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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Ordinanza n. 29189 del 12 novembre 2019
Rilevato che
con avviso di accertamento emesso nel 2009 e relativo all'anno di imposta 2004, l'Agenzia delle Entrate rettificava, con metodo sintetico ai sensi dell'art. 38, d.P.R. n. 600/73, il reddito imponibile dichiarato dal contribuente AF, sulla base della capacità contributiva desumibile dagli incrementi patrimoniali conseguiti negli anni 2004 e 2007 (con particolare riferimento all'acquisto di beni immobili), ritenuta non correlata ai redditi dichiarati.
Il contribuente impugnava tale avviso avanti la CTP di Cosenza, la quale, nel costituito contraddittorio con l'Ufficio, accoglieva il ricorso.
Avverso tale decisione proponeva appello l'A.d.e., che veniva accolto dalla CTR della Calabria con sentenza n. 31/03/13, del 18.10.2012/21.3.2013.
Riteneva, in particolare, la CTR che ricorressero i presupposti per l'accertamento sintetico, in quanto l'art. 38, nel testo applicabile ratione temporis, consentiva di far gravare sul computo dei redditi per l'anno 2004 sia la quota annua degli incrementi patrimoniali verificatisi nello stesso anno, sia quella degli incrementi patrimoniali verificatisi nel 2007, in quanto da "spalmarsi" anche sui quattro anni precedenti ad esso, in modo tale che il reddito dichiarato non risultava congruo tanto nel 2004 quanto in altri due periodi di imposta, 2003 e 2005.
Parimenti, affermavano i giudici di appello che il contribuente non aveva vinto la presunzione di maggior reddito sinteticamente determinato, dimostrando che esso fosse costituito in tutto o in parte da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, avendo egli dedotto soltanto l'esistenza di disponibilità economiche derivanti da vendite di immobili nel periodo 2000-2003, senza dimostrare che proprio tali specifici redditi erano stati impiegati per sostenere le successive spese per incrementi patrimoniali e, comunque, senza dimostrare che si trattasse di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta.
Nei confronti della predetta decisione propone ricorso il contribuente sulla base di tre motivi. Resiste l'Ufficio con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo di impugnazione, fondato sulla violazione dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.600 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., il ricorrente deduce che la CTR ha giustificato l'operato dell'Amministrazione in conseguenza di una errata interpretazione dei presupposti normativamente stabiliti per l'accertamento sintetico.
Con il secondo motivo, si censura la decisione impugnata sotto il profilo della omessa e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.
1.1. I due motivi posso essere esaminati congiuntamente in quanto connessi. Lamenta, in sostanza, il contribuente che l'A.d.e. ha preso in considerazione un incremento patrimoniale relativo al 2004 ed un altro relativo al 2007; sulla base dell'art. 38 citato, l'Ufficio, per verificare la congruità dell'incremento patrimoniale del 2004, avrebbe dovuto prendere in considerazione, a ritroso, i redditi dichiarati nel periodo 2004-2000; altrettanto con riferimento all'incremento del 2007, rispetto al quale avrebbe dovuto considerare il periodo 2007-2003. Ciò posto, risulterebbe, invece, sulla base di quanto il ricorrente afferma essere stato indicato nel ricorso in appello dell'Agenzia, che il confronto era stato limitato, quanto all'investimento del 2004, al solo 2003, senza quindi considerare gli altri anni precedenti; inoltre, secondo il contribuente, non sarebbe corretto tener conto degli anni di imposta successivi a quello per cui è stato emesso l'avviso di accertamento (al fine, sembra da intendere, di raggiungere la soglia di due periodi di imposta non congrui).
1.2. Il motivo è inammissibile con riferimento al primo profilo, posto che lo stesso non riporta, in conformità al principio di autosufficienza, il contenuto dell'appello dell'Ufficio in cui si darebbe atto della asserita mancata considerazione dei redditi dichiarati nel 2000-2002 e, ancor meno, il contenuto dell'avviso di accertamento; ciò fermo restando che anche sugli anni in parola grava la quota annua di 1/5 delle spese per incrementi immobiliari sostenuta nel 2004 e che sul 2003 grava anche la quota di 1/5 delle spese per l'acquisto di un immobile del 2007.
1.3. Quanto al secondo profilo, il motivo è infondato, atteso che l'Ufficio non solo poteva far gravare sul computo dei redditi per l'anno 2004, oggetto di accertamento, gli incrementi patrimoniali verificati in periodi successivi - precisamente nel 2007 -, per effetto del criterio di ripartizione ex art. 38 cit., nel testo ratione temporis applicabile, fra le varie annualità antecedenti dell'esborso a ciò correlato, ma poteva anche desumere la non congruità di un'ulteriore annualità presa a riferimento (nella specie, il 2005) per effetto della quota di reddito alla medesima annualità attribuibile in forza del meccanismo di "imputazione fittizia" ex art. 38, comma 5, d.P.R. n. 600/73, operante nei descritti termini.
Né, ancora, è ricavabile da alcuna disposizione che la non congruità dell'ulteriore o degli ulteriori periodi di imposta oltre a quello oggetto di accertamento debba essere limitata ai periodi anteriori a quest'ultimo e non verificata anche in relazione alle annualità seguenti. Per inciso, va osservato che il profilo, comunque, sarebbe in ogni caso privo di concreta rilevanza, in quanto risulta che anche il 2003 (anno anteriore a quello
accertato) risultava non congruo, onde la soglia minima di "almeno due periodi di imposta" sarebbe stata comunque rispettata.
2. Altrettanto inammissibile è il secondo motivo, alla luce del rilievo che nella specie trova applicazione ratione temporis il paradigma del "nuovo" n. 5 di cui al comma 1 dell'ad 360 cod. proc. civ. e che, nella specie, non è stato dedotto l'omesso esame di un fatto storico decisivo, ma semplicemente la omessa e/o contraddittoria motivazione sulla correttezza del calcolo dei redditi posto alla base dell'accertamento sintetico.
3. Il terzo motivo richiama la violazione dell'art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché dell'art. 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n,. 3 cod. proc. civ., attesa l'erroneità della decisione della CTR laddove aveva considerato insufficiente la prova contraria fornita dal contribuente in quanto lo stesso non avrebbe dovuto dimostrare soltanto il possesso di redditi di importo idoneo a giustificare la spesa per incrementi patrimoniali, ma anche che proprio quei redditi erano stati impiegati per sostenere le spese per incrementi patrimoniali.
3.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Conformemente all'orientamento assolutamente prevalente espresso da questa Corte (cfr., ex multis, Cass. Sez. 6-5, n. 12207 del 16/05/2017; Cass.Sez. 5, n. 1510 del 20/05/2017), al quale il Collegio intende dare continuità, la norma di cui all'art. 38, comma 5, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - a mente della quale, secondo il testo applicabile ratione temporis (anteriore alla modifica introdotta dall'art. 22, comma 1 dl. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in legge 30 luglio 2010, n. 122), «qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti» - detta una presunzione (iuris tantum) di favore per il contribuente: quella, cioè, che la spesa per incrementi patrimoniali rilevata dall'Ufficio sia sostenuta dal contribuente con redditi conseguiti non nel solo anno in cui la spesa risulta effettuata (e in misura pari al suo intero ammontare) ma già a partire dai quattro anni precedenti in misura costante (e ovviamente minore) pari ad una frazione dell'esborso per ciascuno degli anni contemplati dalla norma. Come puntualmente osservato da Cass. Sez. 5, n. 1510/17, citata, «tale disciplina implica necessariamente che, per ciascuno dei detti anni, la spesa per incremento patrimoniale autorizza bensì la determinazione sintetica ai sensi dell'art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, di maggior reddito (...) ma lascia intatti - per ciascun anno - la facoltà e l'onere per il contribuente di dimostrare "che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte à titolo d'imposta", con documentazione idonea a comprovare "l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso"».
3.2. In tale prospettiva, va rimarcato che lo stesso contribuente ha la facoltà (e, ovviamente, anche l'onere) di dimostrare che la spesa per incremento patrimoniale in realtà sia stata sostenuta per intero con redditi esenti ovvero già tassati conseguiti nell'anno stesso in cui essa risulta effettuata ovvero in uno solo di quelli precedenti ovvero ancora, più in generale, «che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore» (cfr. Sez. 5, n. 20588 del 24/10/2005, Rv. 584507 - 01; Sez. 5, n. 21142 del 19/10/2016, Rv. 641453 - 01). In tal senso mette conto sottolineare che «la prova contraria non è limitata a quella prevista dal quinto comma dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (e cioè che il maggior reddito accertato è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), ma è consentito dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente non esiste o esiste in misura inferiore». (cfr. Sez. 5, n. 11300 del 29/08/2000,Rv. 539847 - 01). Tale prova contraria, ovviamente, è idonea ad escludere l'attribuzione "spalmata" del maggior reddito presunto, pro quota, in ciascuno degli anni compresi nell'arco temporale di cinque anni considerati dalla norma, suscettibili di accertamento (cfr. anche Sez. 5, n. 14509 del 15/07/2016, in motivazione).
Essa, in altri termini, vale a privare di fondamento la presunzione di maggior reddito fondata su quella spesa non soltanto per l'anno oggetto dell'accertamento impugnato ma anche per gli altri anni cui la presunzione si estende ai sensi del citato art. 38, comma 5, posto che non potrebbe più ritenersi che le risorse necessarie a sostenere la spesa sono state rappresentate da «redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti».
Il contribuente ha, peraltro, anche la facoltà di provare, nel giudizio relativo all'accertamento sintetico relativo ad uno dei cinque anni coperti dalla presunzione in parola, di aver percepito redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta per un ammontare idoneo a giustificare solo la quota di maggior reddito presunta per quell'anno: anche tale prova è idonea, evidentemente, a superare la presunzione di maggior reddito limitatamente a quel dato anno, pur senza poter impedire che la presunzione valga per ciascuno degli altri anni, precedenti o successivi, ai quali si estende.
3.3. In siffatto quadro ricostruttivo, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva dalla percezione di ulteriori redditi, ai sensi dell'art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973 egli è onerato della prova contraria in ordine sia alla disponibilità di detti redditi che all'entità degli stessi ed alla durata del possesso, «sicché, sebbene non debba dimostrarne l'utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere» (Sez. 5, n. 1510 del 20/01/2017, Rv. 646904 - 01). In tal senso va, invero, letto lo specifico riferimento alla prova, risultante da «idonea documentazione», della «entità» di tali eventuali ulteriori redditi e della «durata» del relativo possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con detti redditi; previsione che ha, dunque, la finalità di ancorare a fatti oggettivi, di ordine quantitativo e temporale, la disponibilità di tali ulteriori redditi per consentire di riportare la maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico proprio a questi ultimi, escludendo quindi che i medesimi siano stati utilizzati per finalità diverse e non considerate ai fini dell'accertamento sintetico: ipotesi, questa, in cui tali ulteriori redditi non varrebbero a giustificare le spese o il tenore di vita accertati, da riferirsi, quindi, a redditi non dichiarati.
3.4. Nella specie, invece, la CTR ha considerato tout court insufficiente la prova fornita dal contribuente sulla base di un diverso e non condivisibile criterio di prova, esigendo, cioè, che il contribuente dimostrasse non soltanto il possesso di redditi di importo idoneo a giustificare la spesa per incrementi patrimoniali (nella specie, il ricorrente documentava, fra l'altro, la dismissione di immobili per oltre euro 235.000,00 negli anni 2000-2003, ossia per un importo tale da uguagliare, anche ove isolatamente considerato, le spese per incrementi patrimoniali sostenute nel 2004 ed anche nel 2007, pari rispettivamente ad euro 108.000,00 ed euro 125.000,00; vendite, inoltre, avvenute in un periodo temporale contiguo, in particolare, al 2004, oggetto dell'avviso di accertamento impugnato), ma anche che proprio quei redditi fossero stati impiegati per sostenere le suddette spese; né ha esaurientemente dato conto delle ragioni della ritenuta assenza degli ulteriori elementi atti ad integrare la prova contraria.
4. In tale prospettiva, il motivo risulta nel suo complesso fondato e la sentenza deve essere annullata affinché la CTR proceda al riesame della controversia, con una nuova e diversa valutazione conforme ai criteri sopra illustrati, di tutto il materiale probatorio acquisito, al fine di verificare la dedotta riconducibilità del reddito oggetto di contestazione alle disponibilità economico-finanziarie del contribuente e la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma di legge, come interpretata dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, per l'integrazione della prova contraria.
5. In conclusione, devo essere rigettati, nei termini sopra esposti, i primi due motivi di ricorso, mentre va accolto il terzo di essi; la sentenza impugnata va, conseguentemente, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR della Calabria, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso; rigetta i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019
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