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Contribuente ottiene la riforma della sentenza che le dava torto ma non spiegava per quale motivo. La Cassazione accoglie il ricorso della società contribuente.

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Estratto: “è evincibile l'obiettiva carenza di esposizione dell'iter logico-argomentativo che ha portato i giudici di appello a regolare la vicenda in esame in base alla regola concretamente applicata, essendosi la CTR limitata ad enunciare soltanto il momento statico finale della valutazione alla stessa demandata, così incorrendo nel denunciato vizio. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, invero, «ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto "statico" della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto "dinamico" della dichiarazione stessa”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 16269 del 18 giugno 2019

Rilevato che

La società C. s.r.l. ricorre nei confronti dell'Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n. 11/03/13 resa dalla CTR della Calabria in data 26.4.12/31.5.12, che, confermando la decisione di prime cure, ha rigettato l'appello della contribuente in controversia concernente l'impugnazione di avviso di accertamento ai fini Iva, Irap, Ires in relazione all'annualità 2004, fondato sull'applicazione degli studi di settore. Il ricorso è affidato a due motivi. Resiste con controricorso l'Agenzia delle entrate.

Considerato che

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. Espone la contribuente che l'Ufficio aveva rettificato il reddito di impresa in esclusiva applicazione degli studi di settore ex art. 62 bis dl. 331/93, conv. in I. n. 427/93. Nel corso del contraddittorio endoprocedimentale, la società aveva formulato analitiche contestazioni in merito all'inquadramento nello studio di settore applicato ed alla particolare condizione di marginalità in cui versava la realtà economica locale nella quale la compagine era inserita. Non essendo intervenuta una definizione della posizione a mezzo accertamento con adesione, l'Ufficio aveva emesso l'avviso di accertamento impugnato, senza tuttavia motivare in ordine alle ragioni del mancato accoglimento delle contestazioni sollevate dal contribuente. In ordine a questo profilo, peraltro, va immediatamente rilevato come tali argomentazioni non siano sfociate nella deduzione, in sede di legittimità, di un autonomo mezzo di gravame diretto a censurare la nullità del predetto avviso; esse, invece, risultano formulate al diverso fine di rafforzare la deduzione che l'Ufficio impositore neppure in sede giudiziale aveva opposto valide ragioni agli elementi di valutazione forniti dalla contribuente. La CTR, a sua volta, nel rigettare l'appello della contribuente, si era limitata a richiamare testualmente un passo della sentenza di primo grado, affermando che la C. s.r.l. « 'per come emerge dalle motivazioni dell'accertamento' (così la sentenza impugnata) non ha fornito alcuna giustificazione atta a dimostrare l'inapplicabilità al suo caso degli studi di settore, tranne le generiche tesi sull'ubicazione della sede; conclusivamente la ricorrente non ha proposto alcun valido e comprovato motivo per giustificare la disapplicazione degli studi di settore". In tal modo, secondo la ricorrente, la CTR non ha minimamente preso in considerazione le specifiche argomentazioni dalla stessa formulate dapprima nella fase del contraddittorio con l'Ufficio e poi con l'atto introduttivo del giudizio di primo grado, richiamato nell'atto di appello, illustrando le ragioni per cui le stesse non sarebbero state ritenute rilevanti. 2. Il motivo è fondato. Premesso che, come specificamente riportato nel ricorso in conformità al principio di autosufficienza, la contribuente aveva formulato, a sostegno dell'impugnazione, specifiche deduzioni quanto all'impossibilità di inquadrare la società in uno dei 38 cluster previsti dallo studio di settore SG9U, per l'elevato numero di dipendenti, che comportava costi per manodopera ampiamente superiori, in particolare, a quelli del cluster applicato; alla tipologia di attività svolta, non coincidente con quella ritenuta dall'Ufficio; alla forma di società di capitali rivestita dalla C. s.r.I.; al fatto che la stessa non potesse essere inquadrata neppure negli altri cluster del citato studio; infine, alla mancanza delle gravi incongruenze fra ricavi dichiarati e risultanze dell'applicazione dello studio ed alla concreta situazione di marginalità economica dell'azienda, la sentenza impugnata non esplicita in alcun modo il ragionamento attraverso il quale si è ritenuto corretto l'operato dell'Ufficio, a fronte delle argomentazioni difensive formulate della contribuente. In tal senso, deve riconoscersi che dall'estremamente scarno compendio giustificativo sviluppato a supporto della decisione è evincibile l'obiettiva carenza di esposizione dell'iter logico-argomentativo che ha portato i giudici di appello a regolare la vicenda in esame in base alla regola concretamente applicata, essendosi la CTR limitata ad enunciare soltanto il momento statico finale della valutazione alla stessa demandata, così incorrendo nel denunciato vizio. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, invero, «ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto "statico" della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto "dinamico" della dichiarazione stessa». (Principio enunciato con riferimento all'ad 360 n. 5 cod. proc. civ. nella formulazione vigente "ratione temporis").(Sez. 6 - 5, n. 15964 del 29/07/2016, Rv. 640645 - 01; conforme Sez. 5, n. 32980 del 20/12/2018, Rv. 652058 - 01).

2. Con il secondo motivo di ricorso, viene dedotta violazione degli artt. 2727 cod. civ. e 39, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.

La CTR, in particolare, con l'illustrata motivazione avrebbe finito, altresì, per violare le norme in tema di onere della prova, in quanto avrebbe sostanzialmente sollevato l'Amministrazione finanziaria dal fornire gli elementi presuntivi a sostegno della pretesa impositiva e degli stessi presupposti per l'accertamento ex art. 39 cit., mentre avrebbe dovuto prima apprezzare il portato probatorio fornito dall'Ufficio e, solo ove sussistente un valido compendio dimostrativo, avrebbe dovuto dare ingresso alla valutazione della prova contraria fornita dal contribuente. Il motivo, così come formulato, risulta assorbito per effetto dell'accoglimento del primo motivo, nei termini sopra illustrati.

4. In conclusione, il ricorso della società contribuente deve essere accolto relativamente al primo motivo, assorbito il secondo. La sentenza impugnata deve essere conseguentemente annullata, in relazione ai motivi di ricorso principale ed incidentale accolti, con rinvio alla CTR della Calabria, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla CTR della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2019.

 

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