidente erroneità del calcolo erariale, avevano addirittura concesso all’Ufficio la possibilità di fare “un passo indietro” in corso di giudizio e valutare nuovamente i propri calcoli, emettendo ordinanza con cui si invitavano le parti (rivolta, come oggi leggiamo in sentenza “in particolare, nei confronti dell’Ufficio”), a rivalutare i conteggi.

Suggerimento declinato dall’Ufficio nonostante l’incontro del 13 novembre 2015 (e la sentenza al riguardo esprime il proprio espresso “rincrescimento”: espressione di cui alla stessa pronuncia: documento n. 1, pag. 2); i Verificatori di XXX hanno infatti preferito, pur di non ammettere i lampanti errori di calcolo che hanno condotto alla formazione dell’ingente errata pretesa di esborso:

-       resistere temerariamente in primo grado anche dopo l’ordinanza dei giudici di prime cure, ed oggi

-       proporre un appello massimamente temerario ed infondato.

L’Ufficio di XXX rifiuta acriticamente ancora oggi di riconoscere la realtà fattuale, ed insiste nel costringere il contribuente a sostenere i costi del giudizio di appello.

Esaminiamo dunque quali sono stati gli errori dell’Ufficio, evidenziando nel contempo la corretta metodologia di calcolo.

1.1 - ERRORI DELL'UFFICIO NEL CALCOLO DEL PLAFOND E CORRETTEZZA DEI CALCOLI DEL CONTRIBUENTE.

Nella presente sezione si offrirà una spiegazione chiara e semplificata dei motivi per cui l'Ufficio ha del tutto errato nei calcoli, ciò a chiara riprova delle responsabilità aggravate maturate in capo all’Ufficio ex art. 96 c.p.c., che oggi più che mai si rendono evidenti stante la temeraria proposizione dell’appello.

Cercheremo, dunque, di spiegare con la massima chiarezza e semplificazione gli errori che portano l'Agenzia delle Entrate a sbagliare nel calcolo del plafond mobile.

Esaminiamo innanzitutto i motivi evidenziati dall’Ufficio per sostenere che sia il contribuente ad aver errato nei conteggi.

A parere della Direzione, i calcoli del contribuente sarebbero stati erronei perché, lo stesso, anziché prendere a base del calcolo i 12 mesi precedenti avrebbe preso gli 11 mesi precedenti cui avrebbe aggiunto il mese corrente (cfr. pag. X delle controdeduzioni depositate in primo grado: “XXX”; cfr. pag. XX del ricorso in appello “XX”).

Ora, evidentemente l'Ufficio non considera che il momento in cui si calcola il plafond disponibile per un dato mese è la fine del mese precedente, e ciò proprio per conoscere quanti acquisti agevolati si potranno fare nel mese successivo.

Quindi il plafond disponibile in un dato mese si calcola in un momento in cui non esistono ancora operazioni “del mese corrente” da conteggiare.

In altri termini, l'Agenzia confonde totalmente i mesi di riferimento.

D'altronde è evidente che il contribuente potrà conteggiare le operazioni del mese corrente solamente quando procederà a calcolare il plafond del mese successivo e non del mese corrente (alla fine del mese gli acquisti risultano già effettuati e quindi a nulla servirebbe, alla fine del mese, conoscere quale era il plafond disponibile ad inizio mese).

Ma ciò è ovvio.

In altri termini, l'Agenzia delle Entrate non esamina correttamente le tabelle (della Circolare dell'Agenzia delle Dogane, documento n. XX del fascicolo di primo grado, e pag. 52 del documento n. X del fascicolo di primo grado), confondendo la sezione della tabella dedicata al calcolo del plafond presente a fine mese, valido per il mese successivo, con quella dedicata all'indicazione del plafond iniziale disponibile all'inizio del mese di riferimento, la quale si trova nella sezione superiore.

Tabelle che, invece, contribuente e l’Agenzia delle Dogane, nella principale circolare formata a regolazione della materia, redigono in modo identico; ma di ciò si dirà.

Fermo quanto detto, occorre focalizzare l'attenzione sull'errore che più d'ogni altro falsa i calcoli dell'Ufficio, e che porta il verificatore ad individuare ulteriori ingenti splafonamenti (in realtà inesistenti).

L'errore risiede nel calcolo del progressivo utilizzo (ossia l'ammontare che deve essere sottratto dalle esportazioni degli ultimi 12 mesi per ricavare il plafond disponibile).

***

Nello specifico, l'Ufficio erra perché non applica la metodologia di calcolo del progressivo utilizzo indicata dalla prassi.

Come chiaramente affermato dalla Circolare dell'Agenzia delle Dogane – Area verifiche e controlli tributi doganali e accise – come da protocollo procedurale sul plafond IVA ad uso dei verificatori doganali, revisionato a ottobre 2003 (documento n. X del fascicolo di primo grado; cfr. pag. 22, e ancora pagg. 35 e ss., e ancora pagg. 49 e ss.) il progressivo utilizzo successivo al primo si calcola per come segue progressivo utilizzo precedente più acquisti agevolati nel mese meno cessioni n.i. (n.d.r. non imponibili) del 13° mese precedente (cfr. pag. 50 della Circolare dell'Agenzia delle Dogane, documento n. X del fascicolo di primo grado).

L'Ufficio, invece, procede sempre a calcolare il progressivo utilizzo come sommatoria degli acquisti intervenuti nei 12 mesi decurtata delle esportazioni del 13° mese precedente senza mai considerare il progressivo utilizzo risultante dal mese precedente, e così acquisti regolarmente effettuati utilizzando il plafond pregresso sembrano all'Ufficio, per effetto di tale errore di calcolo, effettuati in assenza di plafond.

Analizziamo con un esempio pratico cosa significa quanto testé illustrato.

Infatti, ci si vuole impegnare con vigore per provare con massima chiarezza l’assurdità degli assunti e del calcolo erariale, la cui erroneità è matematicamente e logicamente evidente.

Procediamo dunque con un esempio chiarificatore.

Prendiamo il caso di un contribuente, esportatore abituale e con plafond mobile, che nel novembre 2008 effettui le sue prime esportazioni dell'anno per un ammontare pari a 100.000,00 euro.

Queste genereranno un corrispondente plafond disponibile utilizzabile a partire da dicembre 2008.

Ovviamente questo plafond potrà essere utilizzato da dicembre 2008 per 12 mesi, dicembre incluso.

Ora, poniamo che il contribuente utilizzi il plafond a gennaio 2009 acquistando un bene da 100.000,00 euro (acquisto pertanto operato con il plafond generato dalle esportazioni di novembre 2008).

Poniamo che non vi sia stata alcuna ulteriore esportazione, né a dicembre 2008, né nei mesi successivi, fino ad agosto 2009. Il plafond, integralmente utilizzato per gli acquisti di gennaio 2009, sarà dunque stato pari a zero in tutti i mesi successivi.

Parimenti non vi saranno stati neanche acquisti agevolati (non essendovi un plafond disponibile da utilizzare).

Poniamo, che ad agosto 2009, il contribuente effettui altre esportazioni per 100.000,00 euro ed a settembre acquisti un secondo bene da 100.000,00 euro, utilizzando il plafond per l'effetto appena generatosi (in dipendenza delle esportazioni di agosto: plafond quindi utilizzabile a partire dal 1° settembre 2009).

Fino a questo momento non vi sono dubbi sul fatto che gli acquisti agevolati siano stati effettuati utilizzando il plafond pregresso (l'acquisto di gennaio 2009 utilizzando il plafond generato dalle esportazioni di novembre 2008, e l'acquisto di settembre 2009 utilizzando il plafond generato dalle esportazioni di agosto 2009).

Parimenti non vi sono dubbi che non vi siano stati splafonamenti e non vi sono dubbi sulla circostanza che le future esportazioni daranno al contribuente diritto di effettuare nuovi acquisti in via agevolata.

Procediamo nell'esempio per verificare le assurde ripercussioni che avrebbe l'erroneo calcolo erariale.

Poniamo che nel medesimo mese di ottobre 2009 il contribuente effettui 100.000,00 euro di ulteriori esportazioni che generano un corrisponde plafond di 100.000,00 euro utilizzabile per 12 mesi a partire dal primo novembre.

Il contribuente intenderebbe acquistare in via agevolata, utilizzando il plafond generatosi con le esportazioni di ottobre 2009, un terzo bene di valore pari a 100.000,00 euro, nel mese di gennaio 2010.

Procedendo a calcolare il plafond come fatto dall'Agenzia, quando, a fine dicembre 2009, si procederà a calcolare il plafond di gennaio 2010, non vi sarà più alcun plafond disponibile!!! Eppure il contribuente ha appena effettuato (ad ottobre 2009) 100.000,00 euro di esportazioni che gli danno il diritto di effettuare altrettanti acquisti per 12 mesi (!!!!)

Ciò per il seguente motivo: l'Ufficio non calcola il progressivo utilizzo successivo al primo sulla base del progressivo utilizzo del mese precedente (che risulta depurato degli acquisti effettuati grazie al plafond pregresso) ma - interpretando scorrettamente la formula - sulla base della sommatoria degli acquisti degli ultimi 12 mesi (quindi includendovi acquisti che sono stati effettuati con un pregresso plafond!!!).

Procedendo nell'esempio, secondo i calcoli dell'Ufficio:

  • si dovrebbero considerare le esportazioni degli ultimi 12 mesi: pari a 200.000,00 euro (effettuate in agosto 2009 e ottobre 2009) cui
  • si dovrebbero sottrarre gli acquisti degli ultimi 12 mesi pari a 200.000,00 (beni acquistati a gennaio 2009 e settembre 2009) – decurtati delle esportazioni del 13° mese (ossia dicembre 2008), nell’esempio in discussione pari a zero (dato che le esportazioni che hanno permesso l'acquisto del primo bene sono di novembre 2008).

200.000,00 – 200.000,00 = 0.

Il risultato è quindi uguale a zero.

Tale modalità di calcolo vizia la determinazione del plafond, riducendo – nel nostro esempio – un plafond di 100.000,00 (generato poco prima di gennaio 2010 per effetto delle esportazioni di ottobre 2009) a zero, e quindi falsando completamente il risultato del calcolo ed il funzionamento del sistema del plafond mobile.

La tabella che segue, invece, mostra l'applicazione del criterio di calcolo corretto (o, in altri termini, come calcolare il progressivo utilizzo sulla base della formula corretta: “progressivo utilizzo precedente più acquisti agevolati nel mese meno cessioni n.i. (n.d.r. non imponibili) del 13° mese precedente” che è la stessa Circolare dell'Agenzia delle Dogane, a pagina 50, ad indicare; cfr. documento n. X del fascicolo di primo grado):

 

Esportazioni

Acquisti

Utilizzo Progressivo

Plafond Disponibile all'inizio del mese successivo

NOV (2008)

100000

0

 

100.000 (plafond dicembre)

DIC (2008)

0

0

0

100000 (plafond gennaio)

GEN (2009)

0

100000

100000

0 (plafond febbraio)

FEB (2009)

0

0

100000

0 (plafond marzo)

MAR (2009)

0

0

100000

0 (plafond aprile)

APR (2009)

0

0

100000

0 (plafond maggio)

MAG (2009)

0

0

100000

0 (plafond giugno)

GIU (2009)

0

0

100000

0 (plafond luglio)

LUG (2009)

0

0

100000

0 (plafond agosto)

AGO (2009)

100000

0

100000

100000 (plafond settembre)

SETT (2009)

0

100000

200000

0 (plafond ottobre)

OTT (2009)

100000

0

200000

0 (plafond novembre)

NOV (2009)

0

0

200000

0 (plafond dicembre)

DIC (2009)

0

0

100000

100000 (plafond gennaio)

 

GEN (2010)

0

100000

200000

0 (plafond febbraio)

***

Come si evince dalla tabella, il progressivo utilizzo si abbassa nel mese di dicembre 2009 da 200.000,00 a 100.000,00 euro; ciò perché dal progressivo utilizzo di novembre (pari a 200.000,00 euro) sono decurtati i 100.000,00 euro di esportazioni intervenute a novembre 2008 (divenuto solo in questo momento il 13° mese).

Sicché quando si tratterà di calcolare il plafond disponibile di inizio gennaio:

- prenderemo le esportazioni degli ultimi 12 mesi (effettuate in agosto e ottobre 2009), pari a 200.000,00 euro;

- da queste andremo a sottrarre il progressivo utilizzo risultante al mese di dicembre 2009 (ossia 100.000,00 euro) decurtato a sua volta delle esportazioni del mese di dicembre 2008 (che però abbiamo visto essere pari a zero e dunque il progressivo utilizzo rimarrà di 100.000,00 euro),

- l'operazione porta al seguente risultato: 200.000,00 – 100.000,00 = 100.000,00,

- pertanto il plafond disponibile al 1° gennaio 2010 risulterà pari a 100.000,00 euro (200.000,00 euro di esportazioni meno 100.000,00 euro di utilizzo progressivo).

Plafond correttamente maturato per effetto delle esportazioni effettuate ad ottobre 2009.

Quindi, il contribuente nel mese di gennaio potrà effettuare corrispondenti acquisti agevolati.

***

Orbene, l'Ufficio nel resistere in giudizio e nel proporre un appello del tutto pretestuoso e temerario dimostra di non aver alcuna contezza, non solamente delle modalità di calcolo, ma addirittura della logica sottesa al calcolo del plafond.

Ma poi, ci si chiede, a cosa dovrebbe servire espungere il 13° mese nel calcolo dell'Ufficio? La modalità di conteggio non avrebbe alcun senso.

Ci si chiede per quale motivo l'Agenzia delle Entrate non abbia incaricato un esperto prima di procedere a notificare alla contribuente una richiesta di pagamento di un milione e mezzo di euro, motivata attraverso un calcolo matematicamente e logicamente erroneo.

La Direzione Provinciale non ha neanche attivato i propri canali interni per demandare delucidazioni all’Agenzia delle Dogane; quest’ultima avrebbe senz’altro chiarito all’Ufficio di XXX la corretta modalità di calcolo, prevenendo la formazione dell’errato avviso.

Ora, si è sperato vivamente, nel corso del giudizio di primo grado, che l'Agenzia non volesse, ancora ed ancora, continuare a sostenere la correttezza dei propri calcoli, nonostante l'evidenza; ma invano. Anche oggi l’Ufficio propone un appello con cui insiste nel sostenere la correttezza di calcoli del tutto errati.

Per di più l'errore dell'Ufficio era facilmente evitabile.

Anche senza incaricare un esperto, sarebbe stato sufficiente per il funzionario redattore aprire la Circolare dell'Agenzia delle Dogane (documento n. X del fascicolo di primo grado), a pagina 35, sezione in cui la stessa si propone proprio di fornire agli operatori le informazioni necessarie alla “determinazione del progressivo utilizzo”.

Leggiamo testualmente: “All'inizio di gennaio il primo progressivo utilizzo viene determinato sulla base dei dati forniti dal contribuente nel quadro VC della dichiarazione annuale IVA

Progr. ut. Iniziale = cessione nei 12 mesi (rigo VC13 – TOTALE) – plafond disponibile al 1° gennaio (rigo VC14).

Ottenuto così, sulla base del dichiarato, il primo progressivo utilizzo (iniziale) necessario all'inizio della verifica, basterà aggiungere ad esso gli acquisti agevolati di gennaio (constatati) e togliere le cessioni registrate l'anno precedente (dichiarate nel quadro VC della dichiarazione annuale); ottenendo il progressivo utilizzo finale (di fine gennaio).

Quest'ultimo diventa ora progressivo utilizzo iniziale per il mese di febbraio e sommato agli acquisti agevolati di febbraio, meno le cessioni registrate a febbraio dell'anno precedente (diventato ormai 13° mese) determina il progressivo utilizzo finale.

Così di seguito per gli altri periodi oggetto di verifica”.

Quindi la Circolare indicava espressamente le modalità di calcolo da seguire in una sezione appositamente rivolta agli operatori per orientarne l'operato in sede di controllo.

Sezione all'interno della quale era enfatizzato un concetto: per calcolare il progressivo utilizzo di un dato mese si deve prendere il progressivo utilizzo del mese precedente a cui si sommeranno gli acquisti del mese decurtati delle esportazioni del 13° mese.

Come può ancora oggi l’Ufficio sostenere il contrario, a fronte di una così chiara indicazione da parte della prassi delle modalità di calcolo del progressivo utilizzo?

***

La Circolare chiarisce anche che per determinare il plafond disponibile al 1° gennaio è sufficiente esaminare il rigo VC14 del quadro VC della dichiarazione IVA.

Il rigo VC14 del quadro VC, infatti, riporta espressamente il plafond al primo gennaio derivato dalle operazioni intervenute nell'anno precedente. Ebbene, nel nostro caso il quadro VC della società indicava un plafond disponibile al primo gennaio 2009 di 2.834.952,00 euro (documento n. XX del fascicolo di primo grado).

L'Ufficio, invece, sulla base dei propri errati conteggi indica la presenza al primo gennaio di un plafond di 1.225.456,00 euro.

Quindi il funzionario redattore erra finanche su un dato che aveva già a sua disposizione: sarebbe stato sufficiente esaminare il quadro VC della dichiarazione IVA 2010 del contribuente!

Ma ancora, quanto al concetto di progressivo utilizzo, la Circolare si sofferma su tale aspetto più e più volte. Sarebbe stato sufficiente un suo esame.

Eppure, nonostante l’evidenza, l’Ufficio arriva a sostenere che il suo calcolo è in linea con tale Circolare, quando chiaramente non è così.

In particolare, la stessa, dopo aver spiegato come calcolare il primo utilizzo (documento n. X del fascicolo di primo grado; pagina 49), all'interno della prima tabella in alto, nominata “calcolo dei successivi progressivi utilizzi”, ci spiega anche come calcolare i successivi progressivi utilizzi.

La formula non è – come visto – oscura o complicata, essendo resa in questi termini: “progressivo utilizzo precedente più acquisti agevolati nel mese meno cessioni n.i. (n.d.r. non imponibili) del 13° mese precedente”.

Quindi, il progressivo utilizzo, inizialmente uguale a 0 (ciò per il primo mese, non essendoci acquisti agevolati), va ad incrementarsi o decrementarsi, man mano, sulla base dell'incidenza degli acquisti sul plafond disponibile e della decurtazione delle esportazioni intervenute nel 13° mese.

Tale formula permette di avere una reale conferma di quali tra gli acquisti dell'anno siano stati operati grazie ad un pregresso plafond e dell'ammontare per l'effetto rimanente.

In altri termini, se noi utilizziamo il calcolo del progressivo utilizzo corretto – ben esemplificato a pagina 49 della Circolare (documento n. X del fascicolo di primo grado) – continueremo sempre ad avere esatta contezza di quale quota dei beni del periodo è stata acquistata utilizzando il pregresso plafond e dell'ammontare del plafond residuo (ciò perché di mese in mese si sottrae il mese divenuto tredicesimo; se, come procede l'Ufficio, non si lega il calcolo del progressivo utilizzo al progressivo utilizzo del mese precedente, il dato risulta perso, e quindi la stessa formula che prevede la decurtazione del 13° mese perde di significato e funzione).

Ma d'altronde, lo ripetiamo, la formula di calcolo degli utilizzi progressivi successivi al primo era chiaramente indicata dalla Circolare per come segue: “progressivo utilizzo precedente più acquisti agevolati nel mese meno cessioni n.i. (ndr. non imponibili)_del 13° mese precedente”.

Una formulazione che non lascia spazio ad interpretazioni difformi.

In altri termini, ai fini del calcolo del progressivo utilizzo da considerare in un dato mese, si procede sempre prendendo a riferimento il progressivo utilizzo precedente!!! L'Ufficio applica invece il progressivo utilizzo come se non esistesse un progressivo utilizzo precedente e da qui l'errore di calcolo sulla base del quale l'Agenzia sostiene siano presenti i maggiori splafonamenti contestati.

Per comprendere come applicare la formula sarebbe stato sufficiente anche solo analizzare la tabella di calcolo riportata a pagina 52 della Circolare (ed esplicata nelle pagine 49 e ss. della medesima; documento n. X del fascicolo di primo grado), la quale spiega passaggio per passaggio come effettuare i conteggi sulla base del quadro VC (cfr. documento n. X del fascicolo di primo grado, non solo pagine 49 e ss., ma anche pagg. 35 e ss. e pagg. 22 e ss.).

Per l'Ufficio, sarebbe stato sufficiente prendere la tabella dell'Agenzia delle Entrate e sostituire i dati ivi riportati con quelli di cui al quadro VC della XXX S.p.A. per effettuare un calcolo corretto (si veda il par. 1.2. delle presenti controdeduzioni in appello, in cui si dimostra che operando in tal modo, abbiamo ancora una volta conferma dell’inesistenza di splafonamenti di sorta).

Dappoi, ci si chiede come l'Agenzia delle Entrate abbia potuto pensare che i calcoli del funzionario redattori dell'avviso fossero corretti quando ovunque si aveva riprova del contrario.

Addirittura si è provato che i software delle più prestigiose Case Editrici italiane confermavano l’assenza di qualsiasi splafonamento (cfr. documento n. X del fascicolo di primo grado).

Come si può pensare che le Case Editrici, prima di immettere un prodotto sul mercato, non siano certe della sua esattezza e precisione, ed accettino di esporsi a responsabilità risarcitorie ultra milionarie per aver colposamente determinato lo splafonamento di migliaia di contribuenti?

Identica conferma dell’inesistenza di splafonamenti si ritrova applicando esattamente, passaggio dopo passaggio, i criteri e le modalità di calcolo spiegate ed esemplificate dalla Circolare dell'Agenzia delle Dogane – Area verifiche e controlli tributi doganali e accise – come da protocollo procedurale sul plafond IVA ad uso dei verificatori doganali, revisionato a ottobre 2003 (cfr. documento n. X del fascicolo di primo grado). Nel paragrafo 1.2. delle presenti controdeduzioni in appello si procede in questo modo, ed il calcolo corretto dimostra che non esiste nessuno degli ulteriori splafonamenti contestati nell'errato avviso redatto dal funzionario di XXX.

D'altronde, seguendo gli assurdi schemi di calcolo dell'Ufficio (che abbiano visto contrastare finanche con la logica), tutti gli esempi fatti dalla Circolare, tra cui quelli di cui a pagina 49 e 50, e addirittura l'intera tabella di cui a pagina 52, sarebbero sbagliati.

Come può l'Ufficio ancora oggi pensare che i propri calcoli siano corretti?

Questa rimane la domanda principale che si pone oggi questa difesa. Non certo la correttezza del calcolo del plafond del contribuente, che appare pacifica sin dal principio.

L'Agenzia delle Entrate è stata messa nelle condizioni di comprendere l'erroneità del conteggio dalla stessa effettuato.

In molteplici occasioni la contribuente ha infatti fornito all'Ufficio le spiegazioni necessarie per comprendere l'erroneità di un simile procedimento di calcolo. Non solo prima della formazione dell'avviso, ma anche in sede di istanza di annullamento in via di autotutela, dappoi in sede di accertamento con adesione, ed infine in sede di ricorso e nel corso di tutto il giudizio di prime cure.

Nel corso del giudizio di primo grado sono state presentate numerose memorie, ma anche in tal caso l’Ufficio ha rifiutato di “riconsiderare” i propri calcoli.

Neanche a seguito dell’intervento del Giudicante di prime cure, che ha chiesto all’Ufficio di valutare il proprio operato, quest’ultimo ha voluto riconoscere i propri errori.

E ciò, nonostante gli incontri tenutisi, anche in data 13 novembre 2015 a seguito di tale intervento, all’interno del quale la difesa del contribuente ha invano tentato, per l’ennesima volta, di spiegare nel dettaglio all’Ufficio gli errori che ne inficiano i calcoli; ma la Direzione Provinciale non ha mostrato alcun spirito collaborativo al riguardo.

Così come nemmeno a seguito di specifica perizia redatta dal XXX, che ha ulteriormente confermato l’assenza di qualsiasi splafonamento, la Direzione di XXX si è mostrata disposta a fare un passo indietro.

È semplicemente mancata nell'Agenzia la volontà di riesaminare i propri errati calcoli, che a suo tempo ha affrettatamente posto alla base di una richiesta di esborso di ben un milione e mezzo di euro.

Ma poi, sarebbe stato sufficiente incaricare un tecnico, o semplicemente, prendere l'esempio riportato nella Circolare e rifare i calcoli sulla base di questo.

Addirittura c'era una sezione della Circolare dell'Agenzia delle Dogane (cfr. pag. 35 e ss., documento n. X del fascicolo di primo grado) specificamente dedicata ad indicare agli Uffici come effettuare il calcolo, sezione che la Direzione Provinciale ha completamente disatteso.

In questa sezione non si vuole tediare oltre codesto giudicante; di parole se ne sono perse sin troppe per un contenzioso che non avrebbe ragion d'esistere, contenzioso in cui si è costretta la contribuente ad impugnare un atto fondato su un conteggio matematicamente e logicamente errato e foriero di riscontri finanche con la logica, contribuente oggi costretta a difendere le proprie ragioni a fronte di un appello del tutto pretestuoso ed infondato.

***

1.2 – ASSENZA DI SPLAFONAMENTI SULLA BASE DELLA MODALITA’ DI CALCOLO INDICATA ED ADDIRITTURA ESEMPLIFICATA DALLA CIRCOLARE DELL'AGENZIA DELLE DOGANE.

1.2.A. (OMISSIS)

* * *

1.3 – ASSENZA DI SPLAFONAMENTI SULLA BASE DEL PARERE DEL XXX – CONFRONTO TRA CALCOLI DEL PROFESSORE E CALCOLI DEL CONTRIBUENTE.

(OMISSIS)

§§§

1.3. ASSENZA DI SPLAFONAMENTI SULLA BASE DEL CALCOLI DEI SOFTWARE E DEI RIELABORATI PRODOTTI

L’inesistenza di splafonamenti è confermata da documenti di prassi ufficiale ed è attestata dal ricalcolo effettuato per mezzo dei migliori software disponibili sul mercato.

Come infatti rilevato in sede di istanza di autotutela (documento n. X del fascicolo di primo grado), in sede di accertamento con adesione, in sede di ricorso, all’interno delle memorie di primo grado, e da ultimo ancor oggi, l’assenza di splafonamenti è confermata perfettamente:

a) sulla base di quanto espressamente affermato dalla Circolare dell'Agenzia delle Dogane – Area verifiche e controlli tributi doganali e accise – come da protocollo procedurale sul plafond IVA ad uso dei verificatori doganali, revisionato a ottobre 2003, che si allega (documento n. X del fascicolo di primo grado), e quindi addirittura del principale documento ufficiale di prassi formato a regolamentazione della materia;

b) mediante l'utilizzo dei più prestigiosi software disponibili agli operatori del settore sul mercato di riferimento (tra cui il programma ufficiale predisposto dalla Casa Editrice “IL SOLE 24 ORE”).

Orbene, nessuno splafonamento emerge alla luce di tali calcoli.

Dunque, alcun dubbio vi può essere sull’erroneità dei calcoli dell’Ufficio e sull’inesistenza di splafonamenti da regolarizzare.

Nello specifico, l'esattezza dei conteggi è stata dimostrata, sin dall’ormai remota presentazione di istanza di autotutela (che all’evidenza non è stata considerata dall’Ufficio), con la produzione, in aggiunta a quanto già menzionato, altresì di:

1) un prospetto di calcolo elaborato sulla base della Circolare dell'Agenzia delle Dogane (documento n. X del fascicolo di primo grado), nonché di

2) un distinto prospetto di calcolo elaborato dal software predisposto dalla Casa Editrice “IL SOLE 24 ORE” (documento n. X del fascicolo di primo grado).

Ed entrambi i prospetti confermano l’inesistenza di splafonamenti e dimostrano l'erroneità di quelli posti a base dell'avviso di accertamento.

§§§

2 – SPESE LEGALI DOVUTE DALL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA E RESPONSABILITA’ RISARCITORIA EX ART. 96 C.P.C.

(OMISSIS)

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